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Peperoni alla scanzanese

Piatti tipici stabiesi

Piatti tipici stabiesi

Peperoni alla scanzanese

a cura di: Maurizio Cuomo

la tradizionale ricetta per “voce di popolo”

Peperoni alla scanzanese

Peperoni alla scanzanese


Ingredienti per 4 persone:

  • quattro peperoni nostrani
  • tre etti di melanzane (tagliate a “funghetto”)
  • sei fette di pane (raffermo)
  • mezza cipolla (triturata)
  • uno spicchio d’aglio intero
  • peperoncino (poco)
  • mozzarella o provolone della penisola sorrentina
  • una manciata di olive bianche e nere
  • un cucchiaio di capperi sotto sale
  • quattro filetti di alici (opzionale: a chi piace)
  • qualche foglia di basilico
  • prezzemolo
  • olio di oliva Continua a leggere

Il Calcio a Scanzano

Storie minime

Storie minime

1946: il “Calcio” a Scanzano

1946: il "Calcio" a Scanzano (in foto Pasolini, gioca a calcio in strada - foto tratta dal web)

1946: il “Calcio” a Scanzano (in foto Pasolini, gioca a calcio in strada – foto tratta dal web)

A Scanzano nell’estate del 1946 si gioca una partita di calcio sulla cosiddetta “autostrada”, cioè l’attuale Viale delle Terme (dove allora passava un’automobile ogni “morte di Papa”). Giocano “‘e giuvane” (celibi) contro gli ” ‘nzurati” (ammogliati), arbitra “Pasquino ‘o barbiere”.
Ecco una brevissima sintesi di un’azione finita male:
“Rafele ‘e Mariuccia” passa al contrattacco, ma si scontra con la difesa avversaria rappresentata da “Gennaro ‘e Piscialluongo” e “Aitano Spogliamaronna”. Rafele (si gioca scalzi) urta con l’alluce contro il marciapiede e si infortuna. Subito accorre “Pascale ‘a Lacerta”, infermiere FF che, invece di medicare il malcapitato”ditone”, mette delle gocce negli occhi di “Rafele”. Alle sue immediate rimostranze, risponde: “Accussì viri addò miette ‘e piedi!”. Tutto il pubblico scoppia in una grossa risata.

Antonio Cimmino


Storie Minime ( episodi e brevi aneddoti di vita stabiese )

Ispirata dal carissimo amico Corrado di Martino, che nei suoi racconti concentra il potere di sintesi e la buona scrittura, questa rubrica accoglierà le storie e gli aneddoti di formato breve, di coloro che hanno qualcosa da raccontare. Va da sé, che non è necessario essere scrittori, per contribuire è sufficiente che gli scritti siano concisi e relativi al vissuto stabiese.

La rubrica è aperta a tutti, se avete un episodio da raccontare, contattateci quindi all’indirizzo: ricercatoredistabia@libero.it

Il Presepe di Scanzano, chiesa di San Michele

Pacchiane con tammorra (foto di Corrado Di Martino)

Il Presepe di Scanzano

di Corrado Di Martino

La storia del presepe è antichissima. Ciascuno di noi, ha nelle proprie memorie, una scena familiare, un siparietto, un aneddoto, che puntualmente, riporta alla mente, emozioni care mai dimenticate. Coma saprete, le primissime rappresentazioni della Natività, si ritrovano negli affreschi catacombali di Santa Priscilla (II secolo d. C.), ed in quelle di San Sebastiano (IV secolo d.C.), immagini proposte fino a due secoli dopo sempre in bassorilievo. La rappresentazione della Nascita di Cristo, prende corpo e vita, con propri personaggi (animali veri), la notte di Natale dell’anno 1223. San Francesco, volendo onorare il sacrificio di Cristo, fattosi uomo per viverne le miserie terrene, allestì proprio nei pressi della grotta di Greccio (Rieti, Lazio), una rappresentazione sacra, una scena sacra: –  il gesto divino della Natività. –

Mancavano Maria, Giuseppe e il bambino, non era ancora il Presepe, ma c’era tutto il seme della Cristianità. Il primo presepe al mondo che si ricordi, a detta degli studiosi, è quello di Arnolfo Di Cambio (architetto, scultore e urbanista, nativo della provincia di Siena), nel 1283, realizzando le figure con delle statuette di marmo, aprì la tradizione fino ad oggi conservatasi della rappresentazione della Natività. Oggi, vorremmo illustrarvi il Presepe della chiesa del Santissimo Salvatore in Scanzano, anch’esso figlio della fede, figlio della tradizione, figlio del desiderio di celebrazione della venuta di Cristo. Il presepe della chiesa di San Michele in Scanzano, è opera di fedeli, artigiani e appassionati locali, che gratuitamente hanno prestato la propria opera. Alcuni hanno dipinto il fondo, altri costruito il villaggio, altri ancora hanno reso disponibili i propri pastori. Un’opera corale, favorita e animata dai vari parroci della chiesetta collinare. Non ultimo don Enzo Esposito, giovane, schivo con un sorriso per tutti, grande ospite insieme a tutti gli altri organizzatori dell’evento annuale.
Il presepe, davvero bello è aperto alle visite almeno fino alla candelora (2 febbraio 2017), non perdetevi questa bella opera di fede e cristiana sinergia.

Dopoguerra a Castellammare

Antonio Cimmino trascrive alcuni ricordi raccontati dal padre Raffaele

Nell’immediato dopoguerra a Castellammare c’era una confusione enorme, specialmente per la presenza degli inglesi e degli americani. Gli inglesi stavano all’AVIS e ai CMI, qui avevano un grosso deposito di materiale bellico.

Ro37 bis all'AVIS

Ro37 bis all’AVIS

Da Castellammare partivano convogli per il fronte di Cassino. Noi ci arrangiavamo come potevamo anche con il mercato nero con gli alleati. Una cosa molto redditizia fu il contrabbando del carburo, particolari pietre che mischiate con l’acqua fanno scaturire l’acetilene. Polizia e carabinieri non se ne vedevano in giro.

Gli inglesi utilizzavano come autista dei camion un prigioniero tedesco di nome Stefan, un bravo uomo abbastanza anziano con il quale prendemmo contatti. Aveva talmente conquistato la fiducia degli inglesi che usciva sempre senza nessuna scorta. Ma dove sarebbe potuto andare? Lui stesso in un italiano masticato, diceva che era contro la guerra che l’aveva privato della sua famiglia e mandato a combattere lontano. Era cattolico e ringraziava sempre Dio di non essere morto in Africa. Quando usciva dal deposito, Stefan, prima di andare a Napoli, passava per Varano e noi scaricavamo una parte del carico di carburo, dopo aver ricompensato il nostro complice tedesco.

Un giorno, mentre ero di guardia al carburo scaricato nella stradina ed in attesa del compratore, si avvicinò un contadino del posto alto e grosso che mi disse: ”Guagliò, ca’ ci sto’ pure io…”, voleva una specie di tangente. Io tirai fuori dalla tasca posteriore dei pantaloni la mia Beretta calibro 7,65, gliela puntai contro dicendo: ”Pecché non rischi cumme e nuie e mò vattenne!”. Il contadino fattosi pecora rispose: ”Va bene giuvinò, stateve bbuono, nun aggio visto niente…”. Ah, se mi vedesse adesso che sono sposato, padre di figli e senza pistola, chissà quante mazzate mi darebbe! Continua a leggere

Achille Gigante (anno 1845): in alto a destra si scorge l'antica porta di Scanzano (coll. G. Fontana).

Scanzano

Scanzano
( brevissimi cenni e curiosità a cura di Maurizio Cuomo )
A. Gigante (anno 1845): in secondo piano verso destra si scorge l'antica porta di Scanzano (coll. G. Fontana).

A. Gigante (anno 1845): in secondo piano verso destra si scorge l’antica porta di Scanzano (coll. G. Fontana).

Il toponimo Scanzano molto probabilmente trae origini dal nome dell’antica famiglia nobile che ivi viveva in tempi a noi assai remoti, ciò per la prima volta emerse da una ricerca effettuata da mons. Francesco Di Capua, accreditato storico stabiese, che individuò nella “gens Scanja”, la famiglia romana proprietaria terriera, che in tale luogo aveva dei poderi. Il terziere di Scanzano vanta quindi un’antica storia e come tale merita rispetto e molta attenzione, basti pensare che fino ad un paio di secoli fa, per entrare in tale luogo, era necessario varcare una delle porte della città (che da esso prendeva nome), un tempo situata nel primo tratto della odierna Salita Ponte di Scanzano (per voce popolare meglio conosciuta come “‘a sagliuta d’‘o mulino”), Continua a leggere