Archivi tag: antichi mestieri

Scupatore (antichi mestieri)

Antichi mestieri stabiesi

Conoscere il micro-passato (il normale quotidiano soggettivo) può essere utile a capire la crescita economica e culturale di una intera popolazione. Questa modesta ricerca degli antichi mestieri (estinti e sopravvissuti), potrebbe aiutare a delineare con più chiarezza una parte dimenticata di vita stabiese vissuta.

Maurizio Cuomo


‘o Scupatore
( a cura di Maurizio Cuomo )

Il termine moderno “operatore ecologico”, con il quale genericamente viene identificata una vasta categoria di manodopera operaia (meccanizzata e non), interessata all’attività di pulizia e alla raccolta di rifiuti dall’ambito urbano, ha quasi definitivamente rimpiazzato il caratteristico termine di “Scupatore” adoperato nel dialettale per identificare la vecchia figura professionale dello spazzino (netturbino).

L'organico per il servizio di nettezza urbana ai piedi di Palazzo Farnese (fine anni '50)

L’organico per il servizio di nettezza urbana ai piedi di Palazzo Farnese (fine anni ’50)

Questa professione (il cui termine traeva chiare origini, dalla grossa scopa di saggina, adoperata per la pulizia delle strade), simbolo del ceto povero della società, ha ispirato i pensieri di eccelsi poeti napoletani, tra di essi ricordiamo alcuni versi emblematici del nostro Raffaele Viviani, tratti dalla poesia “‘O scupatore”:

“[…]E’ nu brutto mestiere, ‘o scupatore!
E io vo dico cu tutta l’esattezza,
pecchè ce so’ nato int”a munnezza;
e tengo competenza e serieta’. Continua a leggere

‘O Vuttaro

Antichi mestieri stabiesi

Conoscere il micro-passato (il normale quotidiano soggettivo) può essere utile a capire la crescita economica e culturale di una intera popolazione. Questa modesta ricerca degli antichi mestieri (estinti e sopravvissuti), potrebbe aiutare a delineare con più chiarezza una parte dimenticata di vita stabiese vissuta.

Maurizio Cuomo


‘o Vuttaro
( a cura di Maurizio Longobardi )

Introduzione dell’autore
A distanza di qualche annetto torno su questa rubrica per portare un brandello di collaborazione. Da qualche giorno ho ripreso, nelle pause del lavoro, a scivolare tra le pieghe di questo bellissimo sito per annusare l’aria, sentire il sapore, vedere scorci, ascoltare le voci della mia amata terra. E così mi sono imbattuto nella rubrica “Antichi mestieri”, densa di godibile materiale.
Rimuginando, poi, ho recuperato un ricordo della mia adolescenza che, credo, sia degno di una menzione all’interno del decalogo da Voi elaborato.

I Costuttori di Botti, in dialetto napoletano i Vuttari

I Costuttori di Botti, in dialetto napoletano i Vuttari

‘O Vuttaro ( il bottaio, ovvero l’artigiano che fabbrica le botti )

Voglio ricordare che Castellammare ha avuto un suo “epigono” esperto di tale attività, uno degli ultimi in Campania e forse in tutta l’Italia del Sud. Il personaggio in questione, ma sul nome i miei ricordi sono vaghi, tale Don Ciro o Don Ciccio… (un nostro visitatore, Umberto Pepe, avendo letto con attenzione il presente articolo, a onor di cronaca, ci comunica in data 07/05/08, che l’artigiano in questione si chiama Mario Esposito, oggi ottantenne che vive tutt’ora in via Raiola, accudito amorevolmente dalla propria moglie Lucia De Martino e dai suoi tre figli, Luigi, Roberto e Lucia), è rimasto in attività fino ai miei 18-20 anni (oggi ne ho 44 ahimè!!!) ed operava in via Raiola che in illo tempore era meglio nota come via Napoli o, più espressivamente, “‘A via d’‘o cimitero) più o meno all’altezza del civico 19, ma sul lato opposto della strada (in sintesi, abitava ed operava di fronte casa mia, attuale residenza dei miei cari vecchietti). Continua a leggere

Antichi mestieri: ‘o muzzunaro

Antichi mestieri stabiesi

Conoscere il micro-passato (il normale quotidiano soggettivo) può essere utile a capire la crescita economica e culturale di una intera popolazione. Questa modesta ricerca degli antichi mestieri (estinti e sopravvissuti), potrebbe aiutare a delineare con più chiarezza una parte dimenticata di vita stabiese vissuta.

Maurizio Cuomo


‘o Muzzunaro

( a cura di Maurizio Cuomo )

'o Muzzunaro

‘o Muzzunaro

Quello del “Muzzunaro”, figura molto povera, operante nel recupero di tabacco (ricavato dalla raccolta di cicche di sigarette) da rivendere a basso costo, è oggi un mestiere poco ricordato ed in taluni casi addirittura dimenticato. Questa attività, effettuata essenzialmente per il bisogno di sopravvivere alla povertà, veniva svolta perlopiù da anziani e da scugnizzi di strada. Il recupero dei mozziconi di sigaretta, avveniva sia “a mano” (costringendo l’operatore di sorta a chinarsi in continuazione), o molto più agevolmente mediante un apposito bastone dalla punta acuminata. Continua a leggere

antichi mestieri stabiesi

Antichi mestieri

Antichi mestieri stabiesi

antichi mestieri stabiesi

Conoscere il micro-passato (il normale quotidiano soggettivo) può essere utile a capire la crescita economica e culturale di una intera popolazione. Questa modesta ricerca degli antichi mestieri (estinti e sopravvissuti), potrebbe aiutare a delineare con più chiarezza una parte dimenticata di vita stabiese vissuta.

Maurizio Cuomo


Acquaiuolo
( a cura di Maurizio Cuomo )


Ammuola forbece
( a cura di Maurizio Cuomo )


Capillaro
( a cura di Maurizio Cuomo )


Carcararo
( a cura di Nando Fontanella )


Carnacuttaro
( a cura di Maurizio Cuomo )


Castagnaro
( a cura di Maurizio Cuomo )


Cucchiere
( a cura di Maurizio Cuomo )


Gallettaro
( a cura di Maurizio Cuomo )


Gravunaro (Cravunaro)
( a cura di Maurizio Cuomo )


Lutammaro
( a cura di Maurizio Cuomo )


Masterascio e Segatore
( a cura di Maurizio Cuomo )


Materassaio
( a cura di Antonello Ferraro )


Mellunaro
( a cura di Maurizio Cuomo )


Muzzunaro
( a cura di Maurizio Cuomo )


Panzaruttaro
( a cura di Gioacchino Ruocco )


Pezzaro
( a cura di Gioacchino Ruocco )


Scupatore
( a cura di Maurizio Cuomo )


Stagnaro
( a cura di Gioacchino Ruocco )


Tosacavallo
( a cura di Antonello Ferraro )


Venditore ambulante di frutta secca e semi abbrustoliti
( a cura di Gioacchino Ruocco )


Venditore di fichi d’India
( a cura di Gioacchino Ruocco )


Vuttaro
( a cura di Maurizio Longobardi )

… Prossimamente:

‘o Sapunaro

‘a Spicajola

‘a Vammana

continua …

Venditore fichi d’India (antichi mestieri)

Antichi mestieri stabiesi

Conoscere il micro-passato (il normale quotidiano soggettivo) può essere utile a capire la crescita economica e culturale di una intera popolazione. Questa modesta ricerca degli antichi mestieri (estinti e sopravvissuti), potrebbe aiutare a delineare con più chiarezza una parte dimenticata di vita stabiese vissuta.

Maurizio Cuomo


Venditore di fichi d’India
( a cura di Gioacchino Ruocco )

Venditore fichi d'India

Ieri, al supermercato, tra la frutta in vendita, vicino al banco delle noci fresche, ho trovato anche i fichi d’India. C’erano confezioni da quattro fichi e da sei, per i più voraci. Dalle nostre parti questo frutto nel dialetto parlato è identificato con il nome di figurina. Negli anni vissuti in campagna, presso i nonni materni, nel periodo della sua maturazione ci attrezzavamo per asportare i frutti dalla pianta e consumarli a volontà anche se le raccomandazioni di evitare di farne un’indigestione sopravanzavano quelle di non rovinarci le mani con le spine che li rivestono, quasi a proteggerli contro l’ingordigia di noi ragazzi. Al di là dei semi contenuti al suo interno, che possono piacere o meno, la polpa, quando il frutto è maturo, risulta gustosissima.
Il ricordo delle piante dietro la casa di mia nonna è ancora vivo: le pale, come mani enormi cariche di doni, si protendevano nell’aria per inebriarsi al sole e come tutte le piante succulente, producono un lattice che è un toccasana contro le scottature e le irritazioni; rinfresca la pelle e quasi la rigenera.
Dopo la fine della guerra, col trasferimento definitivo alla casa natia di Vicolo Sorrentino a Mezzapietra, dove i miei abitavano dal giorno del loro matrimonio, la vita nel ritornare al suo tran tran naturale faceva affacciare anche nel vicolo i mestieranti della strada che portavano a domicilio il frutto delle loro iniziative praticate un giorno dopo l’altro per sbarcare in qualche modo il lunario.
Così un giorno vi si affacciarono anche quelli che vendevano i fichi d’india. Erano per lo più dei ragazzi che trascinavano su carrettini di legno che avevano per ruote cuscinetti a sfera, cassette di fichi d’india che vendevano sia singolarmente, sia ad “appizzare”, una sorta di acquisto/lotteria che consisteva nel far cadere il coltello verticalmente con la punta in avanti sopra i frutti deposti nella cassetta per prelevarne tutti quelli conficcati sempre che non si sfilavano dalla lama che doveva restare sempre e comunque perpendicolare alla cassetta. Le prestazioni erano diverse con costi diversi. Per un numero illimitato di “appizzate”, fino a quando l’ultimo frutto sollevato non si sganciava dal coltello, vi era un prezzo, oppure si pagava per il numero di colpi che si desiderava effettuare.
Il coltello era sempre di peso modesto, con la punta acuminata e a lama liscia, senza seghettature che potevano facilitare il cliente nell’asporto. Il coltello non sempre riusciva a penetrare nei frutti per cui il più delle volte si riusciva a prelevarne ben pochi. Quando non si riusciva a prenderne nemmeno uno il ragazzo ne offriva sempre qualcuno come consolazione per la perdita.
Quando invece le cose andavano a sfavore del venditore sorgevano animate discussione sul modo con il quale si era riusciti a sollevare il coltello dalla cassetta con i frutti infilzati. Le chiacchiere continuavano anche dopo quando il venditore usciva dal vicolo quasi sconfitto e si aspettava baldanzosi il prossimo per una nuova scorpacciata.
Il Paliotti nella sua storia a fascicoli della “Canzone Napoletana”, nel fascicolo n. 9, pubblica una stampa a colori di Pasquale Mattei del sec. XIX), ma il soggetto che vi è rappresentato, è lontano mille miglia da quelli che arrivavano nel mio vicolo, dalla loro vivacità e della loro furbizia.
Oggi, a distanza di tanti anni, debbo riconoscere che avevano un carattere eccezionale, una determinazione che il sottoscritto, invece, ha acquisito soltanto nell’età adulta e messa alla prova quando ormai era indispensabile ed ineluttabile.
Comunque i fichi d’india hanno sempre lo stesso fascino e lo stesso sapore, certo, oggi, arrivano in commercio emendati dalle spine e non devi prendere più tante precauzioni nel maneggiarli. Aprirli per consumarli e assaporarli è come aprire uno scrigno dove ci sono sogni che non ti danno requie.