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Pillole di cultura: Appiccià e stutà

a cura del prof. Luigi Casale

Abbiamo già trattato le parole “accendere” e “spegnere” (oltre alla parola “estinguere”). Perciò ho pensato di andare a visitare le corrispondenti parole napoletane “appiccià” e “stutà”.
Per chi ritiene sia poco limitarsi in questo tipo di ricerca all’origine latina delle parole oppure allo spostamento di significato per via di metafora, vorrei precisare che questo nostro impegno di lavoro è orientato soprattutto a fornire un metodo di lavoro. E mi pare che si possa tranquillamente dire che al punto in cui siamo questo obiettivo sia stato raggiunto.
Così il primo passo è fatto. Eventuali ulteriori passi alla ricerca delle origini delle parole possiamo sempre tentarli, sia che continuiamo a risalire il tempo della storia sia che ci spostiamo in ambiti disciplinari affini o confinanti. Però dobbiamo allontanare da noi l’illusione di raggiungere il capolinea di questo percorso, a meno che non si voglia mantenere la presunzione di penetrare l’atto creativo dell’origine del linguaggio.
Dunque, accendere, spegnere e estinguere, etimologicamente parlando – come a suo tempo abbiamo evidenziato, fanno parte della sfera lessicale (insieme di parole che ruotano intorno ad un tema) del “colore” e della “luce” [Vedi il lemma Accendere (II)]. E faccio notare di passaggio che anche nella lingua francese, sebbene esistano sinonimi appartenenti ad altre sfere lessicali, alcune parole corrispondenti alle italiane “accendere e spegnere” (“allumer” = ad-luminare e “éteindre” = estinguere) si ascrivono alla medesima sfera lessicale, in quanto presentano gli stessi tratti semantici.
Ora mi resta di far vedere i tratti semantici che caratterizzano “appiccià” e “stutà”.
Appiccià = ad-piceare (pix = pece; piceus = imbevuto di pece; picea = abete [resinoso]); quindi “appicciare” = “avvicinare alla pece, alla resina” (sostanza che infiamma).
Stutà = ex-tutare (ex = allontanamento; tutus = sicuro); quindi mettere al sicuro, allontanando (dal fuoco, evidentemente!).
Allora scopriamo che, rispetto ad accendere e spegnere (o estinguere) dove si insisteva sugli effetti luminosi delle due operazioni dell’accendere o dello spegnere il fuoco, i vocaboli napoletani di appiccià e di stutà evidenziano l’atto di avvicinare la sostanza infiammabile nel caso di appiccià, e quello di mettere al sicuro il focolaio con un’operazione di controllo che poteva essere quella di allontanare la fiamma. Ciò dimostra che nella formazione del significato si è passati da una percezione sensoriale dei fenomeni ad una operazione di tipo tecnologica.
Fin qui ci siamo mossi operando solo sulla scorta delle parole.
Ma lavorando in collaborazione con gli storici: delle istituzioni, dei costumi, dell’economia, della cultura materiale, o con gli esperti delle diverse discipline del sapere, i risultati ai quali siamo giunti possono non solo essere verificati, ma confortati, integrati, o arricchiti.
Con questo credo che, piano piano, si vada definendo anche la portata dell’espressione: lingua trasparente, tante volte utilizzata in queste pagine.P.S.: a Castellammare all’ ingresso della vecchia caserma della Guardia di Finanza in via Gesù vi era una lapide che ricordava i finanzieri stabiesi caduti nella seconda guerra mondiale. Il primo nome della lista era “Capitano Giovanni Acanfora”con accanto la dicitura “Disperso”. Anche di questa lapide non se ne sa più nulla.