Stagnaro (antichi mestieri)

Antichi mestieri stabiesi

Conoscere il micro-passato (il normale quotidiano soggettivo) può essere utile a capire la crescita economica e culturale di una intera popolazione. Questa modesta ricerca degli antichi mestieri (estinti e sopravvissuti), potrebbe aiutare a delineare con più chiarezza una parte dimenticata di vita stabiese vissuta.

Maurizio Cuomo


‘o Stagnaro
( a cura di Gioacchino Ruocco )

Lo stagnino, noto nel nostro dialetto come ” ‘o stagnaro “, era un artigiano ambulante capace non solo di fare la stagnatura (ovvero quella particolare operazione mediante la quale la superficie interna dei recipienti di rame, veniva rivestiva di stagno), ma anche di vere e proprie riparazioni, quali: rappezzo di buchi, livellamento delle ammaccature e sostituzione o riattacco dei manici rotti ai contenitori.

stagnino

La figura dello stagnaro era presente un po’ in tutte le regioni d’Italia, ma è ormai un po’ di anni che non se ne vedono in giro. Il mestiere veniva esercitato solamente in alcuni momenti dell’anno, tenuto conto che si svolgeva sulla strada, sulle aie, nei portoni, delle vecchie costruzioni, in prossimità delle abitazioni dei committenti, dei proprietari dei recipienti, ma sempre all’aria aperta per allontanare da sé, il più possibile, le esalazioni del carbone, acceso per fornire la temperatura di fusione dello stagno, e le esalazioni dell’acido muriatico che è l’elemento indispensabile nel processo di stagnatura.
Quando si affacciava sul territorio, come ogni altro operatore ambulante, richiamava l’attenzione degli interessati facendo sentire la sua voce che annunciava appunto l’arrivo dello stagnaro.
Erano quasi sempre degli artigiani che, nei momenti in cui la richiesta di prestazioni calava nella zona di residenza, prendevano gli attrezzi necessari o il minimo indispensabile e si avventuravano sui territori vicini e, certe volte, anche all’estero, per procurarsi la propria sopravvivenza e quella della famiglia.
La cassetta che portavano a spalla conteneva come minimo il martello per battere le superfici o per ridurre lo spessore delle lastre che portava di scorta, la mazzuola per togliere le ammaccature, le forbici per tagliare la lamiera, una lima in ferro con fori di diverso diametro per il dimensionamento dei chiodi che realizzava al momento, una piccola incudine fissata su un asse di legno che doveva servire di appoggio per renderla stabile, il polso, attrezzo di ferro a forma di fungo che serviva per ribattere, le tenaglie con manici lunghi che gli servivano per mettere o togliere dal fuoco l’oggetto da riparare, il mantice per dare aria e ravvivare il fuoco, lo stagno in bacchette, l’acido muriatico ben chiuso in una bottiglia, ovatta in quantità, tanto ottimismo e tanto buon senso per contrattare il giusto compenso con la clientela che nel tempo poteva diventare una fonte sicura di guadagno e di pubblicità anche presso altri soggetti.
Oggi, il più delle volte, questi attrezzi li troviamo belli esposti in piccoli musei di quei paesi di frontiera con la Francia, con la Svizzera, con l’Austria, che hanno fondato il proprio benessere sulle attività stagionali e ambulanti che vi andavano a praticare.
Di questo mestiere ho solo pochi ricordi sul nostro territorio. L’operatore che lo svolgeva, un tipo smilzo, secco e alto, sempre con una sigaretta in bocca, si aggirava per le vie di Castellammare e raccoglieva le pentole da stagnare che portava, forse, al suo laboratorio, se ne aveva uno, per restituirle dopo qualche giorno ai legittimi proprietari in cambio del prezzo pattuito. Se qualche volta mi è capitato di vedere un’operazione di stagnatura lo devo all’opera di qualche zingaro che da sempre sanno lavorare il ferro e altri metalli tra cui il rame.
Perché si stagnano le pentole in rame? Il rame viene utilizzato per cuocere i cibi in quanto è un buon conduttore di calore, ma si stagna per avere la superficie di cottura esente dalle ossidazioni che danno luogo al verderame (solfato di rame) usato in agricoltura come fungicida e per la depurazione dell’acqua, ma che risulta nocivo per l’uomo anche se il rame è presente nel nostro corpo determinandone equilibri funzionali a seconda delle percentuali che vengono a determinarsi.
Come si svolgeva l’attività dell’ambulante? Dopo aver ispezionato il contenitore da riparare e fatta la debita valutazione degli interventi da effettuare, e aver discusso della sua richiesta economica con la committente, si appartava nel cantuccio prescelto e si posizionava sottovento per allontanare da se i fumi del carbone che accendeva e i vapori dell’acido muriatico nel momento in cui lo adoperava.
La sua posizione cambiava col cambiare della direzione del vento e non altro. Era meglio un posto riparato ed arioso. Prima di arrivare alla stagnatura procedeva alla eliminazione delle imperfezioni della forma dell’oggetto, determinate da eventuali cadute durante l’uso. Le ammaccature venivano eliminate appoggiando il contenitore sull’incudine che serviva da superficie rigida di contrasto battendole al contrario, rinforzava la chiodatura di tenuta dei manici o la sostituiva con nuovi chiodi sempre in rame, realizzati al momento ricavandoli dal rame in piastra che portava appresso o già approntati per l’uso.
Successivamente ripuliva la pentola dalle incrostazioni determinate dalla cottura del cibo che ormai erano attaccate alla superficie in modo duraturo per i continui utilizzi.
La pulitura avveniva mettendo la pentola sul fuoco senza porvi liquidi dentro per portare lo stagno alla temperatura necessaria e farlo fondere con l’aiuto dell’acido muriatico. Una volta asportata la vecchia stagnatura, si procedeva a quella nuova che al termine del procedimento dava alla pentola o alla padella o al paiolo un volto nuovo più vivo che mai.
Lo stagno fonde alla temperatura di 231,9 °C , ma per effetto del trasferimento del calore all’olio di frittura o ai cibi in cottura resta a temperatura più bassa senza degradarsi.
‘O Stagnaro! Finito un lavoro si spostava di via in via, lanciando il suo grido di avviso, nella speranza di trovare nuovi clienti e di portare a casa lo sperato sostentamento per la famiglia anche per i giorni a venire.

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