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Cattedrale

La Cattedrale di Castellammare di Stabia

articolo pubblicato il 22 novembre 2015

articolo del prof. Giuseppe D’Angelo

( testo tratto da “Rivivi la Città” )

In seguito al terremoto del 1456 che sconvolse il napoletano, la Cattedrale, sita al Quartuccio, era rimasta fortemente lesionata e sin d’allora si pensò ad una riedificazione delle fondamenta. Dopo numerosi tentativi incompiuti, nell’anno 1581 il vescovo stabiese mons. Ludovico Maiorano di Gravina risolse il problema cattedrale: tre anni dopo vendette quell’antica sita al Castello per investirne il ricavato nell’edificazione di una nuova. E in effetti, con delibera comunale del febbraio 1587, la Città ne decise la riedificazione, eleggendo all’uopo una commissione comunale.

La Cattedrale (opera del prof. Stefano Buonocore)

La Cattedrale (opera del prof. Stefano Buonocore)

Il Vescovo pose la prima pietra A dì 22 de novembre 1587. La costruzione procedette lentamente. Nell’anno 1643, può considerarsi virtualmente terminata; tanto è vero che la città concesse cappelle gentilizie a varie famiglie. La nuova cattedrale fu costruita sullo stesso sito della precedente, perché quella fu diruta… per farsi la nova forma della chiesa.

Nel 1668 vi fu istallato anche il nuovo organo, a destra dell’altare maggiore, ma mancava ancora di atrio, costruito nel 1713 a spese della città. Tale atrio “poggiato sopra quattro pilastri, che reggono tre archi, e dietro a questi appoggiate tre lamie a vela”, dopo una cinquantina d’anni, rischiando il crollo, fu costruito ex novo nel 1774.

Dopo la costruzione dell’Atrio e dell’Altare Maggiore, l’amministrazione comunale decise anche, nel 1774, la rifazione dell’antico campanile. Ma il vescovo si oppose perché avrebbe dovuto cedere dieci palmi di terreno. Dopo varie polemiche, anche con l’intervento del re, nel 1782 la città decise di ricostruirlo su suolo comunale, ove è al presente, per una spesa complessiva di 7323 ducati.

Fino al 1875 la cattedrale non subirà ulteriori interventi radicali. Nel 1880 viene recuperato dal monastero della Pace l’antico Coro ligneo e sistemato nell’abside, ove è tuttora. In tale anno inizia anche la costruzione della nuova cappella di S. Catello. Tutti i lavori avranno termine nel 1893, tanto che il 13 agosto il vescovo Sarnelli consacrerà solennemente la cattedrale.

All’interno si possono ammirare tele di Giuseppe Bonito, Nunzio Rossi, Lanfranco, lo Spagnoletto, sculture di Jerace, splendidi pastori del settecento napoletano a grandezza naturale.


N.B.: per eventuali ulteriori approfondimenti, si rimanda ad uno studio ben articolato ed esaustivo dal titolo “Il Duomo stabiese”, del prof. Giuseppe D’Angelo, pubblicato su www.gdangelo.it.

Le chiese censite sul territorio di Castellammare di Stabia nel 1636

( a cura di Gioacchino Ruocco )

Le informazioni sono tratte dal “Tavolario” di Orazio Conca che nel 1636 su invito del vicerè di Napoli, Manuel de Zuniga, fu approntato per una indagine patrimoniale volta a stabilire il valore della città di Castellammare di Stabia ( i dati sono trascritti nella relazione originale ).

La Chiesa stabiana (foto Corrado di Martino)

La Chiesa stabiana (foto Corrado di Martino)

Ecclesia Vescovale Catridale

Grande a tre navi, con pilastri guarniti di piperni con buon disegno di architettura, coverta a lamia [e] con tre porte. Nell’affacciata d’essa vi è l’altare magiore con custodia dove di continuo assiste il Santissimo con Crocefisso di relevio; al sinistro et destro lato d’essa vi sono dece cappelle sfonnate a lamia, con cone di buona pittura di diversi santi, con l’altare privilegiato, catrida, con apparato, pergolo, fonte battesimale, sacrestia con tutte le commodità d’apparati, quattro campane coll’orologio, coro con organo; viene servita et officiata dal suo Clero, consistente il suo Vescovo con sua dignità, dieci canonici, 30 previti sacerdoti et 50 chierichi, con entrata il detto Vescovo de annui ducati 1000 incirca, et detta dignità et canonici annui ducati 80 per ciascheduno; et li sacerdoti vivono de loro entrate. Contiguo a detta chiesa vi è il Palazzo Vescovale dove risiede detto vescovo; et anco vi è congregazione di particolari.

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Post fata Resurgo ( l’amara utopia )

 Carissimo Maurizio, scrivo per portare a conoscenza degli affezionati lettori di Libero Ricercatore, della protesta di don Ciro Esposito, parroco della Concattedrale di Castellammare di Stabia, il quale in questi giorni si è lamentato e ha protestato a mezzo stampa e televisione della mancanza d’attenzione da parte del Comune per il presepe che ogni anno viene allestito nel nostro duomo.

pastori

Una scena del Monumentale Presepe di Castellammare di Stabia

In poche parole don Ciro non chiede soldi o sussidi, ma solo attenzione per vedere inserito, e a giusta ragione, nel cartellone dei cosiddetti “eventi natalizi” anche la visita al presepe settecentesco, che purtroppo non è preso per nulla in considerazione, nonostante ci sia una sua richiesta indirizzata alle Autorità Comunali, che giace inascoltata ormai da due anni.
Mi sono tornati alla mente i pastori del duomo a grandezza naturale, vere e proprie opere d’arte, unici per stile e fattezza, da poco restaurati e patrimonio della Comunità stabiese.
Un parroco, in qualità di cittadino di Stabia, chiede solo attenzione per un qualcosa che dovrebbe essere normale: visitare il presepe della Cattedrale e comprenderne l’importanza storico/religiosa dovrebbe essere una priorità innanzitutto per il primo cittadino e poi per la stessa cittadinanza.
Oggi la protesta di don Ciro, purtroppo, si mescola fra incuria dell’Amministrazione e disinteresse degli stessi stabiesi, una miscela estremamente pericolosa che porterà alla sicura distruzione delle rimanenti nostre ricchezze, che secondo il mio personale parere, rimangono le uniche risorse buone che possono farci dire ancora: “Post fata resurgo”.
Cosa dire? Io so solo che don Ciro non riceve attenzione nonostante si trovi a pochi metri dal Comune, e che lo stesso assurdo trattamento è rivolto alla Reggia di Quisisana, agli Scavi di Stabiae e all’arenile stabiese, priorità anch’esse trascurate/ignorate da questa Amministrazione. E allora mi chiedo: Cosa si può fare? Nello sconforto più profondo e completo, propongo ai vertici della nostra Amministrazione, di istituire anche un Assessorato all’Utopia, una nuova figura, dove tutte le richieste saranno ascoltate e, con un po’ di fantasia, forse anche soddisfatte.
E in questo quadro desolante, partendo proprio dalla più amara utopia… vi abbraccio ed invio un caro saluto a te e a tutti i frequentatori di liberoricercatore.

Enzo Cesarano