Raffaele Gaeta, un socialista stabiese del primo ‘900

articolo di Raffaele Scala

Tessera Partito Socialista (anno 1944)

Tessera Partito Socialista (anno 1944)

Il 26 febbraio del 1944 nella sua casa napoletana di Piazza Bracco, al civico 1, muore a 83 anni, l’avvocato Raffaele Gaeta, uno dei primi e più battaglieri socialisti presenti a Castellammare tra la fine dell’Ottocento e inizio Novecento. L’Avanti!, il glorioso giornale socialista tornato in edicola soltanto alcuni mesi prima, dopo la cacciata dei tedeschi da Napoli e l’entrata degli Alleati il 1 ottobre 1943, non dedica un solo rigo alla sua scomparsa, eppure il direttore, Nino Gaeta, è suo figlio, uno dei protagonisti della rinascita del PSI nell’Italia liberata dall’oppressione nazi fascista. Lo stesso Raffaele era stato, nei primi anni del ‘900, un valente corrispondente dell’organo socialista e al Partito aveva dedicato i migliori anni della sua giovinezza, provando, con passione, energia e notevoli sacrifici a far maturare una sonnolenta classe operaia, imbrigliata e addomesticata da un contesto sociale soffocato dall’opprimente, ramificata presenza della chiesa con i suoi trenta edifici religiosi, tra chiese, cappelle, monasteri, basiliche, santuari e cattedrali, dove si muovevano centinaia di preti, suore, monaci, cappuccini, carmelitani, domenicani, francescani, gesuiti ed altri ancora, in una miscela esplosiva che lasciava poco spazio o nulla a chiunque non si riconosceva in questa religiosità così onnicomprensiva e soffocante nella vita quotidiana della popolazione stabiese, una chiesa in larga misura al servizio non dei poveri e dei bisognosi ma del potere costituito.

In un simile contesto la vita per chi aveva abbracciato una militanza come quella socialista non poteva non essere irta di ostacoli, senza tenere conto della repressione quotidiana operata dalla forza pubblica, al servizio incondizionato della borghesia, salvo rare eccezioni, sempre pronta a intervenire contro le più pacifiche manifestazioni indette dalla sinistra, sciogliendo comizi, operando arresti indiscriminati e intimidendo quanti per curiosità o per simpatia erano presenti. Un potere che schedava e teneva sotto stretta sorveglianza chiunque si iscrivesse a partiti di sinistra, ne frequentasse i militanti, leggesse e ricevesse stampa considerata sovversiva, nonostante fosse legale a tutti gli effetti, come appunto l’organo del Psi, l’Avanti!. Partiti sovversivi, pur nella loro legalità e con ampie rappresentanze parlamentari, erano ritenuti in particolare quello repubblicano, socialista e anarchico, quest’ultimo vero terrore della monarchia. E’ pur vero che il popolo stabiese era sinceramente e profondamente devoto alle idee monarchiche, se non altro per i numerosi benefici ricevuti prima dai Borbone e poi dai Savoia e perché il primo e più importante polo industriale cittadino, il Regio Cantiere Navale capace di dare lavoro ad oltre duemila operai era un industria di stato, con tutti i limiti ed i vincoli che questo comportava.


Figlio del marinaro Gaetano (1832 – 1920), poi diventato negoziante, e di Filomena Piccolo (1838 – 1884), l’avvocato Raffaele Gaeta era nato a Castellammare di Stabia il 29 aprile 1861, in Strada Quartuccio, secondo di otto figli. Uno dei suoi primi atti pubblici fu la partecipazione ad un Comitato formatosi per favorire la costruzione di una lapide per commemorare Giuseppe Garibaldi all’indomani stesso della sua scomparsa nel giugno 1882. In seguito lo troviamo candidato nelle elezioni amministrative del 31 luglio 1892, nella Lista Unitaria Liberale, il cui capo riconosciuto era Catello Fusco e dove fu eletto con 431 voti. Repubblicano convinto, militò con Catello Langella, Rodolfo Rispoli (1863 – 1930) e Catello De Crescenzo nel circolo Aurelio Saffi. Nei primi mesi di quell’anno, lo ritroviamo tra i protagonisti della pubblicazione curata dal nucleo repubblicano di un numero unico in occasione del 1° maggio con scritti dello stesso Gaeta, di Catello Langella e dell’avvocato di San Giuseppe Vesuviano, Angelo D’Ambrosio (1851 – 1911), un vecchio repubblicano poi passato al Psi.
Il 19 luglio 1894 sposò Ida Gaeta (1871 – 1965) dalla quale avrà sei figli, Oscar (1895 – 1977), Guido (1897 – ?), Gustavo (1900 – 1978), Gaetano, detto Nino (1903 – 1999), Anna e Maria.
Passato al socialismo nel 1898, aderendo al Circolo di Studi Sociali fondato da Catello Langella (1871 – 1947), Raffaele Gaeta fu tra gli organizzatori della conferenza del famoso deputato socialista, Dino Rondani (1868 – 1951), invitato a Castellammare il 24 febbraio di quell’anno. La riunione fu improvvisamente interrotta dal delegato di pubblica sicurezza, ordinando di sciogliere immediatamente l’assemblea non autorizzata, trovando la ferma opposizione di Gino Alfani (1866 – 1942), un rivoluzionario d’origini molisane trapiantato a Napoli e instancabile costruttore del primo socialismo napoletano. Alfani con il suo carattere intemperante, non aveva esitato ad opporsi, rivendicando il diritto di partecipare ad una privata riunione. Immediatamente arrestato e giudicato per citazione direttissima il giorno seguente dal pretore stabiese, il suo nono arresto si concluse con una multa. Tra gli altri fermati si segnalarono il nostro Raffaele Gaeta e Gennaro Somma, Luigi Fusco, Salvatore Gargiulo, Giovanni Quartuccio, Nicola Scognamiglio (1866 – 1908), Vincenzo De Bari e Agnello Amalfi, tutti imputati di contravvenzione all’art. 1 della legge di pubblica sicurezza, ma la sentenza del Tribunale emessa il 25 marzo fu cancellata dalla sopravvenuta amnistia del 3 marzo, dichiarandosi il non luogo a procedere.
Forgiatosi nel fuoco di quelle prime lotte, pagate a caro prezzo, il nucleo socialista raccolto intorno al Circolo di Studi Sociali, partecipò alla costituzione di un Comitato di partiti popolari formato da democratici liberali, repubblicani e socialisti, preparandosi a partecipare alle elezioni politiche del 3 giugno 1900, candidando alla Camera dei deputati il repubblicano stabiese Rodolfo Rispoli contro il concittadino Alfonso Fusco (1853 – 1916), un imprenditore appartenente ad una famiglia dominante la scena politica locale da oltre un ventennio, eleggendo sindaci e deputati. Continuò a farlo, pur con sempre maggiore difficoltà, fino alla vigilia della prima guerra mondiale. Fusco vinse lo scontro contro il repubblicano, ma l’impegno profuso dai socialisti e il consenso ricevuto, fece loro maturare la volontà di costituire ufficialmente la prima sezione socialista, inaugurandola il 19 luglio di quello stesso anno.
Nell’agosto 1902, pur privo di precedenti esperienze di carattere sindacale, il nostro giovane e passionale Gaeta fu chiamato a guidare la prima Lega operaia della città, costituita da ottanta operai falegnami dell’impresa metallurgica di Michelangelo Cattori, un capitano di marina trasformatosi in imprenditore rilevando nel 1899 l’ex Impresa Industriale del defunto ingegner Cottrau. Il primo sciopero, contro il tentativo di imporre un cottimo, durò cinque giorni e si chiuse con una bruciante sconfitta, portando allo scioglimento la stessa nascente organizzazione. Non per questo il giovane avvocato si arrese, anzi caparbiamente portava avanti le sue idee, supportato da un piccolo nucleo di tenaci militanti, nessuno dei quali sognava la rivoluzione armata, ma più modestamente portatori di istanze di eguaglianza, di solidarietà, di maggiore giustizia sociale. In sostanza onesti riformisti.
La caparbietà, la coerenza e la fermezza, con la quale la sezione socialista portava avanti le sue idee portò ben presto risultati insperati, il primo dei quali fu l’uscita, il 12 aprile 1903, del primo periodico socialista mai pubblicato a Castellammare, capace di durare oltre l’uscita occasionale: il quindicinale, Lotta Civile, divenne ben presto un punto di riferimento del socialismo stabiese con importanti inchieste e approfondimenti giornalistici, ma non per questo ebbe vita lunga. Diretto da Raffaele Gaeta, la redazione era composta dal notaio Alfonso de Martino (1868) – 1943), dai professori di francese e matematica, rispettivamente, Andrea Luise e Pietro Carrese, dall’avvocato Vincenzo De Rosa e da Vincenzo Varone che ne curava l’amministrazione. Qualche anno dopo, Gaeta e compagni colsero il frutto più importante del loro incessante lavoro di propaganda e proselitismo con la vittoria alle elezioni amministrative del 22 luglio 1906, quando ben cinque socialisti furono eletti nella coalizione del Comitato popolare, portando in giunta Raffaele Gaeta, eletto assessore e Alfonso De Martino, a sua volta eletto assessore supplente.
Sulla scia del successo politico i socialisti dopo l’esperienza del loro primo periodico, Lotta Civile, decisero un’altra iniziativa editoriale portando nelle edicole cittadine un nuovo settimanale, La Voce del Popolo, un giornale che si distinse per alcune coraggiose inchieste giornalistiche sul connubio tra malaffare e politica. Il primo numero uscì nel gennaio 1907 e si pubblico fino al 1908. tra i redattori si ricorda Pietro Carrese (1875 – 1949), il futuro primo sindaco socialista di Castellammare nel 1920.
Dalle notizie in nostro possesso, l’accordo tra i socialisti e i democratici liberali stabiesi per la nascita dell’anomala e storica Giunta, rappresentò la prima realizzazione di un governo locale di Centro sinistra, sicuramente una delle poche Giunte progressiste di quel decennio, confermando fin da allora Castellammare, un vero e proprio laboratorio politico di valenza nazionale. L’esperimento non durò molto: lo scandalo provocato dalla presenza di un socialista al governo della città scatenò la reazione violenta delle forze, allora definite, clerico moderate, della stampa governativa, in prima fila, Il Mattino, quotidiano del reazionario Eduardo Scarfoglio – spregiativamente definito dal periodico socialista napoletano, La Propaganda, L’uomo di fango – e delle stesse istituzioni chiamate al rispetto delle leggi borghesi, come lo stesso Gaeta lucidamente denunciò in consiglio comunale annunciando le sue dimissioni il 28 giugno 1907.
Le successive elezioni amministrative del 1° marzo 1908 decretarono la pesante sconfitta del blocco, riportando in consiglio comunale un unico socialista, il notaio Alfonso De Martino a fronte dei cinque eletti in precedenza. Nella sezione socialista la resa dei conti fu inevitabile, aggravata dalle stesse divisioni interne al Partito a livello nazionale, dove i più autorevoli leaders erano in perenne lotta, divisi tra posizioni inconciliabili tra loro. In quel primo decennio del Novecento il PSI era lacerato tra il sindacalismo rivoluzionario di Arturo Labriola, la sinistra di Enrico Ferri, l’ala riformista di Ivanoe Bonomi, e gli integralisti di Oddino Morgari, provocando confusione e sconcerto nella base, a sua volta divisa nelle stesse, sterili, fratricide contrapposizioni.
Un terzo, importante risultato del lavoro politico ottenuto dalla sezione socialista fu la costituzione della prima Camera Confederale del Lavoro, sorta il 12 ottobre 1907 e la cui guida fu affidata a Catello Langella, considerato il primo socialista di Castellammare e leader naturale del movimento progressista stabiese, se non altro per aver pagato con il carcere la sua militanza all’indomani dei moti del maggio 1898. Purtroppo la pesante sconfitta politica comportò in breve tempo la scomparsa della stessa organizzazione sindacale cui tanto avevano lavorato in particolare Raffaele Gaeta e lo stesso Langella, che inseguiva da anni l’ambizioso progetto. Deluso e amareggiato Catello Langella emigrò in Australia, mentre con la caparbietà che lo contraddistingueva, Gaeta si rimise al lavoro provando a ricostruire l’organizzazione politica e sindacale, crollata sotto i colpi della stessa ala sinistra del Partito guidata da Vito Lucatorto (1880 – 1938) e dal più giovane Ignazio Esposito (1883 – ?) che accusavano Langella e Gaeta di opportunismo politico, fino a prostituirsi con altre formazioni che nulla o poco avevano da spartire con le idee socialiste. Meno estremista, Vito Lucatorto addolcì l’attacco furibondo parlando di timidezza politica, di generoso altruismo mai ripagato dai succhioni approfittatori, i quali pur di raggiungere lo scopo prefisso non esitavano ad utilizzare ogni mezzo compreso l’alleanza con forze, quelle socialiste, alfine disprezzate.
Incurante degli attacchi Raffaele Gaeta tesseva la sua tela riformista, l’unica possibile in un contesto avverso. Quando le polemiche si placarono e fu ritrovata l’unità, si riprese un minimo d’iniziativa comune e non poteva essere diversamente considerando il numero esiguo di socialisti disponibili a metterci la faccia e a rischiare continuamente l’arresto. Il numero massimo di iscritti al Partito era stato di cinquanta, ma ben presto sotto i colpi dell’emigrazione e della repressione poliziesca rimasero una quindicina, forse meno, ma sapevano di poter contare su un vasto consenso di simpatia elettorale, nonostante la bruciante sconfitta subita alle ultime amministrative. Così lo vediamo partecipare, nell’agosto del 1908, ad un Congresso provinciale socialista, dove fu uno dei relatori ufficiali sul tema della propaganda. L’assise si tenne nella sezione PSI di Portici, nell’ennesimo tentativo di ricostituire una Federazione provinciale e vide anche la presenza di altri due giovani stabiesi: l’agguerrito Ignazio Esposito e il più moderato Catello Marano (1884 – 1971). La partecipazione al Congresso provinciale socialista di metà agosto rappresentò in qualche modo la prima uscita ufficiale della rinnovata organizzazione che si richiamava ai principi marxisti. Nuove forze si erano fatte avanti, nuovi giovani pieni d’entusiasmo come Catello Marano, Alfonso D’Orsi, Achille Gaeta (1892 – 1957) ed altri. Il 1909 si aprì con una serie d’iniziative da parte della sezione socialista e del suo circolo giovanile rinvigorito dalle nuove leve. Cominciò il giovane Marano, fresco dottore in lettere, mettendo in piedi dal 17 gennaio una serie di conferenze sulla Storia universale da tenere nella sezione ogni domenica, mentre altri assumevano iniziative con comizi sul rincaro dei viveri o a favore del suffragio universale, il professore di matematica, Pietro Carrese, teneva addirittura seminari su argomenti come “Chimica ed elettricità” per chiarire il nesso esistente fra le leggi chimiche ed elettriche e chiudeva il ciclo Andrea Luise con una commemorazione di Giordano Bruno.
L’avvicinarsi delle elezioni politiche generali da tenersi il 7 marzo costrinse la sezione ad interrogarsi su quale condotta tenere dopo la decisione di rompere con l’esperienza del Comitato dei partiti popolari. Furono necessarie ben due riunioni, il 15 e il 17 febbraio per rendersi conto che non vi erano le condizioni per presentare un candidato socialista, anzi non vi era neanche nessuna possibilità di sperare in una buona affermazione del partito: nel collegio elettorale solo Castellammare di Stabia presentava un minimo d’organizzazione socialista, per il resto era completamente assente negli altri comuni.1 Così ancora una volta si rinnovava la sfida tra il semi analfabeta Fusco e l’avvocato Rispoli, e la vittoria arrise al liberale stabiese con 2002 preferenze a favore del candidato istituzionale contro le 916 dell’oppositore repubblicano. Toccò attendere l’estate del 1910 per sperare in una rivincita elettorale, quando a Castellammare si doveva votare per le amministrative del 24 luglio. In quei mesi si era costituita la sezione del partito radicale, poi inaugurata il 7 luglio e una delle sue prime deliberazioni fu quella di non accettare come soci le persone già passate attraverso l’esperienza di altri partiti politici, suscitando l’interessamento dei socialisti, ovviamente interessati a costruire nuove alleanze per le prossime amministrative.2 Il primo giugno la sezione socialista aveva, a sua volta, tenuto un’assemblea, deliberando di scendere in lotta con un programma intransigente e con una lista, composta unicamente da iscritti delle due sezioni, contro tutte le consorterie locali.
I socialisti volevano tornare fortemente a vincere e le prepararono per bene provando a ricostruire la stessa Camera del Lavoro. La sua scomparsa pur provocando una profonda crisi nel campo socialista e più complessivamente nel movimento operaio di Castellammare non aveva portato allo scioglimento di tutte le leghe. Alla naturale, devastante crisi era seguita una fase di riflessione e il successivo cambiamento di alcuni gruppi dirigenti alla testa delle poche organizzazioni di categoria che non si erano sciolte. Sopravvivevano, per esempio, sotto la veste di cooperative, la lega dei metallurgici, guidata da Vito Lucatorto, degli edili con Ernesto Aiello (1879 – 1926) e del credito con Gallo. Le tre cooperative parteciparono l’undici luglio 1909 al convegno operaio di Torre Annunziata per la Federazione Campano Sannita insieme a un nutrito numero di leghe e alle Camere del Lavoro, tra cui Gragnano, Scafati e Torre Annunziata. Leghe e cooperative non facevano, di per sé, una Camera del Lavoro e la mancanza di una struttura più complessiva si faceva sentire trovando eco nella corrispondenza sul settimanale socialista e della Camera del Lavoro di Torre Annunziata, L’Emancipazione, dove un anonimo cronista nella rubrica Corriere di Stabia scriveva:

L’organizzazione di classe non attecchisce. Le ragioni di questo fenomeno si debbono ricercare e nelle condizioni intime delle classi operaie non ancora spoglie delle scorie del servaggio e dei meschini egoismi individuali e nel falso concetto che esse hanno dell’organizzazione di classe credendole un’organizzazione che abbia un carattere politico…3

Ogni dubbio fu superato la sera del 17 luglio 1910, a una settimana dalle elezioni amministrative, quando si decise un pubblico comizio appositamente convocato per ricostituire l’organizzazione camerale. Vi parteciparono un centinaio di operai, parlarono il segretario della Camera del Lavoro di Torre Annunziata, Gino Alfani e l’avvocato Vincenzo De Rosa per la sezione socialista stabiese. La proposta fu messa ai voti e passò all’unanimità, eleggendo quella sera stessa, quale Segretario, Catello D’Auria (1889 – 1914), un giovane commesso del lotto pubblico, poco più che ventenne.
L’entusiasmo non mancava in quei giorni di fibrillazione da campagna elettorale, come sempre tesa e dura, che solitamente accompagnava le elezioni, ma ci fu un momento in cui il blocco dei radicali e socialisti cominciò a tramutare la speranza in qualcosa di più concreto, cogliendo nell’elettorato una nuova fiducia nella coalizione di sinistra. Gli avversari colsero il segnale e si mossero avendo al loro fianco l’intero potere costituito. La base elettorale socialista consisteva nelle maestranze dei cantieri navali, neutralizzata questa forza per i socialisti veniva meno ogni speranza di vittoria, così arrivarono perentorio dalla direzione del regio cantiere, a quattro giorni dalle elezioni, disposizioni a tutti gli operai di lavorare per la domenica del 24 luglio. A queste condizioni la vittoria dei clerico – moderati fu facilitata e arrivò puntuale, pur risicata – per soli 150 voti ma sufficienti ad ottenere la maggioranza dei seggi in palio: 10 su 12. Il blocco portò nel nuovo consiglio comunale soltanto due consiglieri, Giuseppe Scarselli, con 718 voti e Michele salvati con 675, entrambi radicali. Primo tra i non eletti, Raffaele Gaeta che raccolse 654 preferenze. Sarà lunga l’attesa prima di vedere l’alba della vittoria socialista a Castellammare – dovranno trascorrere ancora dieci lunghi anni in uno scenario politico sociale completamente modificato – e quando questa verrà, durerà soltanto 63 giorni chiudendosi nel sangue di sei innocenti vittime per le quali nessuno pagherà rimanendo per sempre un mistero irrisolto.
La nuova sconfitta stavolta non provocò nessuna rottura tra i socialisti, la sezione era viva e doveva avere una sua importanza come dimostra la partecipazione con Vincenzo De Rosa al Congresso nazionale di Milano del PSI in ottobre e dell’otto dicembre, con Raffaele Gaeta, al Convegno Socialista Campano, tenutosi a Torre Annunziata, dove fu eletto un Comitato direttivo di sette persone allo scopo di dirigere il movimento politico e curare il risveglio delle forze lavorative della regione. L’importanza della sezione stabiese veniva dalla elezione, nel ristretto comitato dei sette, dello stesso Gaeta.
Più debole era invece la nuova Camera del Lavoro nonostante lo sciopero del 14 settembre 1910 degli scaricatori di grano del porto, guidati dal loro caporale, Catello Scielzo e la successiva riunione dei tipografi stabiesi che avevano (…) capito finalmente che per tenere fronte ai padroni dovevano organizzarsi (…)4 riunendosi la successiva domenica del 18 settembre presso la sezione socialista per fondare la loro lega e aderire alla nuova Camera del Lavoro, la cui sede doveva probabilmente trovarsi al Corso Vittorio Emanuele 71. Una nuova iniziativa sindacale fu assunta per il 13 novembre, tenendo nella propria sede un pubblico comizio di protesta, per sostenere la durissima lotta portata avanti dalle tessili dello stabilimento Wenner di Scafati in sciopero ormai da diversi mesi, contro il licenziamento per rappresaglia di alcune loro compagne. Alla manifestazione parteciparono come oratori lo stesso segretario della forte Camera del Lavoro di Scafati, il professore Felice Guadagno e Umberto Vanguardia, uno degli animatori dello sciopero di Scafati, militante socialista fin dalla prima metà degli anni novanta, segretario dell’associazione dei panettieri e tra i protagonisti della nascita della Borsa del Lavoro a Napoli. A presiedere l’iniziativa, spiegando le ragioni della manifestazione e facendo la storia dello sciopero, fu Raffaele Gaeta a nome della rinata struttura camerale di Castellammare.5
Certo in questi ultimi mesi del 1910 non si poteva chiedere molto ad una struttura sindacale ancora in fasce, un embrione d’organizzazione costretta a muoversi, come sempre, tra mille insormontabili ostacoli, ma soprattutto contro le insidie del potente clero. Perché per la chiesa bastava poco per gridare al lupo, sentirsi in pericolo e chiamare alla santa crociata i fedeli contro le oscure forze del male rappresentate da un grumo di socialisti. Che tutto questo – soltanto questo – ancora una volta, fosse in ogni modo sufficiente a turbare le notti di quanti tremavano al solo pensiero del pericolo rosso, si evince da una corrispondenza del 4 dicembre 1910 di un anonimo cronista del quindicinale clericale L’Aurora – curiosamente lo stesso giornale che aveva gridato al pericolo rosso nel dicembre 1907 annunciando gli scioperi proclamati dalla Camera del lavoro di Catello Langella – dove chiamava a raccolta le forze cattoliche per opporsi all’avanzata socialista:

(…) i socialisti stanno facendo immensi progressi fra noi, con la Camera del Lavoro e col circolo giovanile. Castellammare, che alcuni cattolici illusi credevano una rocca inespugnabile per la grande fede del suo popolo, ha visto sorgere in poco tempo la sezione radicale, un circolo repubblicano Giovanni Bovio, un circolo giovanile socialista, una sezione sportiva ed un circolo di cultura anticlericale, una Camera del Lavoro, una sezione dell’associazione Giordano Bruno, un circolo del Libero Pensiero e, peggiore di tutti, la ricostituzione della loggia massonica –satanica, Pitagora.6

Sul nuovo devastante pericolo rappresentato dalla massoneria, il quindicinale ritornò nel successivo numero, il 17 del 18 dicembre dove affermò:

(…) per l’opera assidua dell’ex onorevole, avvocato Rodolfo Rispoli, il quale occupa un alto posto in Massoneria, la Loggia massonica Pitagora di Castellammare è stata ricostituita. Essa si è prefissa lo scopo di radunare nel suo seno i principali dirigenti dei partiti popolari per sfruttare il lavoro degli incoscienti giovanotti socialisti. Alla Loggia si sono accostati alcuni vecchi liberali, banderuole di ogni vento, e così è stato iniziato un futuro blocco stabiese. Alla Loggia massonica si deve il sorgere del Partito Radicale a Castellammare ed il circolo di cultura (…) i massoni stabiesi sono riusciti ad infilarsi non solo nel Partito Radicale e repubblicano e quello così detto democratico, ma anche nella sezione socialista, che ormai è asservita alla Loggia.7

Se la stampa cattolica affrontava l’avanzata socialista nel tessuto sociale in termini così preoccupati, addirittura entusiastica era invece la corrispondenza sulla stampa socialista da parte di Alfonso D’Orsi, giovane socialista stabiese figlio di Alfredo, operaio del Regio Cantiere ed ex consigliere comunale eletto nelle elezioni del 1903 nel partito di Alfonso Fusco. Il ragazzo, dirigente della sezione giovanile del PSI, aveva da poco cominciato le sue corrispondenza su La Propaganda e seguiva con trepidazione la lenta evoluzione di questa nuova Camera del Lavoro, di come andò nei mesi successivi rafforzandosi sempre di più con la ricostituzione di diverse leghe operaie al punto da cominciare a preoccupare le forze clerico moderate. A tenere nella città stabiese i discorsi inaugurali per la nuova bandiera della ricostituita organizzazione economica, in occasione della festa del lavoro, anticipata a domenica 30 aprile 1911, vennero Romolo Caggese e il Segretario della Borsa del Lavoro di Napoli, Oreste Gentile. Dopo il comizio, tenuto al teatro Savoia, gli operai stabiesi attraversarono le vie della città. In Piazza Orologio furono accolti dalle grida ostili dei giovani cattolici abbarbicati sul balcone della sede del circolo, G. Dèhcon. Qualche mese prima anche L’Emancipazione si era occupato della nuova Camera del Lavoro stabiese, in una corrispondenza del 25 febbraio, accennando a una riunione tenutasi nella sede della Sottoprefettura, il 15 di quello stesso mese, alla presenza del sottoprefetto Pietro Frigerio (1861-1927).
A rinforzare la giovane organizzazione sindacale arrivò nel maggio 1911, l’inaspettata adesione degli arsenalotti fatta pervenire attraverso il loro Comitato, suscitando notevole entusiasmo negli ambienti operai. Lo stesso entusiasmo colse, forse, ancora una volta 43 falegnami di questa fabbrica, gli unici organizzati in Lega sui 500 occupati, tornando in questo modo ad incrociare le braccia l’11 agosto 1911 per provare a rinverdire una stagione il cui gusto era stato appena provato ma mai assaggiato fino in fondo. Ma la fortuna non fu con loro e furono costretti ad arrendersi dopo pochi giorni di inutile lotta. Sarà tale lo sconforto provocato tra i dipendenti della Cattori da questa ennesima sconfitta che bisognerà attendere il periodo bellico per vedere riaprire un nuovo ciclo di vertenze sindacali tra i metalmeccanici stabiesi. Infatti, solo tra l’inverno del 1915 e l’estate del 1916 vedremo di nuovo protagonisti gli operai della Cattori e quelli delle officine di Catello Coppola, tutti impegnati in un nuovo ciclo di rivendicazioni economiche.
Ma per uno sciopero fallito vi è sempre un altro che ha miglior fortuna: è quando capitò ai 94 tranvieri dipendenti della Società Anonima delle tranvie sorrentine. Questi avevano un orario di lavoro di dodici ore per gli addetti all’officina e di dieci per tutte le altre categorie. Chiedevano aumenti contrattuali, doppio compenso per il lavoro straordinario notturno e un orario di lavoro di otto ore giornaliere, nonché l’abolizione di un atto di sottomissione per il quale potevano essere licenziati senza nessun preavviso né motivazione, infine chiedevano di non procedere a licenziamenti quando si doveva effettuare una riduzione di personale ma di retrocedere ad avventizi gli ultimi promossi effettivi. Il memoriale presentata dalla Lega non trovò però nessuna risposta e la reazione fu lo sciopero proclamato il 18 agosto portando alla completa sospensione del servizio. Su 94 dipendenti, ben 84 erano iscritti all’Associazione Tranvieri Sorrentini, ciononostante la vittoria si fece attendere e solo dopo qualche tempo furono aperte delle trattative fra la Società ed il Consorzio portando un aumento di 25 centesimi al personale viaggiante.8 In questa prima fase, intanto, vedremo ancora uno sciopero, il terzo di quella calda stagione 1911, quello dei segantini e fabbricatori di casse alle dipendenze della ditta Domenico Rosa Rosa, effettuato il 26 settembre. Ma il 2 ottobre, sconfitti, ripresero il lavoro evitando il licenziamento solo grazie all’intervento di mediazione delle autorità di pubblica sicurezza.

3. Fragilità della Camera del Lavoro

Per quanto entusiasta le cronache di quel giovane socialista e per quanto preoccupati, se non addirittura spaventati, potevano essere invece i clerico moderati, in realtà questa Camera del Lavoro, come abbiamo già avuto modo di spiegare, doveva essere, niente o poco più di un dopolavoro. Un’organizzazione economica in grado di gestire, forse, soltanto l’ordinario come appunto lo sciopero dei beccai, senza nessuna forza e capacità, cioè, di effettiva organizzazione operaia e di guida dei vari movimenti di lotta, che qua e là esplodevano, isolati nel loro contesto e per questo destinati alla sconfitta. Tant’è che non fornì una brillante prova di sé nei pochi scioperi esplosi in quella pur bollente estate del 1911: la vertenza d’agosto dei tranvieri aveva una sua forza autonoma, quella dei lavoratori della Cattori finì male e, per quanto ci risulta dalle cronache del tempo, l’intervento della Camera del Lavoro fu poco più che simbolico; neanche intervenne in settembre, quando a scioperare furono gli operai della Rosa Rosa. Addirittura questi non erano neanche organizzati in nessuna lega, né erano iscritti alla Camera del Lavoro. Di questa debolezza fu consapevole lo stesso Segretario arrivando a dimettersi dall’incarico e sostituito, nei primi giorni di settembre del 1911, da Alfonso D’Orsi, appena diciottenne, a riprova dell’importanza data a questa organizzazione dal gruppo dirigente socialista, ormai rassegnato e sfiduciato. In quel frangente la sempre più spenta Camera del Lavoro si trasferì presso la sede degli arsenalotti, al Corso Garibaldi, fino al suo scioglimento avvenuto nel maggio 2012, poiché pochi socialisti rimasti iscritti si sono rifiutati di versare la quota mensile stabilita per il mantenimento di tale associazione.
La sua definitiva scomparsa fu certificata da una relazione del Prefetto del 17 dicembre 1912, quanto, a quella data, elencava le 28 associazioni sovversive esistenti nella provincia di Napoli: Castellammare vi compariva unicamente per la presenza della sezione repubblicana, Giovanni Bovio e per il circolo Democratico. Tra l’altro la sezione repubblicana, intitolata al grande filosofo e uomo politico, tra i promotori della nascita del PRI nel 1895, Giovanni Bovio (1837 – 1903), era sorta soltanto qualche anno prima, nell’ottobre 1910, inaugurata proprio dal figlio dell’illustre repubblicano, Corso, poi passato al PSI nel 1912, annunciandolo con una lettera aperta pubblicata sul quotidiano nazionale del Partito socialista il 19 aprile.
Camera del Lavoro e sezione socialista erano, ancora una volta, scomparse, travolte entrambe dall’ennesima crisi esistenziale. Nell’elenco prefettizio non è citata neanche la Sezione Giovanile Socialista, quella stessa canzonata dall’Aurora nell’ottobre 1910, quando così definiva i suoi militanti:

(…) quattro mocciosi che si ficcano ancora le dita nel naso e che non sono riusciti nemmeno in parte a vincere la loro avversione per la catinella dell’acqua e per la saponetta (…).

Quattro mocciosi, poi diventati sedici pallidi, emaciati giovincelli, riusciti a impadronirsi del Circolo culturale dove spadroneggiavano facendovi propaganda socialista e imponendo l’abbonamento a riviste socialiste, anarchiche e anticlericali. Tra le 28 associazioni sovversive compaiono la Camera del Lavoro di Gragnano con le sue due leghe di mugnai e pastai, quella di Torre Annunziata con la sua Federazione socialista rivoluzionaria della Campania, la sezione socialista e quella repubblicana Luigi Zuppetta. Perfino nella tranquilla, sonnacchiosa Boscoreale è segnalata un’Associazione socialista ma non a Castellammare, ormai evaporata.
Antonio Cecchi (1895 – 1969), il futuro fondatore della ben più forte e, finalmente, autorevole Camera Confederale del Lavoro nell’aprile 1919, così descriveva le condizioni della classe operaia di Castellammare di Stabia prima della guerra, in un suo articolo sul Soviet, del 6 febbraio 1921, all’indomani dei tragici fatti di Piazza Spartaco:

(…) Fino allo scoppio della guerra europea, Castellammare non aveva movimento sindacale e solo un vivace nucleo di socialisti si sforzava di richiamare la coscienza degli operai alla realistica visione della lotta di classe…le basse e miserevoli condizioni di vita in cui si muoveva il proletariato stabiese non consentivano alle masse di comprendere il nostro insegnamento. Vi era tutta una fitta rete d’interessi e pregiudizi che stringeva il proletariato al carro delle cricche e delle clientele locali. Il sentimento…e gli interessi stessi della classe operaia erano soffocati dal fenomeno degenerativo della politica locale. Il fuschianesimo – da Alfonso Fusco, potente uomo politico locale che era stato sindaco e deputato – e il versipellismo dell’ex repubblicano Rispoli, furono le sole luci politiche che fino al 1914 raccoglievano le masse operaie per farle partecipare alla vita politica (…).

Un giudizio duro e senza appello da condividere solo in parte, perché agli operai non venne mai meno il coraggio, la forza di scioperare anche in condizioni avverse. Quella che mancò fu un’avanguardia in grado di interpretare e incanalare queste energie, altrimenti disperse nei mille rivoli dell’individualismo corporativo delle diverse Leghe. Non si spiegherebbe altrimenti l’entusiasmo suscitato dalla nascita della Camera del Lavoro, in quell’autunno del 1907, tra le diverse categorie operaie, quando queste si andarono costituendo nelle diverse Leghe, sotto la spinta dirompente di Catello Langella e della sezione socialista. Un entusiasmo vero spento soltanto in seguito alla dimostrata incapacità della sua direzione politica, così come accadrà nel 1910-11, quando a dirigere la Camera del Lavoro furono chiamati, uno dopo l’altro, due inesperti ragazzi o poco più, Catello D’Auria e Alfonso D’Orsi, entrambi sconosciuti Segretari sicuramente animati da una generosa volontà di riuscire. Ma questo, come la storia c’insegna, da sola non è sufficiente.
All’indomani del Congresso socialista del luglio 1912 di Reggio Emilia, su iniziativa di Leonida Bissolati, vi fu una scissione da destra che portò alla costituzione del Partito Socialista Riformista, seguendo il principio che il socialismo deve operare come può, nell’ambiente in cui vive, legittimando quanti erano favorevoli ad appoggiare il Governo Giolitti. Non sappiamo se a Castellammare ci fu chi seguì la stessa strada, partecipando all’alleanza del blocco elettorale per le elezioni del luglio 2014, propendiamo per il no, non avendo trovato nessuna notizia in merito e di certo nessun eventuale socialista candidato fu eletto nel rinnovato consiglio comunale. Di certo anche a Castellammare si era costituito il Partito Democratico, composto dalle tre anime politiche, quella liberale democratica, radicale e repubblicana, rispettivamente rappresentate da Catello Gaeta, Giuseppe Scarselli e Rodolfo Rispoli. Mancavano i socialisti, ma riteniamo Raffaele Gaeta vicino alle istanze del blocco e se non vi partecipò attivamente forse ciò fu dovuto alla linea estremista seguita dai figli, Oscar e Nino, seguaci delle posizioni di rottura radicale col passato, assunte da Amedeo Bordiga. Le elezioni amministrative furono vinte, guadagnando ben 27 seggi sui 40 disponibili.
Abbandonata definitivamente la politica, Raffaele Gaeta si dedicherà alla sua professione di avvocato, anche se nel 1915 lo ritroviamo vice presidente del Consorzio Agrario, probabilmente quale premio per la sua vicinanza politica al blocco e per l’amicizia che lo legava da sempre ai suoi maggiori esponenti. In quella fase, il nostro Gaeta fu anche attivo membro di un Comitato per l’assistenza a favore delle famiglie dei militari richiamati alle armi per partecipare al primo conflitto mondiale, probabile segno di un suo schieramento a favore dell’intervento dell’Italia nella Grande Guerra. La sua eredità politica sarà raccolta dai figli Oscar, Guido e Nino. Il primogenito Oscar, già segretario del circolo giovanile socialista stabiese nel 1914, fu tra i fondatori del PCd’I nel gennaio 1921, delegato al Congresso di Mosca della Terza Internazionale nell’estate di quello stesso anno, redattore nel 1922 della rivista teorica, Rassegna Comunista e nel secondo dopoguerra tra i protagonisti della ricostruzione della Lega delle cooperative fin dal 1945 e dell’Unipol di cui fu il primo Presidente negli anni sessanta, Guido, ingegnere iscritto al Psi fin dal 1913, fervente antimilitarista nel 1914, attivo militante della sinistra socialista e del PCd’I fino all’avvento del fascismo,Gaetano detto Nino, esponente socialista di primo piano negli anni quaranta, direttore dell’edizione napoletana dell’Avanti!, condirettore del quotidiano La Voce, organo dei partiti comunista e socialista, dell’organo della CGIL, Lavoro e tra i fondatori del quotidiano, Paese Sera. Tra i numerosi incarichi ricoperti in quel burrascoso secondo dopoguerra ci fu quello di direttore della Lega dei Consumatori, che aveva sede in via Medina.
All’indomani dell’attentato a Mussolini del 31 ottobre 1926, la sua casa, al Corso Vittorio Emanuele, fu assalita e devastata da un manipolo di fascisti provenienti da Napoli con il chiaro intento di vendicare il Duce scagliandosi contro le più note famiglie antifasciste. Lo stesso trattamento subì la famiglia paterna di Antonio Cecchi e Achille Gaeta, proprietario del noto Albergo Stabia, messo a soqquadro, mentre nella vicina Torre Annunziata, la violenza fascista colpì Gino Alfani, Filippo Russo e altri esponenti di sinistra.
Per motivi a noi ignoti, Raffaele Gaeta lascerà Castellammare il 23 luglio 1935, ormai settantaquattrenne, con la moglie e i figli Oscar e Nino, ancora celibi, trasferendosi a Napoli e di loro rimarranno solo poche esili tracce. Nel 1934 Oscar aveva detto sì al fascismo provocando un probabile terremoto in famiglia al punto da essere questo, forse, il motivo del trasferimento familiare dei Gaeta. Nel marzo 1939 Oscar, con Pasquale Pecorelli e Giuseppe Candia, pubblicò un fascicoletto di otto pagine, una sorta di Pro memoria, come loro stessi lo definirono, intitolato, l’autarchia e la bonifica del Pantano di Sessa. Poi, nel 1940, emigrò a Roma sposandosi con Ines Borsatti e qui morirà il 16 dicembre 1977. Guido, l’antico antimilitarista, si era già trasferito a Milano nel giugno del 1933, manifestando aperta simpatia per il fascismo, mentre il solo Nino, l’ultimo dei Gaeta, rimaneva a difendere gli antichi ideali.
Raffaele Gaeta non si muoverà più da Napoli. Ebbe la ventura di vedere la caduta del fascismo, di assistere alle gloriose Quattro Giornate, il figlio Nino partecipare da protagonista alla ricostruzione del Partito Socialista, di cui divenne uno dei massimi esponenti e il primogenito Oscar riprendere il suo posto nel movimento operaio, nonostante la debolezza dimostrata nei confronti del regime fascista durante il ventennio, prima di chiudere definitivamente gli occhi a 83 anni, il 26 febbraio 1944.

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Note:

  1. Il collegio elettorale era composto dai comuni di Castellammare di Stabia, Gragnano, Agerola, Lettere, Pimonte e Casola
  2. Avanti! 30 maggio 1910 “Nuova associazione” e 9 giugno “la sezione radicale”
  3.  L’Emancipazione n° 22 del 4 giugno 1910 “ Necessità dell’organizzazione di classe”
  4.  La Propaganda n° 890 1° ottobre 1910 “Organizzazione” di Alfonso D’Orsi
  5.  Cfr., La Propaganda, 19 novembre 1910 “Un pubblico comizio per i fatti di Scafati” di Nello ma anche Il Mattino del 16 novembre 1910 “Comizio” di Gaetano Celotto e l’Avanti!  del 15 novembre “Per le tessitrici di Scafati” di Ignazio Esposito
  6.  L’Aurora, giornale politico amministrativo del circondario di Castellammare, anno IV, n° 16 del 4 dicembre 1910 “La nuova tattica della massoneria stabiese
  7.  Ibidem, 18 dicembre 1910 “Ancora la massoneria stabiese” 
  8. ACS BUL, vol. 20, n° 1, luglio 1913, pag. 40

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