PORTO SALVO

1930 – Scuola… di nuoto all’Acqua della Madonna

Gli anni ’30 a Castellammare
( nei ricordi dello stabiese Gigi Nocera )

PORTO SALVO

Acqua della Madonna (anno 1933)

Avevo allora 7 anni e la mia famiglia abitava nel Palazzo dell’Acqua della Madonna, proprio di “rimpetto” alla fonte dove sgorgava ininterrottamente, giorno e notte, questa buonissima acqua. E, cosa importante, tutti se ne potevano approvvigionare senza pagare nulla. Certo, i signori incaricavano chi il portiere del palazzo, chi l’acquaiuolo più vicino casa, chi uno spicciafaccenda che per guadagnare qualche soldino si prestava a buttarsi nella mischia che si formava sulla banchina per accedere alla fonte che si trovava quasi a livello del mare, dopo essere scesi una scaletta scivolosa di 5/6 scalini. Gli stabiesi venivano da tutti i rioni, anche da quelli più lontani. Considerando però che la città non era estesa come lo è oggi, i più distanti erano quelli che abitavano verso Piazza Ferrovia. Per quelli della Caperrina o di Santa Caterina, di via Bonito o via Duilio giungervi era uno scherzo. Naturalmente dipendeva dalla capacità del contenitore che si voleva riempire (una “mummara”, un fiasco, una bottiglia, una damigianella). Chi abitava vicino si accontentava di un fiasco o di una bottiglia, specialmente se chi doveva affrontare la ressa era piccolo, di età e di statura, come lo ero io. Quanto sto per descrivere a molti può sembrare banale, puerile; ma bisogna considerare che sto parlando di 80 anni fa; quali erano le condizioni socio-economiche della società civile di allora; di come era e cosa era la vita delle famiglie di allora.
Ogni nucleo familiare disponeva (quando disponeva!) di un solo stipendio, un solo salario. I figli, per ogni famiglia: “una folla” (come dice Filumena Marturana nella famosa commedia di Eduardo); quindi le possibilità di mandare i bambini a scuola di nuoto, di danza, a tennis, come per tanti avviene oggi, era assolutamente impensabile. Quello che non potevi imparare a scuola lo dovevi apprendere quasi tutto dalla strada o dagli scarsi insegnamenti dei genitori. Quindi ognuno sopperiva con l’inventiva, con la furbizia, con la malizia, con lo spirito di adattamento di cui era dotato. Insomma, se eri “nu figlio ‘e ‘ndrocchia” te la cavavi quasi sempre. Tutti i fatti cui assistevi oppure eri protagonista, volente o nolente, costituivano una esperienza che poi ti serviva per affrontare convenientemente le evenienze belle e brutte della vita. Di tutto si doveva fare tesoro.

Per comprendere compiutamente quanto di seguito dirò, devo aprire un piccolo squarcio sulle condizioni di vita della mia famiglia. Incominciamo col dire che non avevamo un locale bagno vero e proprio. In un angolo della cucina, di fianco alla “fornacella”, c’era un piccolissimo sgabuzzino con dentro un “cantero”, che potete immaginare a cosa serviva. Poiché questo piccolo locale non era dotato di una fonte luminosa né esterna, né interna, una volta chiusa la porticina si era immersi nel buio più assoluto. Per lavarsi le mani e il volto avevamo quel classico treppiede panciuto fatto di tondino di ferro sagomato (che appare anche nel primo atto di “Natale in casa Cupiello” di Eduardo). Nel cerchio superiore si metteva una bacinella, nel cerchio inferiore si riponeva una brocca piena d’acqua. Sia l’una che l’altra erano di ferro smaltato.
Il bagno completo, cioè lavarci da capo a piedi era il compito domenicale di mio padre. Avevamo una bacinella di ferro zincato nella quale ci sedavamo con l’acqua che arrivava si e no all’ombelico. Prima mio fratello Andrea, poi io. Completata questa prima operazione ci alzavamo in piedi e con una spugna insaponata mio padre ci lavava compiutamente prima la testa poi tutto il corpo. Quando passava la spugna sulla testa strizzandola ci diceva: “Chiude ll’uocchie e ‘a vocca”. Ecco, di questo consiglio mi sono ricordato quando “mi sono dato” la prima lezione di nuoto. Ed ora ritorniamo all’inizio.
Dunque un giorno (penso fosse primavera) di quel 1930, mia madre mi mandò a riempire una bottiglia dell’acqua della Madonna.
Anche quel giorno, come del resto tutti i giorni, un gran numero di persone, vociante e spintonando cercava di avvicinarsi a quei 5/6 scalini che portavano alla fonte. Avevo 7 anni! Piccolo e mingherlino come sono sempre stato, la ressa non mi ha “affigurato” proprio e sono stato spinto in mare dall’alto (per me!) della banchina. Di me in acqua nessuno si è curato. Dopo aver ingurgitato un sorso di acqua salata mi sono ricordato di mio padre: “Chiude ll’uocchie e ‘a vocca!”
E nuotando a “cacciuttiello” sono rimasto a galla. Certo, impaurito; certo, incazzato. Delle mani pietose mi hanno aiutato a salire sulla banchina: senza bottiglia e naturalmente senza l’acqua della Madonna. E’ vero, ma con la consapevolezza che in seguito potevo buttarmi a mare dagli scogli della, per me, mitica banchina e zi’ Catiello, senza correre il rischio di annegare.


P.S.: in seguito, se non me ne mancherà il tempo e la voglia, descriverò la tragedia avvenuta a casa mia quando mi sono presentato bagnato come un pulcino e senza la bottiglia (ciò non perché avevo rischiato di morire annegato, ma perché avevo perso la bottiglia!)

Gigi Nocera

3 pensieri su “1930 – Scuola… di nuoto all’Acqua della Madonna

  1. Francesco Paolo

    Vorrei sapere dal sig, Di Nocera, dato che lui è nato all’acqua della Madonna, se ha avuto modo di conoscere mio nonno che si chiamava Mauriello e mia mamma che si chiamava Mauriello Annunziata che da come leggo dalla data di nascita è coetaneo di mia mamma e se conosceva il mio papà che si chiamava Catello Langella. Mi farebbe piacere, se li conosceva, avere sui ricordi a proposito. Grazie-

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    1. Maurizio Cuomo

      Caro Francesco Paolo, purtroppo, Gigi Nocera, non è più di questo mondo… per noi era un amico, un fratello, un padre e con i suoi scritti ci ha onorato per diversi anni della sua collaborazione. Nonostante la lunga frequentazione: lui era squisitamente gentile nel rispondere alle nostre domande e a qualsivoglia nostra curiosità “storica”, anche noi avremmo ancora tante domande da porgli, ma non possiamo più farlo… grazie comunque per il commento, che attesta ed aggiunge ulteriore stima per questo nostro grande amico! Un abbraccio dalla redazione di L.R.!!!

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      1. Francesco Paolo

        Mi rammarico molto della notizia, non ho avuto l’onore di conoscerlo, ma sicuramente attesa la zona di nascita, conosceva i miei genitori e forse anche mio nonno e tutta la famiglia Mauriello. Purtroppo con la precoce morte di mia mamma e con l’emigrazione a Vico Equense abbiamo perso i ricordi della famiglia Mauriello ! Ringrazio comunque la redazione per l’attenzione e se posso in qualche modo essere utile sono funzionario del Comune di Vico Equense!

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