Allegoria di Stabia - particolare (foto Maurizio Cuomo)

Allegoria di Stabia

a cura di Maurizio Cuomo

Da una lettera inviataci dal prof. Luigi Casale (di Bressanone), si evincono le tante perplessità che una persona può incontrare nell’ammirare la statua (si veda il sottostante rif. fotografico), posta in villa Comunale, a cui, purtroppo, “il vandalo” di turno, penso per una bravata, ha divelto la targhetta illustrativa.

Allegoria di Stabia (foto Maurizio Cuomo)

Allegoria di Stabia (foto Maurizio Cuomo)

Come vedremo la lettera, scritta da Luigi, in quanto persona colta (per supposizioni e interpretazioni) non si discosta poi tanto dalla realtà e con un po’ di fantasia, dà al lettore, nuovi interessanti motivi di riflessione. Ma il prof. Casale di certo rappresenta un caso raro, di certo non tutti, siamo in grado di interpretare cosa voglia esprimere con esattezza un artista con una determinata opera, e quindi mi chiedo: cosa potrà mai capire di questa statua, un turista di medio livello culturale, che non conosce affatto la storia della nostra Castellammare? Faccio pertanto appello, e ringrazio anticipatamente gli amministratori locali se vorranno investire qualche centesimo per allocare nuovamente ai piedi della statua una targhetta illustrativa, a beneficio di quanti, nel visitare Castellammare dovessero ammirare quello che per ora può considerarsi solo un “anonimo” monumento.


Ecco la lettera inviataci dal prof. Luigi Casale:

“Caro Maurizio, esiste una esplicitazione univoca (quella dell’artista oppure quella del committente) dei simboli della statua ritratta in foto, collocata alla fine del lungomare?
Il soggetto è evidente: una madre fugge e protegge il bambino da un mostro minaccioso. E’ fango o fuoco quello che le avvolge i piedi?

Certo, tra gli elementi simbolizzati c’è la vita (la maternità); se vuoi: la storia. E in entrambi i casi, quale che sia il rimando simbolico, di conseguenza anche l’affanno. Ma anche l’amore, la speranza, il progredire (che è pure progresso) verso un punto di salvezza. Naturalmente. Tutto questo nell’atteggiamento ansioso della mamma e nel fiducioso abbandono del figlio. La donna potrebbe rappresentare le mamme di Castellammare, o la Mamma, in generale. Esse proteggono i figli, e per essi si prodigano nel tentativo di offrirgli una prospettiva di vita più sicura e più serena. O è la stessa città, Castellammare, come compagine civile e sociale, storicamente definita (per esempio: quella romana, quella medievale, quella attuale e presente) che, già toccata dal male che l’afferra, proietta il figlio verso una riconquistata sicurezza.
E quel mostro personificato chi rappresenta? Dall’indicazione della donna (mano, sguardo) si direbbe il Vesuvio. O il mare. E se quel diavolo dalla testa alata invece di essere una forza della natura, fosse un’entità morale, o sociale? Un mostro che vive in noi, individui e collettività, e proprio per questo ci insidia da vicino? Qualcosa che la società stessa produce. Non dirmi che sono acqua e vento quelli che avvolgono la donna. Per cortesia, procurami ragguagli e notizie della sua collocazione: storiche, estetiche, sociologiche, e politiche.

Un saluto affettuoso. Luigi Casale”.


Corrispondenza di risposta:

Carissimo Luigi, la statua, da lei fotografata in villa Comunale, è intitolata “Allegoria di Stabia”. Questo monumento in bronzo fuso, opera dello scultore molisano Alessandro Caetani, fu inaugurato il 13 aprile 2003. La statua raffigura una donna che tenta di sfuggire alle ire del Vesuvio (gioia e dolori della storia cittadina stabiese). Continua a leggere

Villa Angelina

Eugenio Cosenza, 10 aprile del 1863

articolo a cura di Corrado Di Martino

Il 10 aprile del 1863, alle ore 9,00, nacque a Castellammare di Stabia, l’architetto Eugenio Cosenza; figlio di Don Francesco (fu Pasquale Cosenza) di 30 anni, possidente e, Donna Teresa Calvanese di anni 28. Al tempo abitavano nella strada Coppola (via cinquecentesca della nostra cittadina). Fu battezzato in Cattedrale l’11 aprile dello stesso anno con i nomi di Eugenio, Riccardo, Luigi. Eugenio era fratello del più conosciuto Giuseppe Archeologo.

Villa Vollono e Vesuvio – foto proprietà famiglia Gatti

Si laureò a pieni voti presso l’Università di Napoli. Ivi residente alla via Ventaglieri, nell’agosto del 1893, nella sez. Chiaia del Capoluogo, sposò Guendalina Arata di 25 anni, nativa di Civitavecchia, figlia di Alessandro e Luisa Scultheis o Scullheis. Prepotentemente, Il giovane progettista, si inserì nell’albo d’oro degli anni altrettanto fulgidi, posti tra fine ottocento ed inizio secolo successivo. Castellammare di Stabia, era divenuta una delle località à la mode per tantissime nobildonne, nobiluomini, intellettuali, artisti e politici; ma anche, e poi soprattutto, per professionisti e gente comune sia italiani che di provenienza internazionale, che la frequentavano. Continua a leggere

filosa1906

L’eruzione del Vesuvio del 1906

articolo a cura di Maurizio Cuomo

Nella pagina riportiamo la cronaca dell’eruzione del Vesuvio avvenuta nell’aprile del 1906, sicuramente uno degli eventi più suggestivi ed intensi di vita cristiana, vissuti nella città di Castellammare di Stabia negli ultimi secoli. La suddetta cronaca estrapolata da due scritti d’epoca è tratta dagli archivi della Cattedrale stabiese.

Particolare di un dipinto di Francesco Filosa (Cattedrale stabiese)

Protezione della liberazione ottenuta nella terribile eruzione del Vesuvio mediante l’intercessione del nostro Protettore San Catello (libro VI delle conclusioni del Capitolo Stabiese pag. 18).

Fin dal giorno 2 aprile di questo corrente anno 1906 il vicino monte Vesuvio manifestò segni precursori di una eruzione. Aumentò l’attività nei giorni 5, 6, 7, con emissione continuata di lava di fuoco in vari punti, con sbuffi di cenere e sabbia, accompagnati a brevi intervalli da forti boati. Nella notte però dal 7 al 8 di detto mese, giorno di Domenica delle Palme, l’eruzione pigliava tali proporzioni da ridestare la più grave costernazione ed il più intenso terrore, in un tratto si aprivano varie bocche che gittavano laghi di fuoco, sicché tutto il Vulcano sembrava diventare una massa di fuoco presentando terrificante spettacolo. Allo spuntare dell’infausto giorno 8 immensa folla di gente di questa nostra città corse nella nostra Cattedrale fatta aprire ben per tempo e supplicava l’aiuto del nostro amato Protettore S. Catello, e più nostro vivo il desiderio che il venerando simulacro fosse portato fuori la Chiesa a vista del … monte. Continua a leggere