‘O Rillorgio

( di Catello Graziuso de’ Marini )

Cari amici concittadini stabiesi, vorrei iniziare queste mie riflessioni di primavera da una cosa che ho letto su questo vostro pregevole sito: nella sezione denominata la tombola stabiese, ho piacevolmente e condivisibilmente letto che il numero uno è dedicato alla nostra Castellammare, numero uno al mondo. Mai parole più giuste e Sante sono mai state pronunciate. Sarebbe proprio il caso di dire, mutuando dalla sezione “modi di dire stabiesi” del vostro sito, agli abitanti delle città limitrofe “ammisurateve ‘a palla”.

Piazzetta dell’Orologio

Qual è invero una delle città vicine alla nostra Stabia che possa dirsi anche lontanamente paragonabile a Castellammare per eloquenza, bellezza intrinseca, bellezze naturali, bellezze storico artistiche, deplorenza senile, salubrità dell’aria? A tale proposito mi sono ricordato di una diatriba che vi fu a Piazza Municipio nei primi anni ’50 tra me (accompagnato da alcuni miei inseparabili amici), e un abitante di Boscotrecase.
Dunque, eravamo io, Gennaro Esposito, Antonio “Fatturacanunquaglia” (così soprannominato per la sua propensione all’evasione fiscale) e “Ciruzzo ‘o Spartirecchie”.
Mentre stavamo leggendo il giornale, Ciro richiamò la mia attenzione dicendomi: “Catié!”. Io risposi: “Che rè Cirù?”. Lui disse: “He visto là? Io risposi: “No, che è stato?”.
A quel punto Ciro mi indicò un soggetto che ci guardava insistentemente con fare spregiudicato. Non potendone fare a meno, gli dissi: “Che bbuò?”, lui fissandomi, rispose: “niente!”. Al che io gli chiesi: “Uagliò, tu si è Castellammare?”. Lui rispose di no. Fu in quel momento che sia io, sia i miei amici ci insospettimmo della sua presenza. Eravamo noi invero, all’epoca, quasi più razzisti di un leghista con i meridionali nei confronti dei “non stabiesi” (mi scuserete per questa iperbole, ma è solo per sottolineare il nostro attaccamento alla nostra cittadina). Scoprimmo, dopo una breve conversazione, che quel soggetto era un abitante del limitrofo comune di Boscotrecase. Dopo una serie di sfottò reciproci di prassi, ci lanciammo in una appassionata discussione sulla precisione dell’orologio di Piazza Orologio, che a voi lettori, a distanza di tempo, può sembrarvi quanto mai futile, ma credetemi, non lo fu allora! Il nostro interlocutore, invero, sosteneva che un suo zio, tale Antonio Mazzitella (se non ricordo male) avesse perso il vaporetto per Capri basandosi sull’orario di questo nostro orologio. Tale inconveniente gli aveva causato danni di non poco conto, dato che, a detta di suo nipote, l’episodio era avvenuto nel periodo del fascismo e suo zio, per quel ritardo, aveva perso il lavoro e i diritti civili. I miei amici che, lo sottolineo, sono tutti tuttora in vita e dunque potranno confermare il mio narrato, si rivolsero al non stabiese proferendo al suo indirizzo epiteti volgari ed offensivi, che tuttavia erano per la mentalità dell’epoca tutti giustificati per la enorme rivalità che vi era con gli abitanti dei comuni vicini. “Ma a Boscotrecase è arrivato ‘o rillorgio?”, chiese Ciruzzo con tono ironico con una osservazione che poteva risolvere la contesa a monte. Per farvela breve, alla fine fui io a allontanare bruscamente il personaggio dicendogli: “Tuorn”a Boscotrecase, tu e chillu disoccupato ‘e ziete!”. Ma la cosa interessante non fu tanto questo episodio, bensì il fatto che lo stesso ispirò in Ciro una poesia che scrisse su un pezzo di carta che conservo gelosamente e che non è mai stata pubblicata, dal titolo “Hurry Lord, ‘o rillorgio”. Quello strambo titolo si basava su un equivoco di natura fonetica che vide protagonista Ciro alcuni anni prima, in tempo di guerra, quando incontrò nel centro storico di Castellammare un soldato inglese, il quale confuse la parola “‘o rillorgio” con il nome “Hurry Lord”, causando un simpatico siparietto.

Hurry Lord, capette chillu surdato inglese,
R”a uerra mondiale,

Quando io gli dissi: “Guarda ‘o rillorgio”
Assieme a Peppe Comentale.

Chi ha mai visto ‘nu rillorgio così preciso,
come quello che sovrasta il nostro porto,

Ricordando chi da lì è partito per la guerra,
Ma per fortuna non è morto?

Non so se ciò che sto per dirvi,
riesce ancora un po’ a stupirvi,

Ma nessuno ci può superare,
A tutti noi, gente onesta ‘e Castellammare”.

Un caro saluto a tutti.  Lello Graziuso de’Marini

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