Guglielmo Perez

I Giorni della Memoria a Castellammare di Stabia

I Giorni della Memoria a Castellammare di Stabia

(25 luglio – 30 settembre 1943)

articolo del dott. Raffaele Scala

Premessa: caro Maurizio, dopo un lungo silenzio ritorno con una nuova inedita ricerca sui fatti del settembre 1943, utilizzando alcune, inedite relazioni dell’allora Segretario Generale del comune, poi Commissario Prefettizio ed infine Podestà, prima di ritornare al suo lavoro originario. Relazioni scritte a caldo, nel fuoco di quei giorni terribili che raccontano dell’orrore vissuto, della fame e della disperazione degli stabiesi, la crudeltà nazista, le complicità fasciste. Se vi sono testimonianze di quanti vissero quei giorni ed hanno voglia di raccontare, sono pronto a raccogliere le loro voci. Allego le foto di due protagonisti dell’antifascismo stabiese, immagini inedite di Guglielmo Perez, operaio ebanista e Luigi Blundo, impiegato.

Come sempre ringrazio per lo spazio che mi concedi. Raffaele Scala.

Guglielmo Perez

Guglielmo Perez (antifascista stabiese)

Luigi Blundo

Luigi Blundo (antifascista stabiese)

          Il 25 luglio 1943 fu un giorno traumatico per la metà del Paese, in tanti, i più, si liberarono di camice nere, distintivi e gagliardetti buttandoli nel più vicino bidone della spazzatura, rinchiudendosi in casa o mettendosi al sicuro da probabili, sicure vendette allontanandosi dalla propria città. Vi fu chi pianse, chi giurò vendetta contro il tradimento patito da Mussolini e pronto a dare la propria vita per riscattare l’onore del Paese. In gran parte furono i più giovani, quelli nati e cresciuti nel mito dell’Impero, attratti dal fascino delle parole d’ordine di cui erano pieni i muri dei mille e mille campanili d’Italia, gli altri che corsero a rafforzare la Repubblica di Salò erano i disperati, quelli consapevoli che per loro non c’era speranza di salvezza nel caso fossero caduti vivi nelle mani dei nuovi vincitori, assetati di giustizia e di vendetta. L’altra metà si lasciò andare a festeggiamenti di varia natura, invadendo le strade e brindando allegramente alla ritrovata libertà, lo fecero due volte, ripetendo il giubilo anche nella tarda serata dell’otto settembre, ma ben presto costretti a rinchiudersi nuovamente nelle loro case perché il peggio doveva ancora arrivare, con il suo lungo, interminabile, micidiale colpo di coda nazifascista.  La messa in minoranza del Duce d’Italia nel corso della drammatica riunione del Gran Consiglio e il suo successivo arresto fecero esplodere le mille contraddizioni di una Italia ormai allo stremo, stanca di una guerra che neanche Mussolini aveva in realtà voluta, almeno non nell’anno in cui fu effettivamente dichiarata, quando, ormai convinto della guerra lampo immaginata e voluto da Hitler, volle sedersi al tavolo dei vincitori con il minor danno possibile aggredendo la confinante Francia, già invasa dai nazisti.

          Intanto in quelle calde, belle giornate di fine luglio nessuno poteva immaginare che i giorni più difficili dovevano ancora venire, che la tragedia era dietro l’angolo e, mentre per alcuni fu soltanto l’incubo di poche settimane, per altri sarebbe durata diversi anni, il sangue sarebbe scorso copioso provocando decine di migliaia di morti, molti altri avrebbero conosciuto l’orrore della deportazione e della schiavitù hitleriana nella Germania nazista. In molti, in troppi non sarebbero tornati.[1] Per l’inizio dell’orrore bisogna soltanto aspettare l’8 settembre, la diffusione della notizia sulla firma dell’armistizio, la fuga vergognosa del Re e della sua corte di nani e ballerine da Roma verso il Sud liberato dalla truppe Alleate, l’ex nemico diventato improvvisamente salvatore della Patria. E intanto mentre il re fuggiva, Mussolini, imprigionato sul Gran Sasso, a Campo Imperatore, veniva, il 12 settembre, liberato da un reparto di paracadutisti delle famigerate SS e portato in salvo, prima a Vienna e poi Monaco per far nascere, pochi giorni dopo, l’effimera Repubblica Sociale Italiana, o, più semplicemente, Repubblica di Salò, portatrice di inutili, ulteriori innumerevoli lutti.

          A Castellammare di Stabia quando poco prima della mezzanotte si diffuse via radio la notizia delle conclusioni del Gran Consiglio del Fascismo, con la destituzione di Mussolini, in tutti vi fu la certezza che questo comportava la fine della dittatura. Nonostante l’ora tarda, nella Città delle Acque, come nel resto del Paese, diverse centinaia di persone si precipitarono per strada manifestando la propria gioia, ognuno a suo modo. Erano i tanti, i troppi che in quei venti lunghissimi anni avevano subito ogni sorta di angheria: dall’umiliazione delle purghe pubbliche ai pestaggi, dalla riduzione continuo del salario, già di per sé insufficiente a mantenere la famiglia, al licenziamento, che sovente significava patire letteralmente la fame; dai controlli asfissianti ad ogni ora del giorno e della notte, fino all’arresto e all’invio al confino politico, in alcuni casi per diversi anni. In molte case gli antifascisti si riunirono, finalmente liberi di brindare alla fine del fascismo e alla ritrovata libertà.[2]

          Tanti i nomi che qui potremmo ricordare, alcuni noti, altri meno, i più ormai dimenticati dalla nostra comunità, cancellato ogni ricordo, non vi è una piazza, una strada, un vicolo che li ricordi. O forse sì, se vogliamo considerare via Pietro Carrese (1875 – 1949), uno dei primi consiglieri comunali socialisti nella Castellammare del XX secolo, primo sindaco socialista, poi comunista nel 1920, antifascista, perseguitato politico, scomparso nel 1949. Un altro nome di antifascista è quello di Catello Marano (1884 – 1971), anch’egli attivo militante socialista nel primo ventennio del Novecento, cui hanno dedicato un vicoletto. Bisogna pur dire che, in questo caso, la strada non gli fu intitolata in quanto antifascista e per la sua militanza politica, ma quale riconoscimento al suo valore di eccelso educatore e insigne maestro presso il liceo classico, Plinio Seniore di Castellammare. A entrambi le strade furono intitolate con delibera comunale del 9 dicembre 1987.

      Il primo partigiano stabiese al quale è stato intitolato una strada è Renato Rajola (1916 – 1945), catturato e fucilato nei pressi di Piacenza, mentre un vialetto in villa comunale è stato dedicato al colonnello dei carabinieri, Manfredi Talamo (1895 – 1944), Medaglia d’Oro al valor militare, fucilato alle Fosse Ardeatine. In realtà nessuno dei quattro nomi è legato a quanto accadde nella città stabiese tra il 25 luglio e il 1 ottobre 1943. L’unico nome legato alle vicende stabiesi di quei giorni è, alla fine, quello di Domenico Baffigo la cui lapide commemorativa fu posta nel giugno 1979   sul muro perimetrale della caserma della Marina Militare Cristallina, con la quale si ricorda il sacrificio del comandante del presidio,  il capitano di corvetta, Caduto in questi pressi il 12.09.1943 sotto il piombo della barbarie nazista con un pugno di valorosi marinai nella difesa dei cantieri navali, lapide tra l’altro realizzata su iniziativa della locale Associazione Nazionale Marinai d’Italia e del Consiglio di Fabbrica dell’Italcantieri.  Per il resto non vi è niente che ricordi il martirio di quelle 32 vittime anzi per diversi decenni su quei fatti cadde l’oblio più completo e solo negli ultimi anni vi è un tentativo di ricostruzione dei vari episodi, riportanti alla luce nomi ed eroismi altrimenti sconosciuti. Nessuna traccia e nessun ricordo di quanti imbracciarono le armi rischiando la propria vita, e alcuni tra loro la persero combattendo, altri fucilati dai nazisti. Tra quanti sopravvissero penso per esempio a Luigi Mas e a Worowski Giordano che guidarono altri valorosi contro gli occupanti, oppure a Santolo Contaldo, al diciottenne Agostino Circiello, caduti imbracciando un fucile contro l’invasore giusto per citarne alcuni. [3]

        Tra i primi a tentare la ricostruzione di questa triste fase della nostra storia cittadina annoveriamo il mai dimenticato, Antonio Barone con il suo Pagine di storia, edito nel 1990.[4] Seguirono in questa lodevole iniziativa, Antonio Ugliano e Giuseppe D’Angelo con una serie di articoli pubblicati sul quindicinale locale, L’Opinione di Stabia. Buoni ultimi arrivarono Antonio Ferrara e chi scrive, utilizzando materiale d’archivio inedito, in precedenza non disponibile.

          Bisogna aspettare il 2005, affinché a Castellammare sia riconosciuta la medaglia d’oro al merito civile per il contributo dato alla guerra di liberazione, nello stesso anno sul muro perimetrale dei cantieri navali   viene posta una lapide che ricorda l’eroica e sfortunata difesa da parte del locale presidio militare contro l’assalto tedesco teso a minare gli impianti e sabotare le navi. Inoltre un viale della Villa Comunale viene intitolato al comandante Baffico, con una lapide in cui viene ricordato che il capitano di corvetta fu trucidato nella difesa del cantiere navale. Lapide ormai scomparsa da tempo nel disinteresse delle varie amministrazioni comunali!

          Il primo tentativo di ricostituzione organizzata post 25 luglio fu assunto dai comunisti riunendosi, con socialisti e anarchici, il 22 agosto a Napoli, in un appartamento privato situato nella periferia collinare della città, in località Cappella dei Cangiani, con la partecipazione di una decina di stabiesi.[5]  La riunione finì con l’arresto di 49 su 79 militanti presenti, sorpresi dalle forze dell’ordine nel corso di una discussione in atto sulle iniziative da intraprendere. A informare la polizia fu Vincenzo Vito Lattarulo, una spia dell’Ovra, ed ex confinato politico, a sua volta presente alla riunione da infiltrato.[6]  Qualche giorno dopo, il 24, sull’edizione serale del quotidiano napoletano, Roma, in una corrispondenza da Castellammare, venne pubblicato un trafiletto intitolato, Voce del Pubblico, in cui ci si chiedeva quando sarebbe cominciata l’epurazione, ritenendo il fascismo responsabile di quella inutile guerra. A rincarare la dose il 28 fu trovato affisso sulla porta d’ingresso dell’Ufficio Conciliazione e della disoccupazione un foglietto su cui, una malferma mano anonima, aveva scritto di cacciare via tutti gli ex squadristi impiegati nel comune e si invitavano i giornali a non scrivere più dell’ex Mussolini.

          Ormai era tutto un ribollire d’iniziative, prima caute poi sempre più minacciose, non a caso il pur prudente Commissario Prefettizio, il noto imprenditore e commerciante di legnami, Gioacchino Rosa Rosa (1895 – 1958), fascista convinto e iscritto al Partito fin dal 1925, già il 20 agosto scriveva al Prefetto chiedendo istruzioni su come comportarsi sugli eventuali licenziamenti di personale squadrista, istruzioni da aversi con tutta urgenza ad evitare che le premure fin qui contenute possano dare luogo ad inconvenienti.[7]

          Ancora pochi giorni e a scendere in piazza contro la guerra, una guerra dichiaratamente persa, con gli americani ormai sbarcati in Sicilia fin dal 10 luglio e completamente occupata fin dalla prima metà di agosto, furono il 1° settembre, gli operai delle industrie stabiesi con alla testa Luigi Di Martino il cui antifascismo l’aveva pagato a caro prezzo, con l’arresto e il carcere nel 1936. Non andarono molto lontano, attaccati da un comando misto composto da militari, agenti della pubblica sicurezza, carabinieri, vigili urbani e fascisti, quelli ancora convinti che tutto era ancora possibile, si videro scene di guerriglia urbana tra Piazza Ferrovia e Piazza Principe Umberto. Ci furono 9 feriti e 80 fermati, di cui alcuni arrestati.[8] Quelli rinchiusi nel locale carcere mandamentale del Centro Antico furono liberati due settimane dopo da una folla urlante di donne, consapevoli che se fossero rimasti ancora in carcere, sarebbero stati fucilati dai nazisti, che intanto avevano già occupato militarmente la città.

        La caduta del fascismo in realtà non fermò la guerra, non a caso i bombardamenti aerei s’intensificarono proprio ad agosto e proseguirono a settembre accompagnando lo sbarco Alleato e la loro lenta avanzata verso Napoli, provocando altre distruzioni, morti e feriti.[9] Secondo alcuni l’ultimo bombardamento aereo su Castellammare si verificò il 6 settembre di quel maledetto 1943.[10]

Ben presto la gente si rese conto che il 25 luglio, se da un lato segnava la fine del Duce, non rappresentava la fine dei guai, anzi, questi, quelli veri, sarebbero iniziati subito dopo l’8 settembre, quando fu annunciato l’armistizio firmato a Cassibile (SR) e l’alleato tedesco, diventato ex, mostrò il vero volto, quello duro e spietato dell’esercito di occupazione. A rendere ancora più sanguinario l’atteggiamento germanico fu sicuramente la notizia dello sbarco a Salerno delle truppe anglo americane, pronte a risalire la penisola.

     In concomitanza puramente casuale con quanto accadeva a Napoli, dove i primi scontri tra civili e militari germanici si ebbero il 10 settembre, Castellammare diede il suo contributo alla Resistenza, reagendo da quello stesso pomeriggio, quando i tedeschi entrarono nei cantieri navali per minare gli impianti. L’11 fu il giorno tragico ed eroico nel corso del quale gli stabiesi mostrarono il loro coraggio, da un lato i marinai asserragliati nella caserma Cristallina guidati dal loro comandante, Baffigo, rifiutandosi di consegnare le armi richieste dal nuovo nemico, poi alcuni militari al Corso Vittorio Emanuele ed infine alcuni gruppi, forse isolati tra loro, di civili che impugnarono le armi affrontando in diversi scontri i nazisti meglio armati ed equipaggiati e numericamente superiori. Una lotta senza speranza che lasciò morti e feriti su entrambi i fronti ma il cui esito era già segnato in partenza. Le rappresaglie che seguirono furono terribili, lasciando sul terreno 32 morti, deportando circa duemila stabiesi, rastrellati tra il 20 e il 27 settembre, minando i cantieri navali e facendo saltare alle loro spalle il Ponte de Rosa, meglio conosciuto come Ponte Nuovo, pur risalente al 1859. Per molti chiamato anche, O ponte de Figliole, per le quattro sirenette di ghisa appaiate sulle rispettive testate del ponte. Le avanguardie delle truppe Alleate provenienti da Salerno, appostate comodamente su Agerola da diversi giorni, lasciarono che il peggio accadesse, che la tragedia si compisse prima di scendere tranquillamente, il 29 settembre, da trionfatori, nella Città delle Acque.

     Di quelle due settimane di ferro e di fuoco rimane traccia indelebile in un documento inedito, scritto il 25 settembre 1943, con le truppe germaniche ancora presenti in città, da Eusebio Dellarole, Segretario Capo del comune, facente funzioni di Commissario Prefettizio in assenza del titolare, Gioacchino Rosa Rosa, scomparso dalla circolazione dopo l’otto settembre, quando l’orrore era ancora in corso.

Reputo necessario comunicare a V.E. per sommi capi, quanto si è verificato nel territorio del comune in questi ultimi giorni.[11] A parte la distruzione di tutte le navi, utilizzabili o non, quelle di piccolo e grande cabotaggio, vaporini e simili, sta di fatto che in questo porto furono distrutte tutte le costruzioni ed opere, mobilio ed ogni cosa, con mine predisposte e con grave danno ai fabbricati circostanti.

L’opera di distruzione è durata circa 15 giorni. Per molti anni la classe operaia rimarrà disoccupata.

Il giorno 10, c.m. avendo i soldati italiani e marinai resistito al disarmo brutalmente imposto dalla truppe tedesche, è sorto un conflitto. Sono rimasti morti soldati italiani e tedeschi, 11 tra la popolazione civile, uomini, donne e bambini, oltre un numero imprecisato di feriti, in quanto i soldati tedeschi sparavano contro le finestre, nelle case e sulla folla. Una cannonata fu pure sparata contro una finestra di un fabbricato disabitato, ma mobiliato. Tutto il mobilio andò distrutto.

Il giorno 23 e 24 corrente, venne operata da questo comando tedesco il reclutamento coattivo, acchiappando per istrada la maggior parte degli uomini, quindi anche quelli inferiori ai 17 anni e superiori ai 40 anni. Di seguito questa amministrazione con armi alla mano venne costretta a pubblicare un avviso relativo al reclutamento di tutti i giovani delle classi dal 1910 al 1929, mascherandolo da ragioni di lavoro. Ciò fu dovuto fare per evidenti ragioni di rappresaglia che il comando tedesco aveva minacciato. Furono così reclutati circa 5mila uomini lasciati nei campi di concentramento, privi di vitto ed acqua.

Mi risulta inoltre che i soldati tedeschi, in gruppo di otto o dieci svaligiarono il 22 c.m. verso le 17, l’oreficeria di Lombardi Luigi, di Sergio Alfredo ed altri negozi nel centro della città.  Le auto dei medici ospedalieri e prof Sorrentino e dott. Fortunato Angelo contraddistinte dalla Croce Rossa, furono requisite da questo comando tedesco senza corrispondere alcuna indennità e senza avere rilasciato alcuna dichiarazione di requisizione. Soldati tedeschi hanno pure tolto orologi d’oro a bracciale a cittadini ed orecchini alle donne, senza corrispondere alcuna indennità. Furono requisiti, a mano armata, e senza corrispondere indennità, camions, automobili, suini, cavalli, muli ed asini, ed alcune vacche. Fu sequestrato un carro con cavallo al concessionario del servizio della nettezza urbana mettendolo in condizioni di non poter più eseguire il servizio.

Fu forzata l’abitazione dei fratelli Guaglia in via del Gesù, asportate alcune valigie vuote. Fu forzato il Circolo nautico, asportati alcuni mobili e lasciato in balia della popolazione che poi ha proceduto al saccheggio.

I soldati tedeschi operano perquisizioni nelle abitazioni private con intimidazioni e minacce, sicché la popolazione vive un periodo di terrore senza limiti.

Normalmente i saccheggi si operano dai sodati tedeschi in questo modo: forzano l’abitazione, asportano quello che credono poi invitano la popolazione al saccheggio, prendono le fotografie quale documentario, poi sparano sulla folla.

Stamane venne incendiato e minato il Molino Voiello dove questa amministrazione aveva ammassato 700 q.li di grano, con nafta per azionare un motore diesel (in mancanza di energia elettrica) e procedere alla macinazione e confezione del pane per la popolazione. Mi sono subito rivolto al Comando ed ufficiali tedeschi per frenare l’opera distruttrice, avvertendo, avvertendo che non si poteva trattare di obiettivo bellico o militare, ma di opera di ordine sociale ed economica. Nessuno ha voluto far sospendere l’opera iniziata.

Mi fu possibile, con il personale intervento dei carabinieri, salvare circa 230 quintali di grano. Senonché i sodati tedeschi fecero riportare sul luogo dell’incendio circa 100 quintali, cosparsi di benzina e dati in preda alle fiamme. Pertanto non mi è possibile procedere alla macinazione del grano rimanente e la popolazione da domani è senza pane. Mi riservo di dare una esposizione più dettagliata con la indicazione specifica dei danni subiti. In questo stato di cose non si può ottenere calma e disciplina avendo le truppe tedesche dato motivo a frequenti e continui disordini, privi di ogni sentimento di dignità umana.

Vi prego Eccellenza di fare presente al comando generale tedesco la necessità urgente di richiamare l’attenzione dei singoli comandi dipendenti a che siano vietati tutti gli atti che esorbitano da leggi internazionali e da correttezza umana e civile verso cittadini inermi ed indifesi.

     Questo documento, pur nelle sue evidenti lacune grammaticali e di sintassi, riveste un importanza eccezionale in quanto scritto da un protagonista presente in quei giorni tristi. In realtà il Segretario Capo del comune stabiese, successore del mitico avvocato Adolfo Limarzi (1873 – 1956), un protagonista della vita sociale e culturale di Castellammare per oltre 40 anni, si era rivelato fin dal primo momento convinto sostenitore del regime fascista e finanche collaborazionista con il Comando tedesco fin dal primo momento, non sappiamo fino a che punto obtorto collo. In particolare era la figlia Lucia a collaborare con le truppe occupanti in quanto utilizzata come interprete e notoriamente assidua frequentatrice del locale Circolo Ufficiali tedesco. Alcune informazioni inserite nella relazione al Prefetto si prestano a diverse interpretazioni, quasi a voler coprire alcune manchevolezze e a giustificare preventivamente alcune future richieste di risarcimento per eventuali danni subiti, veri o presunti.

     Intanto tra i primi atti nella sua nuova veste di Podestà, Dellarole su specifica sollecitazione del Comando angloamericano, deliberò la costituzione dell’Ufficio del lavoro comunale per meglio disciplinare l’assunzione di personale presso i vari stabilimenti industriali, dopo le devastazioni tedesche che avevano portato alla loro momentanea chiusura. Per il suo funzionamento fu assunta una ragazza, Amalia Boschi. Un’assunzione a termine considerando che entrò in servizio il 1 novembre per essere poi licenziata il 10 dicembre dal nuovo Commissario Prefettizio, Carlo Vitelli.

     Recitava la delibera del 9 ottobre:

sentita la Consulta, ritenuto che in questi momenti di gravissima difficoltà per la vita cittadina, uno dei problemi di estrema urgenza è quello della disoccupazione conseguente alla distruzione operata dal vandalismo teutonico del nerbo vitale delle industrie stabiesi, come il glorioso Cantiere Navale, i Cantieri Metallurgici, l’Avis, il Molini e Pastificio Voiello, lo stabilimento Cirio, l’Oleificio Gaslini, ecc.; che è d’uopo provvedere  con ogni mezzo alla occupazione delle numerose maestranze stabiesi, mentre si darà opera per ottenere i provvedimenti necessari alla ricostruzione delle industrie cittadine; che non funzionando più gli uffici di collocamento sindacali è necessario ed urgente che il Comune proceda alla costituzione di un proprio ufficio del lavoro col compito precipuo di provvedere al censimento dei disoccupati ed al loro avviamento al lavoro ed inoltre di assistere, se richiesto, i lavoratori e di affiancare studi ed iniziative per la ricostruzione delle industrie cittadine; che per quanto attiene al collocamento dei lavoratori è opportuno  che una apposita commissione composta in maniera paritetica dalle varie correnti sindacali guidi e controlli l’Ufficio del lavoro (…) [12]

   Il povero Dellarole pensava di potersi liberare del suo ingombrante, recente passato di collaboratore delle truppe d’occupazione naziste con qualche delibera e relazione favorevole all’occupazione operaia e interessandosi delle varie problematiche, ma il brusco risveglio gli arrivò ancora prima che se lo potesse aspettare, quando verso le ore nove del 14 ottobre una rumorosa dimostrazione di circa 800 donne si presentò davanti al Municipio chiedendo a gran voce la restituzione dei propri figli portati via con la l’inganno e con la forza dai militari tedeschi. Allo stesso tempo chiedevano con insistenza una punizione esemplare nei confronti del nuovo Podestà, colpevole di essere autore del manifesto con il quale aveva invitato i giovani stabiesi a presentarsi per contribuire alla forza lavoro del Terzo Reich, un terribile inganno nel quale caddero non pochi, attratti da una buona e duratura prospettiva di lavoro, non sapendo della schiavitù che li attendeva e in molti casi la morte.

Nel tentativo di calmare la massa inferocita delle donne, dal Municipio uscì il Capitano americano, Amond. Questi, aiutato dall’interprete Pietro Pavernise, assicurò i presenti il suo fattivo interessamento per ottenere la liberazione di quanti erano stati trascinati via, con le buone e con le cattive. Naturalmente l’ufficiale americano sapeva benissimo di non poter far nulla, ma le sue parole riuscirono in qualche modo a calmare gli animi e a far sgombrare il piazzale dalle dimostranti.[13]

            Se le donne stabiesi l’accusavano senza mezzi termini, non era da meno una relazione del locale commissariato di Pubblica Sicurezza:

(…) Nella mancanza del Podestà ha provveduto finora, con poca competenza e alla men peggio, il Segretario Capo, dottor Dellarole, dietro incarico di questo Comando degli americani. Il Dellarole, che è settentrionale, già sostenitore del fascismo, è inviso alla cittadinanza perché viene accusato, e non a torto, di aver collaborato assieme ad una su figlia nubile, con i tedeschi durante i tristi giorni dei moti terroristici da essi provocati (…).

A mio avviso occorrerebbe quindi che venisse subito nominato un nuovo Podestà e la scelta potrebbe cadere su uno dei seguenti nominativi:

Alfonso Pironti, prefetto a riposo, Avvocato Silvio Gava della Dc, Antonio Padula, generale a riposo del Genio navale, Marano Catello, professore di lettere presso questo liceo e stimato democratico liberale.[14]

            Qualche giorno dopo sul tavolo della prefetto arrivò anche il rapporto dei carabinieri sottolineando la incompatibilità tra il suo incarico di Segretario comunale e l’attuale funzione di Podestà, incarico che in realtà gli era già stato tolto dalla stessa prefettura. A differenza del Commissario di Ps, che aveva proposto una rosa di quattro nomi alla carica di Podestà i carabinieri avanzarono una candidatura unica:

     All’uopo si propone il dottor Vitelli Carlo, fu Antonio e fu De Campora Maria, nato a Castellammare di Stabia il 12 ottobre 1893, celibe. Era iscritto al PNF, per la sua qualità di ex combattente della Grande Guerra ma non svolse mai nessuna attività politica, né ricoprì cariche (…). E’ capitano medico di complemento in congedo, attualmente esercita la professione di medico chirurgo.[15]

Trascorsi una quindicina di giorni senza nessuna decisione in merito, probabilmente per opposti veti tra i diversi poteri, tra i quali quelli del Comitato di Liberazione locale, i carabinieri sollecitarono il Prefetto a nominare Carlo Vitelli, nomina che avverrà il 14 dicembre e che, bisogna sottolinearlo, era a titolo gratuito.[16] Qui si ricorda che il Cln stabiese era sorto verso la metà di ottobre sotto la presidenza del democristiano Silvio Gava e composto dai diversi partiti risorti subito dopo la caduta del fascismo, in particolare dal Pci, dalla Dc, dal Psi, dal Partito d’Azione, Democrazia del Lavoro e successivamente dal Pli.[17]

  Come preannunciato, Dellarole scriverà nuovamente al Prefetto il successivo 10 novembre nella sua nuova veste di Podestà, sia pure dimissionario, incarico affidatogli il 4 ottobre stavolta dal Comando Alleato insediatosi a Castellammare a fine settembre su suggerimento del vescovo, il salesiano Federico Emanuel, in carica alla guida della diocesi stabiese dal 1936. Fu poi sostituito dal medico, dottor Carlo Vitelli, chirurgo presso l’ospedale civico- Vitelli aveva iniziato la sua carriera politica nel 1921 candidandosi, e venendo eletto, nelle elezioni comunali del 10 aprile in una lista opposta alla sinistra socialcomunista. Fu tra i fondatori della sezione stabiese di Italia Libera nel 1924 e aderente ad una loggia massonica, assaltata e distrutta da un manipolo fascista nell’inverno del 1925. Il locale Comitato di Liberazione gli confermerà la nomina a sindaco nella prima bollente fase dell’immediato dopoguerra nonostante il parere contrario del Commissario di Pubblica Sicurezza, secondo il quale il medico era sostenuto dagli elementi estremisti in quanto aveva militato nel partito comunista e ne era tuttora simpatizzante. Oltre Vitelli, ricordava ancora il commissario, gli estremisti sostenevano, in alternativa, un tale ingegner D’Acunzo, del quale purtroppo non siamo riusciti a reperire ulteriori notizie. [18]

Facendo seguito a relazione del 25 settembre scorso (…) reputo necessario comunicare.

Castellammare di Stabia conta 52mila abitanti, oltre gli sfollati. Con la distruzione di tutte le industrie, la classe operaia, composta di circa 9mila operai, è rimasta disoccupata. Dato il carattere industriale della Città, lo stato di disoccupazione si può ritenere che circa 19mila persone versano nella più squallida miseria.

Il comune presenta una situazione grandemente deficitaria con oltre 14.000.000 tra debiti e passività arretrate; il bilancio comunale è di circa 6 milioni.

Il 29 settembre scorso le truppe alleate entrarono in Castellammare. Il Maggiore Sympson, Comandante Civile, nonostante la posizione d’incompatibilità prospettata, giusta la legge comunale e provinciale, mi nominava Podestà, restando nel contempo Segretario Capo del comune. In data 25 ottobre, in dipendenza dell’accennata incompatibilità, ritenni di dover rassegnare le dimissioni di podestà. E’ in corso la nomina di un Commissario Prefettizio.

Tanto al Maggiore Sympson, quanto ai successori Comandanti Civili, americani e inglesi, prospettai la dolorosa e tragica situazione del comune, e cioè:

  1. Provvedere nel più breve termine possibile il grano o la farina occorrente per la confezione del pane e della pasta entro il corrente mese.

In base a requisizioni ed accorgimenti tempestivi, operati tra il 15 e il 25 settembre scorso, è stato possibile dare alla popolazione 200 grammi di pan per ogni settimana, la pasta fino a tutto novembre, il riso fino a tutto ottobre, un po’ di grasso, marmellata e conserva e formaggio. L’acqua non è mancata.

Dato l’insufficiente quantitativo di pane, la popolazione ha rapidamente consumato la razione di pasta, sicché presentemente vive di patate, di verdura e di frutta. Urge provvedere grano e farina. A tale proposito ho costituito una Conferenza tra i Comuni di Castellammare, Sorrento, Vico, Equense, Massalubrense, Gragnano, Pimonte, Agerola, Sant’Antonio Abate, Casola, con il precipuo scopo di provvedere grano e olio alla popolazione.

I proprietari di locali mulini, pur avendo finanziato da tempo circa 13.000 q.li di grano su Foggia, Benevento, Potenza, Cosenza, non è stato possibile ritirare la merce, in parte distrutta dai tedeschi, per la mancanza di mezzi di trasporto e per interferenze delle Sezioni Alimentari.

Anche nel disimpegno temporaneo delle funzioni di Podestà, ritenni prudente farmi assistere da una Consulta che mi ha validamente assistito in ogni azione, parallelamente alla Conferenza dei Comuni della penisola sorrentina.

  1. SUSSIDI MILITARI. Sono stati pagati fino al 15 settembre scorso. Poiché molti prestano ancora servizio militare e molti giovani furono catturati dai tedeschi, rendersi indispensabile autorizzare il pagamento dei sussidi nel più breve termine, secondo la revisione in corso degli aventi diritto, somministrando l’importo.
  2. SUSSIDI AI POVERI. C.A. – Il Comune di Castellammare spendeva per assistenza ai poveri L. 1.030.000 annue. Stante la disoccupazione generale, i poveri del Comune sono saliti da 12.000 a 15.000 circa.

Anche questa erogazione è estremamente urgente, consistendo la stessa in forma di derrate, indumenti, latte, pigioni ecc., a partire dall’ottobre all’aprile.

  1. STIPENDI E SALARI. – Il personale del Comune ha riscosso puramente stipendio o salario a tutto ottobre; gli stipendi e salari base (mensili 150-300-500-1.200-1.900), il rialzo vertiginoso del costo della vita, hanno posto questi dipendenti nella assoluta impossibilità di vivere.

Ancora si deve riscuotere la maggiorazione dell’aggiunta di famiglia dal gennaio 1941 al 30 giugno 1942, la indennità per offese belliche dei mesi di agosto, settembre, ottobre per un ammontare complessivo di L. 500.000.

I Comandanti Civili mi assicurarono il pagamento degli arretrati a fine ottobre, gli stipendi e salari aumentati di ottobre, coi primi di novembre, ma finora non è stato corrisposto nulla ed il Comune ha fatto fronte con mezzi propri, pagando solo stipendi e salari.

  1. – E’ stato costituito un Ufficio del Lavoro e cioè censimento degli operai specializzati e non, reclutamento. Sono stati occupati finora circa 2.000 operai. L’Ufficio Comunale del Lavoro spiega opera assidua con la valida assistenza del Tenente inglese Harding. L’occupazione progredisce ma la massa di operai disoccupati presenta un pericolo continuo e costante. La situazione è gravissima: tutti i giorni una folla imponente minaccia di sovvertire l’ordine pubblico davanti alla sede municipale e gli organi di polizia sono impotenti a contenere la folla. La mortalità dei bambini aumenta e la situazione sanitaria è grandemente pregiudicata. Madri di gemelli che piangono per non poter allevare i bambini, altre mamme che mi presentano i bambini grandemente deperiti, pallidi e smunti, famiglia numerose che non possono sfamare i figliuoli. Vecchi che non sanno come campare la vita, impiegati e salariati che languono e non si reggono al lavoro; operai che sostano muti innanzi a tanta rovina, spose ignare della sorte dei mariti e senza appoggio che reclamano assistenza e sussidi di pane e lavoro.

La prego vivamente, Eccellenza, di prendere a cuore la tragica situazione di Castellammare e di interporre i più urgenti e validi uffici perché sia rapidamente provveduto all’alimentazione della popolazione, al pagamento dei sussidi, degli stipendi e salari, evitando esplosioni atte a compromettere gravemente la vita cittadina.

Con relazioni scritte e verbali ho prospettato quanto sopra ripetutamente a questo Comando Alleato perché avevo sicura fiducia che la situazione incontrasse rapida soluzione e assistenza dappoichè da tempo attendevo la venuta degli Alleati, dato il mio personale irreducibile contrasto verso i Tedeschi, appreso dalle tradizioni storiche del Settentrione in armi e di famiglia, prego Lei, Eccellenza, perché mi aiuti e mi assista in questa fatica che mi toglie sonno e salute.

La prego di gradire i sensi della mia devota considerazione

Il Segretario Capo (Dott. Eusebio Dellarole)

     Il drammatico documento non ha bisogno di commenti, tale è la tragedia che trasuda da ogni riga. La carenza del pane, della pasta e degli altri generi di prima necessità perdurò ancora per tutto il 1944, mentre il razionamento, tramite l’utilizzo delle famigerate carte annonarie proseguì, in alcuni casi e per alcuni generi, addirittura fino al 1949, provocando scioperi e manifestazioni popolari. Non mancarono le accuse di boicottaggio nei confronti dei tanti ancora fedeli al fascismo e ciononostante ancora posizionati in posti delicati e di comando, come ebbe a denunciare il Sotto Comitato di Liberazione stabiese il 22 agosto 1944, accusando, per esempio, la Sepral di Napoli, di essere diretta da elementi più che fascisti che perpetuano nelle direttive del deprecato regime.[19] Fortunatamente per il povero Dellarole, che tra le righe tenta disperatamente di lasciar trasparire un antifascismo che non gli apparteneva, da metà dicembre era stato sostituito dal cinquantenne Carlo Vitelli. Questi tra le numerose incombenze si trovò a gestire la spinosa situazione dell’epurazione dei dipendenti pubblici eccessivamente compromessi con il passato regime.[20]  Non mancarono, come si è detto, vari tentativi di sabotaggio da parte di un nucleo neofascista che si era ricostituito fin dai primi giorni successivi all’armistizio, uno dei più agguerriti, numeroso e pericoloso dell’intera provincia guidati dal professor Giuseppe Abbate, futuro consigliere comunale del Movimento Sociale Italiano fino alla prima metà degli anni Settanta, candidato alla Camera dei Deputati nelle elezioni politiche del 1963, corrispondente locale del Secolo d’Italia.[21] Tra gli atti di sabotaggio tentati dal nucleo neofascista va ricordato la diffusione ad arte delle voci che minacciavano l’imminente chiusura della Navalmeccanica, con il relativo licenziamento degli oltre 2.500 dipendenti, preoccupando non poco il sindaco protempore.[22]

Anche Carlo Vitelli, autorevole dirigente del ricostituito Partito d’Azione, Commissario Prefettizio e poi sindaco pro tempore nominato dal Comitato di Liberazione non durò molto, a sua volta sfiduciato dagli stessi che lo avevano nominato e sostituito il 27 aprile da Alfonso Pironti, ex prefetto a riposo nella primavera del 1944.[23] Non durò molto, il tempo di sapere che a sua volta era stato iscritto al PNF fin dal 1923 e aveva fatto parte dei Comitati provinciali per l’assegnazione del confino politico a La Spezia. Poche settimane dopo subentrò il socialista Raffaele Perna (1880 – 1953), commerciante in terraglia, nominato sindaco dal Comitato di Liberazione locale nel luglio 1944.[24]

A proposito del Sotto Comitato di Liberazione stabiese va sottolineato che Castellammare fu tra le prime città nella quale i vari partiti, subitaneamente risorti dalle loro ceneri, riuscirono a ricostituire una Concentrazione antifascista e dei sindacati prodromo dell’imminente nascita del Comitato di Liberazione. Di questa Concentrazione è rimasta una relazione, datata 16 novembre 1943, nella quale si ricostruiva la drammatica situazione sociale ed economica della città, condizioni che potevano sfociare in qualsiasi momento in forme violente di ribellione popolare. Per evitare tutto ciò la Concentrazione si era appellato al Comando delle Autorità Alleate affinché attuasse una radicale revisione dei salari e degli stipendi, ormai insufficienti anche per sopravvivere, spingendo verso una rapida riapertura delle fabbriche, segnalando senza mezzi termini che i cantieri navali e metallurgici potevano essere largamente utilizzati per la produzione bellica alleata.[25] La Concentrazione era composta da rappresentanti della Dc, Pci, Psi Democrazia del Lavoro e Partito d’Azione. Subentrarono poi i liberali. Tra gli altri vi parteciparono Achille Gaeta e Catello Sorrentino.

    Perna rimarrà in carica fino alle prime, libere elezioni amministrative che si tennero nel marzo 1946 portando al governo della città una Giunta di sinistra guidata dal comunista Pasquale Cecchi.

   Eusebio Dellarole rimase, nonostante tutto, al suo posto di Segretario comunale, fino a quando non fu sostituito da Geremia Ludovico Broccoli, il 15 maggio 1948.[26] Alfonso Pironti continuerà la sua attività politica candidandosi con la Democrazia Cristiana nel consiglio comunale stabiese nelle prime due consiliature repubblicane, mentre Raffaele Perna lo farà con il Partito Socialista del Lavoratori Italiani (PSLI), nucleo scissionista su posizioni di destra del Psi sorto nel 1947, rivestendo la carica di assessore. Nulla si sa di Carlo Vitelli, probabilmente ritornò al suo lavoro di medico presso il locale ospedale San Leonardo.

     Da qui comincia la storia di Castellammare nell’Italia della Repubblica nata dalla Resistenza. Una storia piena di speranze, ma ancor più di promesse mancate che hanno determinato ciò che siamo, purtroppo, diventati.


   P.S.: chiunque sia interessato a contattarmi per fornirmi ulteriori testimonianze, foto o documenti sul settembre 1943 e dintorni, può scrivermi a raffaele_scala@libero.it

Note:

[1] Ricorderemo in questa nota soltanto alcuni nomi a caso delle tante persone scomparse nei cosiddetti campi di lavoro oppure in uno dei tanti lager di cui era disseminato il vasto territorio del Terzo Reich, tra questi Antonio Ferrara (1922 – 1945), Arturo Di Palo (1910 -1944), Ferdinando Schettino (1921 – 1944), Giovanni Schettino (1925 -?), Alberto Amendola (1923 – 1944), Luigi Apuzzo (1917 – 1944) e Guglielmo Acanfora (1910 -?). Tra quanti tornarono segnaliamo Michele Covito (1920 – 2011), deportato a Auschwitz, Umberto De Cunto, Francesco Paolo Pappalardo, Salvatore Donnarumma, Ernesto Buono, Vittorio Russo, Giuseppe Lusciano, Giovanni Battista Donnarumma, Ernesto Manfredonia, i fratelli Alfonso, Giovanni e Raffaele Martone, internati in Germania e Austria, Matteo Cinque e, fortunatamente, tanti altri.

A fine settembre del 1954 si costituì a Castellammare l’Associazione Nazionale ex Internati, con sede in via Bonito 41. Il Comitato direttivo era composto dal Presidente Pietro Gentile, dal vice presidente Oreste Ruggi, dal segretario Carmine Buonocore, dal vice segretario Francesco Del Giudice e dal cassiere Santo Mirabile. Aderirono all’associazione 400 persone. Cfr. ASN, Questore a Prefetto, 2 ottobre 1954, busta 1354

[2] Gli stabiesi condannati al confino politico furono dieci: Achille Gaeta (1927 – 1929), Raffaele Longobardi (1939 – 1940), Catello Sicignano, residente a Terracina, fu addirittura condannato per ben due volte scontando il confino nel 1938-39 e nel 1939 – 40, non meno fortunato fu Espedito Lambiase anch’egli condannato due volte, (1937-39) e  (1940-43), Luigi Bello (1941 – 43), Catello Bruno (1936), Catello Esposito (1936 – 37), Giovanni D’Auria (1926 – 29), Vincenzo Giordano, (1926 – 29)  Antonio Cecchi (1926 – 29) e Umberto Pepe (1927 – 30), questi ultimi tre residenti da tempo a Castellammare ma nativi, rispettivamente di Taranto,  Scafati e Napoli. Cfr. Rosa Spadafore: Il popolo al confino, Edizioni Athena, 1989, ad vocem.

Altri conobbero il carcere, condannati ad uno o più anni. Tra questi primo fra tutti dobbiamo ricordare l’operaio del Regio cantiere, Luigi Di Martino, condannato ad 8 anni di reclusione, stessa condanna per gli studenti universitari, Francesco Marano e Giuseppe De Rosa; Nunzio Martorano, arsenalotto, fu condannato a sei anni, i fratelli Guglielmo e Francesco Perez se la cavarono con cinque anni, condannati per ricostituzione del Partito Comunista e per aver diffuso volantini il 19 gennaio 1936, in ricordo della strage di Piazza Spartaco avvenuta a Castellammare di Stabia il 20 gennaio 1921 a seguito dell’assalto fascista al palazzo comunale provocando la morte di sette persone, tra cui un maresciallo dei carabinieri. Altri antifascisti se la cavarono con la diffida e la persecuzione poliziesca. Ricordiamo Roberto Vingiano, Catello De Angelis, Domenico Santaniello, Amedeo Bacchi e Ignazio Mele.

Il Tribunale Speciale per la difesa dello Stato sarà soppresso con R.D. del 29 luglio 1943

[3]Per tutte le vicende legate alla caduta del fascismo, cfr. Raffaele Scala: L’antifascismo a Castellammare di Stabia (1922 – 1943), di prossima pubblicazione sulla rivista, Cultura & Società, n. 1, 2019

[4]Antonio Barone: Castellammare di Stabia. Pagine di storia. Edizioni Godot 1990. Nel volume cfr. il capitolo decimo intitolato, Il tragico 43, pp. 111 – 120 con il quale si tenta una prima approssimativa ricostruzione della coraggiosa resistenza contro gli occupanti nazisti.

[5] Ricordiamo qui alcuni degli stabiesi partecipanti alla famosa riunione di Cappella Cangiani: Espedito Lambiase, operaio metallurgico, partecipò nel 1925 al famoso incontro con Amedeo Bordiga, nei pressi del fiume Sarno, con altri compagni di Castellammare, tra cui Pietro Carrese e Vincenzo Giordano. Tre settimane dopo fu presente ad una seconda riunione clandestina. Già confinato politico a Pietrelcine (BN), Lambiase fu attivo anche nel Gruppo Spartaco fondato intorno al 1940 da Antonio Cecchi, Libero Villone ed altri, Catello Esposito, vecchia guardia rossa fin dal 1920, al tempo delle occupazioni di fabbrica, condannato al confino politico nel 1936, consigliere comunale e assessore nel secondo dopoguerra, Luigi Blundo, impiegato dei Cmi, poi tornitore meccanico presso la ditta Calce e cementi, noto antifascista fin dal 1926, già denunciato al Tribunale Speciale per aver partecipato con altri alla ricostituzione del Partito comunista nel 1936 e alla famosa protesta del 20 gennaio per ricordare la strage di Piazza Spartaco con l’assalto fascista di Palazzo Farnese nel 1921, successivamente consigliere comunale del Pci Luigi Cuomo, operaio metallurgico, già segnalato fin dal 1925 per aver partecipato con Espedito Lambiase, Vincenzo Caiazzo, Aniello D’Orsi ad altri ad una riunione clandestina nei pressi del fiume Sarno per coordinare le disperse forza comuniste con i compagni di Torre Annunziata guidati da Gino Alfani; Bartolomeo Pappacoda e Gaspare Gaudiero. Di questi ultimi due purtroppo non siamo riusciti a reperire nessun’altra notizia se non che entrambi furono candidati per il Psi nelle celebri elezioni amministrative del 31 ottobre 1920, eletti, si trovarono nel municipio quando questo fu, come abbiamo già ricordato in precedente nota, assaltato dai fascisti. I due furono tra i primi ad essere arrestati e successivamente rilasciati.

[6] Cfr. Giuseppe Aragno: Le Quattro giornate di Napoli, Edizioni Intra Moenia, 2017, pag. 258

[7] Archivio Storico Comunale, d’ora in poi ACS, Commissario Prefettizio a Prefetto, 20 agosto 1943, busta 337,

[8] ACS, Commissario Prefettizio, Gioacchino Rosa Rosa a Prefetto, 2 settembre 1943, busta 359

[9]  Stando ad una relazione presentata dal Sottosegretario di Stato, Ludovico Camangi nella seduta del 9 febbraio 1949, per effetto di azioni belliche nell’abitato di Castellammare di Stabia furono complessivamente sinistrati 545 vani, di ci 45 completamente distrutti e 500 danneggiati. Cfr. Camera dei Deputati, 9 febbraio 1949, Interrogazione di Clemente Maglietta al Ministro dei Lavori Pubblici.

[10] Cfr. Antonio Ugliano: Per non dimenticare, l’Opinione di Stabia, n. 35 di febbraio 2000

[11] Archivio di Stato Napoli, d’ora in poi ASN, Da Municipio Castellammare a Prefettura di Napoli, 25 settembre 1943

[12] ACS, Costituzione Ufficio del lavoro, delibera del 9 ottobre 1943

[13] Cfr. ASN, Lega Territoriale dei Regi Carabinieri, 15 ottobre 1943

[14] Cfr. ASN, Commissario a Prefetto, 8 novembre 1943, busta 413

[15] Cfr. ASN, Legione Territoriale dei RR.CC a Prefettura, 12 novembre 1943

[16] Ibidem, 6 dicembre 1943

[17]   Per le vicende legate alla ricostituzione dei partiti politici, della Camera del Lavoro e dello stesso Comitato di Liberazione locale cfr. Raffaele Scala: L’antifascismo a Castellammare, cit.

[18] Cfr. Raffaele Scala: L’antifascismo a Castellammare di Stabia, cit.

Cfr. inoltre su www.liberoricercatore.it, Quei terribili giorni del 1943, Pubblicato l’8 settembre 2015 e Settembre 1943. I partigiani di Castellammare di Stabia, l’8 settembre 2017.

[19] ASN, Sottocomitato di Liberazione di Castellammare di Stabia a Comitato di Liberazione di Napoli, 22 agosto 1944

La SEPRAL era la Sezione provinciale dell’alimentazione, sorta nel 1939, costituendo un servizio di approvvigionamento nazionale in periodo di guerra alle dipendenze del Ministero dell’agricoltura e delle foreste e un servizio di distribuzione dei generi alimentari dipendente, invece, dal Ministero delle corporazioni. Nel 1945 fu istituito il Ministero dell’alimentazione che assorbì le SEPRAL Questo ebbe vita brevissima sostituito dall’Alto commissariato per l’alimentazione.

[20] Anche Dellarole nella sua veste di Podestà aveva avuto modo di scrivere al Governatore Militare Alleato il precedente 15 ottobre chiedendo lumi sui provvedimenti da adottare a carico di squadristi e fascisti che per la loro intensa attività passata sono ritenuti particolarmente pericolosi. Debbo a tale proposito rilevare – scriveva Dellarole –  che la cittadinanza è rimasta profondamente meravigliata pel fatto che nessuna misura di sicurezza è stata presa nei loro confronti.

Tra gli elementi pericolosi venivano segnalati l’avvocato Arnaldo Fusco, considerato l’anima nera del fascismo locale, già vice federale a Napoli, Mariano Carrese, Giuseppe e Mario Mormone, il medico Raffaele Calvanico, Pietro Girace, Domenico Vanacore. Complessivamente furono circa un centinaio i fascisti considerati facinorosi contro i quali furono presi vari provvedimenti, tra i quali il licenziamento. Cfr. ASC, Da Commissario Prefettizio a Governatore Militare Alleato, 15 ottobre 1943, busta 337. Altri licenziamenti seguirono fino a tutto settembre 1944, prima della sospensione di ogni ulteriore provvedimento in quanto la competenza passava al Commissario Regionale per l’Epurazione. Infine arrivò l’amnistia tombale voluta dal Ministro di Grazia e Giustizia, Palmiro Togliatti, il potente Segretario Generale del Partito Comunista Italiano.

[21] Sul neofascismo stabiese cfr. le due ricerche di Raffaele Scala: Appunti incompleti sul neofascismo stabiese nel dopoguerra repubblicano e il successivo, Leopoldo Siano, storia di un fascista stabiese, entrambi pubblicati su sito web, www.liberoricercatore.it il 28 ottobre 2016 e il 29 ottobre 2017

[22] ASC, Municipio di Castellammare a prefettura, 22 agosto 1944.

[23] Cfr. Comitato di Liberazione Nazionale Napoletano (1943 – 1946), Napoli 1995, pag. 128

Alfonso Pironti, originario di Montoro Inferiore (Avellino), era nato nel 1882. Trasferitosi a Castellammare, scomparirà nel 1955, Entrato in carriera nel 1908, fu nominato prefetto di seconda classe nel 1939. Proveniva da Pistoia dove aveva ricoperto il ruolo di Prefetto dal 26 ottobre 1941 al 15 giugno 1943, prima di essere collocato a riposo per ragioni di servizio. In precedenza era stato prefetto di La Spezia e Pesaro Urbino.

[24] Ibidem, pag. 147

[25] ACS, Legione territoriale Carabinieri di Napoli alla Regia Prefettura, 20 novembre 1943, busta 1030

[26] Eusebio Dellarole era nato ad Avigliano Vercellese il 27 novembre 1883 ed era giunto a Castellammare di Stabia nel 1940, proveniente da Valenza, in provincia di Alessandria.

 

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