Corbezzoli (foto Gennaro Cesarano)

Il Corbezzolo, ovvero ‘a Sovera pilosa

Corbezzolo (Arbutus unedo) foto Nando Fontanella

Corbezzolo (Arbutus unedo) foto Nando Fontanella

Castellammare è una città fortunata, il luogo dove la pianura incontra le montagne, i monti toccano il mare e l’acqua salata si mescola con quella dolce.

In un posto così fatto non si corre mai il rischio di annoiarsi, una semplice passeggiata, fatta in un qualsiasi periodo dell’anno, sa sempre regalarti lo spunto interessante per una riflessione, un ricordo, una ricerca.

Nel mio girovagare per questa terra meravigliosamente ricca, quest’autunno ho avuto modo di soffermarmi a pensare ad una pianta comune nei nostri monti ovvero il Corbezzolo.

Si tratta di una specie diffusissima nella penisola italiana, caratteristica della regione mediterranea cresce dal livello del mare fino a 700- 800 metri di quota. È un arbusto dalla corteccia rossastra e squamosa, molto ramificato che prospera nel sottobosco e nelle zone soleggiate della  macchia mediterranea, raggiungendo solitamente i  2 – 3 metri d’altezza, ma in determinate condizioni ambientali favorevoli  assume portamento arboreo arrivando ad altezze anche di 10 – 12 metri.

Virgilio nelle Georgiche indica questa pianta semplicemente col nome arbustus ossia arbusto, mentre Plinio il Vecchio lo denomina unedo, da “Unum tantum edo”, cioè ne mangio uno solo, per indicare che il frutto, una bacca polposa dal sapore leggermente acidulo che ricorda i frutti del Sorbo (Sorbus domestica L.), sferica di circa 2 cm di diametro, ricca di semi e rivestita da uno strato ruvido e coriaceo, sebbene buono da mangiare non è gradevolissimo e quindi è consigliabile “mangiarne uno”.

Dall’unione di questi due antichi termini deriva il nome scientifico della specie Arbutus unedo deciso nel 1753 dal naturalista svedese Linneo. Mentre il  sapore simile alle sorbe e il ruvido rivestimento del frutto hanno ispirato il nome dialettale “Sovera pilosa” in uso in tutto il comprensorio stabiano e nel napoletano.

Corbezzoli (foto Gennaro Cesarano)

Corbezzoli (foto Gennaro Cesarano)

A Castellammare la cultura popolare ricorda il Corbezzolo per due aspetti legati alla sua utilità, i frutti maturi erano, infatti, uno degli “ingredienti” che rendevano particolarmente gradevole il pellegrinaggio del 24 ottobre alla chiesetta di San Raffaele per festeggiare il giorno dedicato al Santo. Lungo il sentiero che da via Castello, inerpicandosi nella macchia mediterranea, porta alla chiesetta, oggi tristemente abbandonata, numerosi sono i Corbezzoli e dato che la religiosa ricorrenza cade proprio nel periodo in cui i frutti sono maturi, i ragazzi accorsi per i festeggiamenti, un po’ per gioco, un po’ per racimolare qualche soldo erano soliti raccoglierne in grandi quantità ed offrirli ai pellegrini.

In città i Corbezzoli sono ricordati anche per il pesante, compatto ed omogeneo legno facilmente levigabile e ottimo per i lavori di piccola ebanisteria e tornio. Questo legno nelle mani dei sapienti artigiani Stabiesi veniva trasformato in stupende pipe e oggetti ornamentali.

Un artigiano in particolare, da molti ricordato col nome di “Zi’ Papiluccio”, era esperto nella lavorazione di questa essenza. Usava una tecnica che prevedeva la raccolta delle nodose radici e dei torti rami e la loro bollitura, che rendeva il legno bagnato e ancora caldo particolarmente morbido e facile da lavorare, mentre una volta asciutto e secco diventa duro e resistentissimo all’usura del tempo e agli attacchi dei tarli. “Zi’ Papiluccio”, da vero artista, si lasciava ispirare dalla forma intrinseca e unica del legno, ed ecco che ogni radice, ogni ramo, a seconda del caso, della fantasia e dell’occhio esperto dell’artigiano diventava una stupenda pipa intagliata, un serpente, uno splendido posacenere, il manico di un bastone da passeggio e mille altri oggetti ognuno unico nel suo genere, irripetibile perché forgiato a mano seguendo le venature e le nodosità di un piccolo pezzo di legno.

Il Corbezzolo è una specie importante anche per la storia d’Italia, leggenda vuole che fu questa pianta ad ispirare i colori della bandiera nazionale. Il verde il bianco e il rosso del nostro tricolore sarebbero rispettivamente quello delle foglie, dei fiori e dei frutti maturi del Corbezzolo. Questa particolare vivacità cromatica, che dà un tocco di calore e colore al grigiore autunnale, è dovuta alla curiosa caratteristica di quest’arbusto sempreverde di fiorire da settembre a dicembre e fruttificare da agosto a novembre dell’anno successivo, quindi capita che nel periodo autunnale siano presenti contemporaneamente sulla stessa pianta i frutti maturi e i fiori per i frutti dell’annata successiva.

Il Corbezzolo potrebbe rappresenta benissimo la caparbia volontà di noi Stabiesi a non arrenderci alle difficoltà della vita. È una specie resistentissima che ha una grande capacità di rigenerazione, sembra incarnare il motto della nostra città “Post Fata Resurgo”, infatti, potremmo definirla l’Araba Fenice delle piante è tra le prime specie a riprendersi dopo gli incendi. Il passaggio del fuoco riduce in cenere la parte aerea della pianta che in poco tempo però rigenera nuovi rami dai polloni radicali e nel volgere di soli due anni è in grado di fruttificare nuovamente.

Infine questa pianta potrebbe essere il simbolo della nostra generosità, i dolci frutti maturi, prodotti in grande quantità, rappresentano una delle poche fonti di sostentamento autunnale per la fauna selvatica. Uccelli, mammiferi e insetti, se ne cibano in gran quantità preparandosi così al meglio per affrontare il duro e freddo inverno che verrà.

Ferdinando Fontanella
Twitter: @nandofnt



Testi Consultati:

  1. AA. VV., 1980. Gli alberi. Vallardi industrie grafiche, Lainate (MI).
  2. AA. VV., 1990. Frutti di bosco commestibili. Fratelli Malita Editori, La Spezia.
  3. AA. VV., 1990. Le piante utili dimenticate. Emme Erre Libri, Napoli.
  4. AA. VV., 2001. Segreti e virtù delle piante medicinali. Camuzzi Editore, Milano.
  5. De Reugemont G., 1990. Guida delle piante di uso comune. Franco Mizzio Editore, Padova.
  6. Pignatti S., 1982. Flora d’Italia. Vol. II. Edagricole, Bologna.

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