Archivi tag: dott. Raffaele Scala

Catalessi a San Catello

San Catello e il curioso caso di catalessi. Correva l’anno 1899

articolo a cura del dott. Raffaele Scala

È sempre pieno di sorprese San Catello. In ogni tempo! Già altre volte abbiamo scritto storie curiose, fatti, persone e vicende legate alla sua festività, anzi alle sue due festività, perché, come è noto, San Catello si festeggia due volte, il 19 gennaio, giorno in cui  ricorre la sua festa civile e la seconda domenica di maggio, quando è portato in processione per le principali strade cittadine tra due ali di popolazione adorante. Oggi un poco meno, ma ancora resiste, nonostante tutto, non fosse altro per la curiosità dell’evento tramandato da diversi secoli e per la bella giornata di sole che quasi sempre accompagna la sua annuale uscita dalla cattedrale, invitando gli stabiesi, curiosi, turisti e quanti altri a fargli da corona.

San Catello a Piazza Orologio

San Catello a Piazza Orologio

Santo amato e venerato dagli stabiesi, di cui fu vescovo nel VI secolo, nonostante si dica fosse notoriamente protettore dei forestieri, municipio e popolazione non badavano – e ancora non si bada – a spese per le dovute onoranze, tra banda musicale, luminarie, bancarelle, fumi, fuochi e tric trac. Un giornale  del 1910 racconta che se ne andavano in spese municipali dalle 35 alle 40mila lire dell’epoca, circa 164mila euro di oggi, anno del Signore 2023.[1] Continua a leggere

Il Quarto Stato (opera di Giuseppe Pellizza - anno 1901)

Il 1° Maggio a Castellammare di Stabia dalle origini al dopoguerra

Il 1° Maggio a Castellammare di Stabia dalle origini al dopoguerra

articolo del dott. Raffaele Scala

Il principio delle tre otto prevede
che otto ore siano destinate al lavoro,
otto ore alla svago e all’istruzione
e otto ore al sonno.

Il Quarto Stato (opera di Giuseppe Pellizza - anno 1901)

Il Quarto Stato (opera di Giuseppe Pellizza – anno 1901)

PREMESSA:

Quelli che seguono sono semplici appunti di un lavoro appena abbozzato, stralci rubati alle numerose ricerche effettuate negli anni, un puzzle composto alla meno peggio, ma sentivo la necessità di pubblicare qualcosa sulla Festa del I maggio, di dare un senso, al tempo del corona virus, a questa giornata un tempo così importante e ormai declassata a giorno di riposo, da trascorrere chiusi in casa, magari ad ascoltare musica, ovviamente leggera, scacciapensieri. Così in fretta e furia ho provato a mettere insieme i primi maggio vissuti in una Città ex industriale, antica roccaforte rossa al punto da essere definita la Stalingrado del sud. Dai primordi al 1948. Ho provato poi a chiudere questa breve panoramica con delle riflessioni a caldo, non bene ponderate. Ho deciso di lasciarle così, in attesa di una seconda, magari terza stesura che il tempo, la voglia e lo studio mi consentiranno di meglio definire. Perciò chiedo venia delle eventuali inesattezze, imprecisioni e perfino di alcuni acidi commenti ai quali mi sono dedicato in chiusura di questa mia breve panoramica.


La giornata internazionale per la riduzione dell’orario di lavoro

Il I maggio, quella che oggi conosciamo come festa dei lavoratori, nasce in realtà come giornata di mobilitazione per la conquista delle otto ore lavorative in un tempo in cui si era costretti a lavorare almeno 12/14 ore al giorno, con punte di sedici, per sei giorni alla settimana e spesso impiegati  anche la mattinata della domenica per la manutenzione degli impianti. Erano tempi in cui i diritti degli operai erano prossimi allo zero e perfino scioperare era considerato un reato da una legge matrigna che riconosceva esclusivamente i diritti dei padroni. Continua a leggere

San Catello opera del maestro Umberto Cesino - coll. Enzo Cesarano

San Catello, correva l’anno 1923

A proposito di San Catello, correva l’anno 1923, Anno II dell’era fascista

articolo del dott. Raffaele Scala

San Catello opera del maestro Umberto Cesino - coll. Enzo Cesarano

Archivio Libero Ricercatore

Non essendo interessato a questo tipo di argomenti, confesso subito che mi è capitato di leggerlo per puro caso e quindi lo riporto così come l’ho letto. Forse sarà casuale che l’episodio raccontato sia capitato pochi mesi dopo l’avvento al potere di Benito Mussolini, ottenuto con una farsa di colpo di Stato e riuscito unicamente per la complicità di un re imbelle e vigliacco, o più semplicemente complice, come gran parte delle alte sfere delle diverse Istituzioni, politiche e militari. Sarà che da pochi giorni il nuovo Duce aveva varato un decreto che aboliva il lavoro a tempo indeterminato, trasformandolo in contratto annuale e riducendo i salari del 10%, un modo diabolico per tenere sotto controllo i caratteri ribelli, sotto la spada di Damocle del licenziamento, provocando malumori e manifestazioni, duramente represse dal nascente regime. Sarà quello che sarà stato – ci sono più cose in cielo e in terra di quante noi possiamo neanche lontanamente immaginare –  resta di fatto che una cosa simile non era mai accaduta a memoria d’uomo, né sicuramente il vescovo del tempo, il buon Uberto Maria Fiodo, da pochi mesi capo spirituale della Chiesa Stabiana e ben presto andato via, poteva concepire che potesse accadere.  Episodi di fanatismo religioso, di atti inconsulti dettati da una fede cieca e ottusa non erano mancati in passato, ma mai questi avevano sfiorato il santo protettore della cittadina stabiese, ma andiamo alla cruda cronaca del tempo. Un articolo scritto da un anonimo cronista il 5 maggio del 1923, Anno II dell’Era Fascista:

Il due maggio di ogni anno, nella cattedrale di Castellammare di Stabia, ha luogo una cerimonia durante la quale la statua del protettore San Catello, con la partecipazione dei fedeli, viene tolta dalla nicchia che lo racchiude e collocato sotto un baldacchino, nella navata centrale della chiesa. Quest’anno, non sappiamo per quale motivo, questa cerimonia ha avuto una variante per cui la statua è stata collocata invece nella cappella laterale. Questo fatto ha irritato i fedeli che in esso hanno veduto addirittura uno scempio. Continua a leggere

Imperati Alfonso

28 ottobre 1922

28 ottobre 1922: La marcia su Roma da Castellammare di Stabia

            (Fatti, protagonisti e comparse di una tragedia annunciata che nessuno ha evitato)

articolo del dott. Raffaele Scala

PremessaCento anni fa qualche decina di migliaia di camice nere provenienti da tutta Italia, male in arnese, peggio armati, su mezzi di fortuna, molti fanatici, arrivisti di ogni risma e una moltitudine di avventurieri in cerca di facile fortuna viaggiarono verso Roma.[1] Certo non mancavano gli idealisti, patrioti nazionalisti, ex repubblicani ed ex socialisti convinti di marciare per costruire una Italia migliore, come promesso dal fascismo delle origini, quello nato in Piazza San Sepolcro, a Milano  il 23 marzo 1919, dando vita ai Fasci di combattimento, anche se, ormai, nulla era rimasto di quel primitivo idealismo, sepolto dalla feroce  violenza degli ultimi due anni, con gli assassinii di migliaia di antifascisti, gli assalti e la distruzione delle sedi politiche dei socialisti e dei comunisti, delle Camere del Lavoro, delle redazioni dei giornali di sinistra. Una violenza continuata anche dopo la marcia su Roma, mietendo tante altre vittime innocenti, fino all’omicidio eccellente di Giacomo Matteotti nel 1924. Ma anche questo non sarà l’ultimo. Seguiranno, tra tante altre,  le morti, in seguito ai brutali pestaggi, di Piero Gobetti (1901 – 1926) e di Giovanni Amendola (1882 – 1926), a distanza di pochi mesi l’uno dall’altro, per finire con il brutale doppio assassinio dei fratelli, Carlo e Nello Rosselli, sequestrati e massacrati il 9 giugno 1937 in Francia da una squadra di estrema destra su possibile ordine del fascismo italiano.


Il Duomo e Palazzo Farnese

Il Duomo e Palazzo Farnese

Probabilmente la maggioranza di questi squadristi in viaggio verso la capitale d’Italia fin dal giorno prima, era consapevole che tutto si sarebbe risolto come in una sorta di gita fuori porta da concludere con una bicchierata e tanto baccano, e se andava male con qualche scontro con le forze dell’ordine, tanti feriti, forse qualche morto, alcuni arresti e addio fascismo.  Il loro stesso capo, Benito Mussolini ne era convinto, non a caso non si era mosso da Milano e aveva le valige pronte per fuggire nella vicina Svizzera, dove molto probabilmente avrebbe concluso la sua carriera come maestro elementare, o, nei migliori dei casi, come giornalista. Lo stesso Badoglio, non ancora convertito al fascismo, appena pochi giorni prima, il 14 ottobre, aveva dichiarato sicuro di sé di essere pronto ad  affogare nel sangue il nascente fascismo italiano, predicendo che al primo fuoco tutto il fascismo sarebbe crollato.[2] Continua a leggere

Quei terribili giorni del 1943

di Raffaele Scala

( Saggio inedito )

Premessa dell’autore:

Egregio Maurizio, spett.le redazione, in questi giorni sui giornali sono ricordati, con diversa enfasi, lo sbarco anglo americano del 1943, l’armistizio dell’8 settembre, la resistenza che ne seguì, con l’eroismo dei pochi e la viltà dei tanti. Anche Castellammare, come è noto diede il suo contributo di sangue e di eroismo. Altri hanno scritto prima e meglio di me, tra i tanti l’amico Antonio Ferrara, giornalista di Repubblica e emerito Presidente del Comitato per gli scavi di Stabia, anche recentemente sulla rivista Cultura e Società. Quello che ho inviato in allegato è solo un mio piccolo contributo per ravvivare il ricordo di quei giorni lontani, che in tanti hanno vissuto e i sopravvissuti ancora ricordano. Cordiali saluti, dott. Raffaele Scala.

14 febbraio 1943: Il Terzo Reich nel porto di Castellammare (collez. dott. Carlo Felice Vingiani)

A Castellammare di Stabia, come nel resto del Paese, le sofferenze della guerra, fortemente voluta da Benito Mussolini, diventavano ogni giorno sempre più insopportabili per la popolazione e le proteste, innescate dal 1942 per il continuo razionamento del pane, ridotto ormai a 200 grammi giornalieri, non mancavano: sulla scia di quanto accadeva in altre parti anche le donne stabiesi, il 26 febbraio di quell’anno, scesero in piazza facendo sentire la propria voce. Il risultato non si fece attendere e la razione di pane fu aumentata, poca cosa ma sufficiente ad andare avanti fino a quando, nel giugno del 1943, ancora una volta riempirono Piazza Municipio gridando contro il Potestà per il nuovo razionamento del pane. Continua a leggere