Sant'Anna

Jolanda e la sua Sant’Anna

articolo di Enzo Cesarano

Sant'Anna

Sant’Anna

Questa storia minima è ambientata nella Licerta1 del secondo dopoguerra, dove viveva Jolanda, madre di 11 figli, di cui: 6 femmine e 5 maschi. Le femmine erano già sposate tranne l’ultima, Concetta, ma il tempo del matrimonio venne anche per lei, infatti, si sposò col pancione. Il periodo di gestazione era quasi al termine e subito si aprì una discussione tra Jolanda e il genero, il motivo era che tutte le altre figlie avevano partorito nella sua casa non perché era molto grande o spaziosa, ma perché era protetta da una statua enorme di sant’Anna, una icona molto miracolosa, che lei custodiva gelosamente nella sua stanza da letto. In effetti, la prima cosa che si notava, se entravi in quella stanza da letto, era la grande statua di Sant’Anna, di circa 90 centimetri d’altezza, poggiata su una base in legno dorata, era situata su un mobile che in origine doveva essere stato un cassettone per la biancheria, un pezzo di arredamento che ormai era diventato un tutt’uno con la statua, ed aveva, secondo Jolanda, la sua  parte di divinità. Il motivo del disguido fra i due era che il marito di Concetta aveva imposto alla moglie di non partorire a casa della mamma, ma nella propria abitazione e ciò fu l’origine delle tante discussioni, nonostante ciò gli sposi erano fermi nella loro decisione e cosi fu! Quando i dolori incominciarono Concetta fu circondata sia dell’aiuto delle sorelle che dall’amore di sua madre, insieme alla quale le procurarono prima di tutto l’occorrente necessario, poi chiamarono l’ostetrica più conosciuta di allora: ‘a cummara Consalvo, che già aveva aiutato a partorire le altre sorelle. Insomma, tutto era pronto, l’ostetrica faceva il suo mestiere e Jolanda pure, infatti, aveva distribuito i rosari, ma il parto era molto difficile e le grida di dolore della povera Concetta aumentavano sempre più. Jolanda allora chiese dove si poteva trovare una sant’Anna, per poter chiedere l’intercessione del suo infallibile patrocinio, a tale richiesta, il genero prese una statuetta di sant’Anna di plastica che aveva in casa e la mise nelle mani della suocera e fu allora che le urla di Jolanda superarono quelle della figlia che inviperita esclamò: “Mo capisco perché non nasceva… cu’ sta’ scema ‘e sant’Anna e ‘mmo nasce!  Voglio ‘a sant’Anna mia!”. Fu così che Mario, i fratelli e Giulietto corsero in fretta e furia a prendere la santa custodita a casa di Jolanda. Come si potrà capire, la statua in questione non era un “santino” di plastica, perciò caricarla a braccia, portarla e salirla fino all’abitazione degli sposini fu come fare una vera e propria processione. Giunti a destinazione, la Santa fu messa sopra il tavolo da pranzo, circondata da lumini e ceri,  sembrava ‘a chiesa d‘’o Carmine! Jolanda iniziò il rito delle preghiere , fra rosari e invocazioni di tutti i presenti al parto, la levatrice informò alla fine che  il parto era pronto e il piccolo venne finalmente alla luce  fra la gioia e le lacrime di felicità di  tutti. Jolanda impose l’ultimo giro della santa alla casa, poi con fare di donna  saggia, ma da verace  partenopea, chiamò il novello padre Mario, prima lo abbracciò commossa, poi restituendogli la statuetta di plastica, lo fissò severa e nella più assoluta soddisfazione gli disse: ”T’è chesta ‘a puort’‘a mammeta!”.

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Note:

  1. Da “Le Strade di Castellammare di Stabia: i luoghi, i personaggi, le storie” del prof. Giuseppe D’Angelo (pag. 78), apprendiamo che l’antico toponimo “licerta” deriva dalla presenza dell’antica ed estinta famiglia nobile stabiese “Certa” che abitava nella zona, per cui si diceva “luogo dove abitano li Certa” cioè quelli della famiglia Certa.

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