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Emozioni

Storie minime

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Emozioni
di Delfina Ruocco 

Diversi mesi fa è venuto nel mio ufficio un signore per affidarmi una pratica; mi ha formulato quesiti, esposto le sue perplessità, chiesti chiarimenti, ed io, come compete al mio ruolo, ho fornito risposte, dissipato dubbi e cercato di esporre nel modo più chiaro possibile qual era l’iter che la pratica avrebbe dovuto seguire. Soddisfatto della consulenza disse che avrebbe meditato su quanto gli avevo detto e sarebbe tornato da me non appena avesse preso una decisione.
Dopo un paio di settimane è tornato; si poteva dare il via alla pratica. Mentre raccoglievo la documentazione e prendevo gli appunti necessari, cercavo di intrattenere una conversazione. Mi piace farlo; sono una chiacchierona e mi piace che i clienti che si rivolgono a me respirino cordialità, si sentano in buone mani, tranquilli e rilassati.

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Scorcio di Castellammare visto dal Campus ex Salesiani (foto Antonio Cimmino).

Ho scoperto, durante la conversazione, che questo signore è un insegnate in pensione; si è parlato del ruolo degli educatori, della responsabilità che questi hanno nella formazione dei giovani e tra una parola e l’altra è venuto fuori che lui aveva collaborato per anni con i Salesiani, quando avevano ancora il loro Istituto qui a C/mare, e seguiva i ragazzi nella loro crescita anche in attività ludiche, organizzando spettacoli teatrali ecc. Continua a leggere

Questione di iniziali al Rione San Marco

Storie minime

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Questione di iniziali

storia di vita vissuta al Rione San Marco

Delfina Ruocco si racconta

Questione di iniziali: il parco della Villa Gabola al Rione San Marco

Questione di iniziali al Rione San Marco

Il Rione San Marco è il quartiere dove sono nata e nel quale ho vissuto fino a una decina d’anni fa. Negli anni ’60 – quelli della mia infanzia, era già abbastanza popolato ma non era ancora stato oggetto dell’esplosione edilizia che ci sarebbe stata da lì a un decennio.

Non tutte le strade erano asfaltate, i negozi erano pochissimi (per gli acquisti si ricorreva agli ambulanti che giravano con i carretti e “davano la voce”), le case erano per la maggior parte quelle costruite dall’I.A.C.P., la Chiesa Parrocchiale aveva visto la luce appena da qualche anno ed erano ancora in via di realizzazione i “padiglioni” delle Scuole Elementari del 3° Circolo.

Gli abitanti del rione erano persone modeste, famiglie di operai, gente per bene che mi ha visto crescere e che porto ancora nel cuore, molti erano gli illetterati e spesso qualcuno ricorreva ai miei genitori (che avevano fatto “le scuole alte”) per leggere o scrivere lettere a parenti lontani.

Queste persone, che a stento sapevano scrivere il proprio nome e cognome, avevano grosse difficoltà nel seguire i loro figli negli studi. Fu così che la mia indimenticabile maestra Angela Barretta – quando eravamo in terza elementare – convocò i genitori delle sue alunne più capaci proponendo loro una collaborazione fattiva per favorire l’apprendimento delle bambine più in difficoltà. In pratica, accoppiò un’alunna brava con una meno brava ed entrambe, così appaiate, avrebbero svolto insieme i compiti a casa.

La compagna di scuola “affidata” a me si chiamava Angela, veniva a casa mia quasi tutti i giorni e quando non poteva, ero io ad andare da lei, accompagnata da mia madre.
Ricordo la prima volta che andai a casa sua, abitava in Via Cicerone, e ho ancora davanti agli occhi me bimbetta, tenuta per mano da mia madre che mi raccomandava di essere gentile, rispettosa ed educata perchè andavamo in casa d’altri.

Giunte a destinazione cominciammo a salire le scale e cercammo il nome alla porta sulla targhetta finché, finalmente, leggemmo “F. Esposito” (cognome di fantasia). Bussammo… Angela ci aprì la porta sorridente e io osservai: “F. Esposito, anche il tuo papà si chiama Francesco come il mio?”. Lei rispose: “No, si chiama Fonzo”.


Storie Minime ( episodi e brevi aneddoti di vita stabiese )

Ispirata dal carissimo amico Corrado di Martino, che nei suoi racconti concentra il potere di sintesi e la buona scrittura, questa rubrica accoglierà le storie e gli aneddoti di formato breve, di coloro che hanno qualcosa da raccontare. Va da sé, che non è necessario essere scrittori, per contribuire è sufficiente che gli scritti siano concisi e relativi al vissuto stabiese.

La rubrica è aperta a tutti, se avete un episodio da raccontare, contattateci quindi all’indirizzo: ricercatoredistabia@libero.it

In ricordo dei miei cari

Storie minime

Storie minime

In ricordo dei miei cari

strada del gesu'

strada del gesu’

E’ il 1° novembre, festa di Ognissanti, segnata in rosso sul calendario, non si lavora. Per me non è mai festa il 1° novembre, anche se non vado in ufficio.
Come molte altre persone, il 1° novembre vado a trovare i miei morti, il pezzo della mia famiglia che non c’è più. Non mi piace farlo, cioè… voglio dire… non mi piace farlo quando lo fanno tutti. Non vado mai al cimitero, non ne ho bisogno, e non ne hanno bisogno neanche loro… mia madre, mio padre, mio fratello, i miei amici… loro sono sempre qui con me, nei miei pensieri, nel mio cuore; non c’è bisogno che io vada nel “luogo deputato” perché loro lo sappiano. Ma ogni 1° novembre ci vado comunque, sennò mi pare come fare Natale senza mettere il Bambinello nel presepe.
Stamattina sono andata. I miei non sono al cimitero, ma in un loculo, nella Chiesa del Purgatorio, a Via Gesù. Non c’è niente da fare, lo so, lo sapevo fin da quando mi sono svegliata; quando vado lì e vedo quel cubo di marmo con scritto “Ruocco” e le foto di mamma, di papà, di Ivo… io mi sento male. E le lacrime riprendono a scorrere, come se il lutto fosse recente e il dolore ancora vivo… e mi vergogno, il dolore è una cosa privata, non mi va di esibire le mie lacrime davanti a una marea di persone che stanno lì a far conversazione, che trascinano quell’enorme scala per raggiungere i loculi più in alto e sbaciucchiare le foto.
Sarò stata lì un quarto d’ora e son scappata via, mi son seduta alla “canesta” con i miei occhiali da sole a coprire gli occhi anche se era nuvolo, e guardavo il mare da lontano. Una giovane mamma seguiva il suo cucciolo che imparava ad andare in bici; un gruppetto di anziani leggeva giornali e commentava risultati di calcio; in villa comunale c’era un discreto passeggio… i miei occhi notavano tante cose ma il pensiero era altrove, era con mamma, con papà, con Ivo… Son stata più vicina a loro mentre ero alla “canesta” che non nella Chiesa del Purgatorio.
Poi ho ripreso il cammino verso casa. Via Mazzini, il palazzo sul Bar Spagnuolo (quello della radio, dove ho tanti ricordi) era “incartato” per manutenzione; l’arco di San Catello, la Piazza con il monumento ai caduti… ho evitato il lungomare e il Corso dove, probabilmente, avrei incontrato gente… preferivo restare sola con i miei pensieri. Santa Maria dell’Orto, il palazzo dove ho lavorato per tanti anni… Via Nocera… i negozi chiusi, meglio così. Un pezzo di Via Denza e poi Via Plinio il Vecchio. Finalmente a casa.

Castellammare di Stabia, lì 1 novembre 2011

Delfina Ruocco


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