Pillole di cultura: Lontano

a cura del prof. Luigi Casale

Nell’illustrare il lemma “pagano” il cui valore etimologico è quello di “appartenente al pagus” (parola latina che equivale a villaggio), abbiamo richiamato anche il termine “vicino”, che vale “appartenente al vicus” (quartiere). E abbiamo anche detto che – a rigore – un vocabolo che potrebbe indica il contrario e dell’uno e dell’altro è “urbanus” (appartenente all’urbs = città [Roma]).
A questi aggettivi che indicano una provenienza o appartenenza, possiamo aggiungere anche “villanus” (appartenente alla “villa” = fattoria). Usati come sostantivi essi diventano: il pagano, il vicino, il villano, e, anche se meno usato come sostantivo, l’urbano (il cittadino).
Ora tutti questi nomi nell’italiano contemporaneo hanno perduto la loro connotazione originaria, propria del tratto semantico di “appartenenza ad un gruppo sociologico” (definito in base al luogo), e hanno recuperato un nuovo significato, connotato dalle abitudini di vita e dal comportamento morale. Significato che, pur se aggiuntosi naturalmente in forza dell’uso linguistico (metafora) di queste parole da parte dei parlanti, esso è stato determinato da un pregiudizio egocentrico e discriminatorio di tipo psicologico che tende a differenziare e quindi ad escludere chi è diverso da noi.
Perciò oggi l’opposizione urbano / villano ha come accezione principale quella di “educato / maleducato”. Così come pagano si oppone a cristiano, e vicino è il contrario di lontano.
Così siamo giunti alla parola che vogliamo esaminare: “lontano”.
Essa, come abbiamo detto, si contrappone a “vicino”, sia come avverbio che come aggettivo.
Ora si tratta di cercare di recuperarne la trasparenza attraverso l’indagine etimologica e la storia delle parole, così come abbiamo fatto con “vicino” e con le altre parole già studiate.
“Lontano” è l’adattamento nella lingua italiana di un aggettivo latino medievale: “longitanus”: dalla stessa radice “long-” (che concettualmente indica la distanza).
In epoca classica, infatti, il latino usava le seguenti parole: longus (aggettivo, che significava lungo) e longe (avverbio, che significava lontano).
A questo punto va detto subito che la spazialità (cioè la collocazione relativa di due oggetti) nella lingua latina, quali che siano i vocaboli usati, ha sempre la doppia dimensione dello spazio e del tempo, dimensione che solo il contesto può rendere esplicita e isolare.
Da queste due parole, perciò, derivano: longinque (lontano / dopo un lungo intervallo di tempo), longinquus (luogo esteso / di lunga durata; distante / antico), longinquitas (lunghezza / distanza / lunga durata), longiter (lontano / a distanza), longitudo (lunghezza / lunga durata), longiturnitas (longevità), e, per finire, longitanus (lontano), diffusesi nel medioevo.

 

L.C.

 

 

 

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