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Fig. 2 Il palazzo che ospitava l’Albergo Reale in una cartolina inizio ‘900

Viaggio di uno scozzese a Napoli – Escursione a Castellamare

Viaggio di uno scozzese a Napoli

Escursione a Castellamare

articolo di Gelda Vollono e Lino Di Capua

Premessa

L’articolo che segue è la traduzione dal francese[1] di quello apparso nei numeri 7 e 8, rispettivamente del 28 marzo e 4 aprile del 1842, del settimanale Il Cicerone delle due Sicilie. Guida generale de’ forestieri nel Regno e degl’italiani nell’estero. Esso aveva un titolo parallelo in francese Le Cicerone des deux Siciles …, che dal n. 2 del (20 febbraio 1843) scomparve e pubblicava lavori sia in italiano che in francese, con uscita il lunedì di ogni settimana. Era diretto dal sig. Germando Cavasse e si stampava a Napoli dapprima nella tipografia del Fibreno[2] e poi nello Stabilimento tipografico di Gaetano Nobile[3]. Il primo numero fu pubblicato il 14 febbraio 1842 anche se presumibilmente la presentazione del giornale fu fatta l’anno precedente. Questo perché nell’opera del 1841 Cronica delle due Sicilie di C. De Sterlich, troviamo citato Il Cicerone tra i giornali stampati a Napoli. La sede amministrativa si trovava in via Dei Sette Dolori n. 37 presso la quale c’erano anche gli uffici per gli abbonamenti e la vendita. Oltre che in vari punti della città, il giornale veniva distribuito anche a Roma.

Mac Kintore[4] e la sua famiglia sono i viaggiatori scozzesi di cui si parla nell’articolo. Essi dopo un lungo viaggio da New Aberdeen[5], passando per l’Inghilterra, la Francia sono giunti in Italia. Qui, Imbarcatisi, su una nave, da Genova lambendo i principali porti del tirreno sono arrivati  finalmente a Napoli, dove trovano la loro guida che da adesso in voi sarà denominata Cicerone. Mac Kintore chiede al Cicerone di essere accompagnato con la moglie e la figlia Betty, all’hotel Vittoria, su indicazione di un lord, loro amico, abituato a scegliere sempre durante i suoi viaggi i più grandi alberghi, che sono però anche i più cari. Il Cicerone per discrezione crede bene di dover tacere davanti ad una simile risoluzione decisa in anticipo e, fatto trascorrere qualche giorno, ritorna all’albergo, dove ha lasciato i viaggiatori, per mettersi al loro servizio, aspettandosi già che gli chiederanno di cambiare residenza. A tal proposito si è preparato un bel discorso in favore dell’albergo Ginevra, albergo economico ma elegante e il cui proprietario sig. Monier lo tiene con cura e con ogni attenzione verso tutti i bisogni dei suoi ospiti. Tuttavia quando arriva all’albergo, il portiere gli comunica che la famiglia scozzese si è rifiutata di pagare il prezzo chiesto per le camere e che, consigliata da un affittacamere che opera sulla piazza, si è recata proprio all’Hotel Ginevra. Sentito ciò si dirige subito verso quell’albergo e  Mac Kintore, come lo vede arrivare, lo rimprovera di averli abbandonati, lasciandoli soli all’hotel Vittoria, e aggiunge che se non avesse avuto la prontezza di contestare le tariffe, che gli erano state proposte, avrebbe dovuto pagare per tre camere, un salone e una sala da pranzo, 250 ducati al mese, cifra scandalosa, equivalente egli dice a 500 sterline all’anno, per una camera ubicata in un brutto angolo di un 2° piano su una piazza spazzata dai venti di ogni specie, con la stessa cifra avrei affittato a Londra due case intere a piazza Portland, in via Oxford, a Strand, a … . Il Cicerone lo interrompe e obietta timidamente che non si è a Londra e che non l’ha condotto ma solamente seguito all’Hotel Vittoria.

Superato il momento di incomprensione Mac Kintore chiede al Cicerone nomi di negozi dove poter fare acquisti per sua moglie, per lui e per la casa, di ristoranti che sappiano fare una buona cucina francese, di fabbriche di vini, etc… Questi, avendo capito il tipo di persona che ha di fronte, gli fa una serie di nomi di commercianti e di ristoranti, che sicuramente godranno del suo favore, tuttavia gli raccomanda caldamente che, quando vuole comprare qualcosa, deve offrire un terzo del prezzo richiesto dal negoziante, fatta eccezione per gli alberghi. Infine lo informa sulle escursioni, che si possono fare nei dintorni di Napoli, e cita ad esempio le due città di Portici e di Castellamare, ritenendoli due posti molto interessanti. Mac Kintore risponde che vorrebbe andare a Castellamare usando il treno. Egli ribatte che lo potrà fare tra qualche mese[6] perché per il momento il treno arriva soltanto a Torre del Greco, da dove si potranno recare a Castellamare con una carrozza. Lo scozzese decide di rinunciare a fare l’escursione a Portici in favore di quella a Castellamare, dove vorrà visitare tutto quello che la sua guida riterrà interessante.

Alla prima bella giornata, il Cicerone li va a prendere con una carrozza con la quale si dirigono a Portici (fig.1), da dove salgono sul treno della prima corsa delle otto. La locomotiva Verges, sulla quale viaggiano li porta a Torre del Greco in appena 35 minuti e da lì un’altra carrozza in un’ora li conduce a Castellamare.

Fig. 1 Stazione del Granatello, Portici in una stampa d’epoca

Fig. 1 Stazione del Granatello, Portici in una stampa d’epoca

Durante il viaggio i nostri viaggiatori si soffermano a guardare i terreni sotto il Vesuvio e fanno delle considerazioni che, a distanza di quasi due secoli, sono ancora tristemente attuali: … l’uomo, essi dicono, affida a questo vulcano la sua vita, quella della sua famiglia e qualche volta dell’intera sua fortuna, noncurante del suo domani, eternamente compromesso dai capricci di un vicino tanto pericoloso.

Infine, arrivati nella fertile campagna che precede Castellamare, bagnata dal piccolo fiume Sarno un tempo navigabile, constatano con dispiacere, che le eruzioni di venti secoli hanno ridotto di quasi un terzo l’uso di terre straordinariamente fertili.


Traduzione integrale dell’articolo: Escursione a Castellamare

I nostri viaggiatori sono arrivati sul posto dove si innalza la costruzione perfettamente quadrata del magnifico Albergo Reale[7] (fig.2).

Fig. 2 Il palazzo che ospitava l’Albergo Reale in una cartolina inizio ‘900

Fig. 2 Il palazzo che ospitava l’Albergo Reale in una cartolina inizio ‘900

Si sono affrettati ad ordinare il pranzo, al fine di essere liberi di spostarsi per Castellammare e per la sua piacevole montagna[8], che fa parte del gigantesco monte Sant’Angelo[9]. Il sant’Angelo è stato lanciato là dalla natura per separare i due golfi di Napoli e Salerno, per lasciare all’uno : Amalfi, Salerno, le Sirene e all’altro, Napoli e i suoi dintorni, con il panorama così incantevole della penisola di Sorrento, sempre verde e gioiosa, imbalsamata in primavera dal dolce profumo dei suoi miriadi aranci secolari, soggiorno di pace, di abbondanza e di delizie, che la può scegliere e adottare sia il filosofo con poche risorse che il ricco deluso dal vivere in un mondo corrotto, egoista e invidioso, più diffidente della vera felicità che della sua vana esibizione. Niente è più sana dell’aria pura di questa montagna; niente è più gradevole del ghiaccio[10] del sant’Angelo, caricato per rinfrescare le gole dei napoletani e degli stranieri durante il naturale caldo dell’estate e durante quello non meno soffocante che nasce artificialmente dalla veemenza con cui si danzano i balli preferiti durante la stagione invernale. Continua a leggere

Macchina della Festa

15 agosto 1807: Castellammare in festa

15 agosto 1807: Castellammare in festa

di Lino Di Capua e Gelda Vollono

articolo del 13/01/2011


Gli apparati festivi, intesi come macchine da festa, videro la luce nel XVI secolo, raggiungendo in breve tempo un’espressione artistica di straordinario livello in tutta Europa.
Tuttavia queste vere e proprie opere d’arte, tanto belle quanto effimere, al termine delle manifestazioni erano smontate di modo che oggi è possibile ammirarle solamente in dipinti e stampe coevi. Si può parlare di vere e proprie opere d’arte perché alla loro realizzazione contribuirono i maggiori ingegneri, scultori e pittori del valore di LEONARDO, del PALLADIO, del BRUNELLESCHI, del VASARI, del BERNINI, del SANFELICE, del VACCARO e tantissimi altri ancora.

Macchina della Festa

Castellammare in Festa

L’uso di macchine in occasione di feste o cerimonie nel 600 e 700 si diffuse nelle maggiori città italiane ed europee e certamente non lasciò indifferente la Castellammare di fine ‘700 che, grazie alla politica illuminata dei Borboni, pensiamo alla costruzione del Regio Arsenale, agli scavi archeologici, alla Reggia di Quisisana, era presente sulla scena nazionale ed internazionale: la macchina per l’esposizione del SS. Sacramento che si può ancora ammirare nella chiesa del Gesù e che rappresenta per di più l’unica superba testimonianza attualmente esistente in Campania di un apparato festivo barocco, ci fa intuire la portata del coinvolgimento della nostra città a questa forma d’arte che certamente non dovette essere di scarsa importanza e che sicuramente dovette entrare nella tradizione popolare. Ciò malgrado in nessuna cerimonia, religiosa o profana che fosse, era stata a tutto oggi trovata notizia in fonte documentale, letteraria o grafica dell’impiego di macchine da festa. L’aver quindi reperito la cronaca minuziosa di una festa con impiego di allestimenti trionfali organizzata dal Comune di Castellammare il 15 agosto 1807 per ringraziare Dio della pace ritrovata in Europa e per celebrare l’onomastico di Napoleone 1., è di una tale importanza ed eccezionalità che abbiamo ritenuto opportuno riportarla integralmente. Continua a leggere

Lettera manoscritta

Le miracolose acque minerali di Castellammare

Le miracolose acque minerali di Castellammare

a cura di Lino Di Capua e Gelda Vollono

articolo del 09/03/2011


Nel corso delle nostre ricerche siamo venuti in possesso della copia di un giornale della metà del secolo scorso, il “Roma della Domenica”,  nel quale il giornalista Raffaele Ruggiero riporta la notizia dell’esistenza di un documento: una lunga lettera manoscritta, che reca la data del 23 agosto 1832, indirizzata ad un’Eccellenza e firmata dall’ingegnere costruttore di 1a classe Giuseppe Negri.

Lettera manoscritta

Lettera manoscritta

Quest’ultimo, come si legge nella lettera, precedentemente aveva sostenuto una ipotesi veramente affascinante su una non comune proprietà delle acque minerali di Castellammare, che nulla ha a che vedere con le loro celebri virtù terapeutiche, cioè quella di rendere durevolissimo il legno in esse immerso. Continua a leggere

Stampa d'epoca

Io son Farfalla e volo

Io son farfalla e volo[1]

(Canzoncina con testo di Carlo Mele e musica Manoscritta di Gaetano Donizetti)

( articolo di Gelda Vollono & Lino Di Capua )

articolo del 28/05/2022

Stampa d'epoca

Stampa d’epoca

A partire dalla seconda metà del Settecento, furono molti gli avvenimenti che concorsero a far diventare la nostra Castellammare una delle città più frequentate dal gotha dell’aristocrazia, della diplomazia e del mondo culturale nazionale ed internazionale.

Ne citiamo alcuni cominciando dalla riscoperta dell’acqua media[2] nel 1754 da parte del frate Tommaso Ricciardi[3], che spinse il nostro illuminato re, Ferdinando IV di Borbone, a inviare da Napoli i più valenti studiosi e scienziati[4] dell’epoca, perché studiassero le proprietà chimico-fisiche delle sorgenti minerali stabiesi. Riconosciute quasi miracolose da essi, incominciarono ad attirare folle di forestieri sempre più numerose, che accorrevano a Castellammare per curarsi.

Fu tuttavia il figlio, Francesco I, nel 1828 a inaugurare il primo stabilimento termale fatto costruire su progetto dell’architetto stabiese Catello Troiano[5], ma aperto al pubblico nel 1833, con grandi festeggiamenti celebrati dal giovanissimo Ferdinando II. Castellammare riacquistava così a pieno merito l’antica fama di “Città delle acque” (figg. 1 e 2). Continua a leggere

Fig. 1 Particolare della carta del genio militare del 1812 conservata presso la biblioteca nazionale di Napoli.

Dal Torrione al Palazzo Spagnuolo

Dal Torrione al Palazzo Spagnuolo

(1790 -1857)

( articolo di Gelda Vollono & Lino Di Capua )

articolo del 24/04/2022

Gran Caffè Napoli

Gran Caffè Napoli

Castellammare di Stabia aveva una cinta muraria che partiva dall’attuale piazza Principe Umberto I° e, percorrendo la linea di costa, arrivava fino a piazza Fontana Grande, da dove risaliva fino al Castello. Lungo il suo perimetro erano posizionate alcune torri costiere, tra le quali quella del Quartuccio, costruita nel 1346. Nel 1798, con l’abbattimento della muraglia rimasero solo le torri, pertanto il 13 aprile 1802 il Comune (Generale Direzione), con atto del notaio Vincenzo Maria Bruni[1], vendette la Torre del Quartuccio, Torrione[2], al sig. Michele Stanzione[3]. Per la perizia di stima era stato incaricato l’arch. Catello Trojano[4] che valutò “l’area della Torre di palmi[5] 49,5 per 37,5 (ca. 12,87×9,75mq=125,5mq), comprese le grossezze dei muri”[6] (fig.1).

Fig. 1 Particolare della carta del genio militare del 1812 conservata presso la biblioteca nazionale di Napoli.

Fig. 1 Particolare della carta del genio militare del 1812 conservata presso la biblioteca nazionale di Napoli.

Insieme alla già menzionata Torre si cedette anche una porzione di suolo a seguire di lunghezza palmi 24 (ca. 6,24 m), per cui le due suindicate lunghezze risultarono essere di palmi 73,5 (ca. 19,45 m). Continua a leggere