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1901 – Brin (Corazzata)

1901 – Brin (Corazzata)

Tratto da: Illustrazione Italiana 

Anno XXVIII  n. 46  17 novembre 1901

1901 – Brin (Corazzata)

1901 – Brin (Corazzata)

note:

Il Benedetto Brin era una nave da battaglia della Regia Marina, appartenente alla classe Regina Margherita. La progettarono l’ispettore del genio navale Benedetto Brin e il generale Ruggero Alfredo Micheli. I lavori iniziarono nel 1899 nei cantieri navali di Castellammare di Stabia. La nave fu varata nel 1901 e consegnata alla Marina nel 1905. Il 1º aprile 1906 ricevette la bandiera di combattimento ed entrò in servizio attivo.

Durante la guerra italo-turca del 1911-1912, il Benedetto Brin svolse un ruolo importante. Partecipò allo sbarco a Tripoli nel 1911. L’anno dopo operò nel Mar Egeo, impegnata in pattugliamenti e missioni di supporto. All’epoca era una delle navi più moderne della flotta italiana.

Il 27 settembre 1915, alle 8:10 del mattino, esplose nel porto di Brindisi. L’esplosione della santabarbara causò l’affondamento immediato. Le ipotesi furono diverse: un guasto alle munizioni, un sabotaggio austriaco, oppure un’azione di italiani attirati da ricompense nemiche.

Nel 2015, a cento anni dall’evento, la Marina Militare chiarì le cause. Si trattò di un incidente legato a nuovi esplosivi, introdotti troppo di recente per essere del tutto stabili. Fu una tragedia simile ad altre accadute in quegli anni ad altre marine militari.

Nell’affondamento morirono 21 ufficiali e 433 tra sottufficiali e marinai. Tra loro anche l’ammiraglio Ernesto Rubin de Cervin e il comandante della nave, Fara Forni. Si salvarono solo 9 ufficiali e 473 tra sottufficiali e marina.

Emanuele Filiberto (Corazzata) – 1897

1897 – Emanuele Filiberto (Corazzata)

Tratto da: L’Illustrazione Italiana 

Anno XXIV n. 41 10 Ottobre 1997

Emanuele Filiberto (Corazzata) - 1897

Emanuele Filiberto (Corazzata) – 1897

Emanuele Filiberto (Corazzata) - 1897

Emanuele Filiberto (Corazzata) – 1897

Il varo a Castellammare

Il varo a Castellammare

di Maurizio Cuomo

Più che una tradizione il varo è un caro ricordo d’infanzia che ogni buon stabiese porta con sé, vita natural durante.

La nave al suo “battesimo del mare” è il concretizzarsi del lavoro di squadra, che ha dato lavoro a migliaia di operai e un pasto giornaliero ad altrettante famiglie.

Ricordo con assoluto affetto, il “cestino” distribuito al cantiere, che mio padre, sistematicamente sacrificava al personale consumo per condividerlo a casa (una rosetta, un brick di latte, una birra e se andava bene un bicchiere di cioccolata da spalmare).

Il varo a Castellammare

Il varo a Castellammare

Quanti bei ricordi affiorano alla mente quando si pensa al nostro cantiere navale.

Per noi stabiesi, esso non è semplicemente un luogo di produzione o una fabbrica come tante altre.

Non è solo un posto dove si costruiscono navi, ma qualcosa di molto più profondo e radicato nella nostra identità.

Il cantiere rappresenta la storia, il lavoro, il sacrificio e l’orgoglio di intere generazioni.

Molti hanno dedicato la loro vita a quest’arte antica e prestigiosa, tramandando conoscenze e competenze uniche nel tempo

Il varo di una nave non è soltanto un momento tecnico, né un semplice evento da osservare con curiosità: è un’esperienza che tocca il cuore, un’emozione indescrivibile che scorre nel sangue di ogni stabiese, un rituale che si ripete da secoli e che porta con sé la memoria di un passato glorioso.

È un patrimonio inestimabile, un pezzo di storia che ci appartiene e che ci identifica, un’eredità che merita di essere preservata e tramandata con orgoglio.

Oggi, purtroppo, tutto questo rischia di svanire. Il cantiere navale, simbolo della nostra città, è in pericolo, e con esso anche la nostra memoria collettiva, il nostro legame con il mare e la nostra tradizione cantieristica. Perdere il cantiere significherebbe perdere un pezzo della nostra anima.

A nome di mio padre Domenico, oggi operaio in pensione, dedico a tutti gli stabiesi la sottostante sequenza fotografica (di un varo d’epoca), nella certezza che risulterà gradita. Continua a leggere