Giacomino

Il mio amico Giacomino

articolo di Enzo Cesarano

(articolo di settembre 2014)

Il mio amico Giacomino come al solito sta seduto nella piazzetta del vescovato, lo vedo e gli dico di spostarsi perché il fetore è infernale, e lui senza scomporsi mi manda a quel paese.

Giacomino

Giacomino

 

Giacomo è un personaggio che va fuori dagli schemi, è piacevole da ascoltare, perché i suoi racconti sono una miscela tra filosofia spicciola e storie di vita vissuta, della quale lui ha saputo fare tesoro.
A Castellammare è molto conosciuto; la sua notorietà ebbe inizio nella metà degli anni ‘80 quando una mattina decise di fare dei murales. Le sue pitture però non erano destinate ai muri, ma su commissione venivano fatte sulle porte di negozi, le serrande, ecc. Al macellaio ad esempio, disegnava una bella mucca, al fruttivendolo un ricco cesto di frutta e così via, così facendo guadagnava si divertiva e divertiva.
I suoi colori forti e naif ravvivavano e intere strade spente e grigie presero vita grazie alla sua trovata che per quel tempo fu una vera e propria novità perfino i rotocalchi e la stampa nazionale diedero risalto a questo fenomeno cittadino.

Giacomino è anarchico non crede nei simboli politici e religiosi lui mi ha sempre detto: “Gli anarchici non si oppongono perché il loro pensiero è individuale è libero”. Per lui la libertà è dare mezzi di vita, di sviluppo, di benessere ai fanciulli e a tutti coloro che sono impotenti nel provvedere a loro stessi.

Avvicinandomi gli chiedo: “Giacumì sta’ munezza…”, e lui mi racconta: “Una volta il ‘porta a porta’ di cui oggi tanto si parla, lo si faceva già, quando casa per casa passava chillo ca’ chiammavame ‘o munnezzare, quest’uomo veniva cu ‘o sacco ‘ncopp”e spalle, se’ pigliava ‘a spazzatura, e poi svacanteva ‘o sacco dint”o camion. Stu fatto m”o ricordo” e continua a parlare, passandosi la mano sulla barba bianca incolta, facendomi notare altri elementi chiave con i quali già un tempo si operava una sorta di differenziata spicciola e mi racconta dell’allora “sapunaro”, che passava di casa in casa per ritirare stracci, maglie, cazune, tielle, roba vecchia, per barattare: piatti, bicchieri e posate. E poi parlandomi del cartunaro, che girava cu ‘o trerrote per raccattare la carta e i cartoni che i negozianti lasciavano davanti ai loro esercizi. Le strade così erano sempre sgombre e ‘o cartunaro s’abbuscava ‘a jurnata. Poi c’era ‘0 rammare che raccoglieva ‘o fierro, cancelli, frigoriferi e lavatrici rotte, ‘o rammaro, caricava tutto con la caretta e vendeva per rivendere gli oggetti raccolti a Serpetiello, e così tutto era più facile!
Finito di raccontare mi offre il suo braccio e con quel suo modo di fare che nasconde una ironia tutta sua, mi dice: “Siamo scampati all’eruzione del ‘79, figurati se non resisteremo alla ‘mmunezza e ‘a chisti chiaveche!”, rivolgendo lo sguardo al vicino palazzo del potere…

Enzo Cesarano

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *