Vaccariello di San Giovanni

Vaccariello, ovvero quando i bambini giocavano con gli insetti

a cura di Ferdinando Fontanella

Cari Liberi Ricercatori, scrivo per aggiungere alcune “precisazioni” naturalistiche alle interessantissime notizie entomologiche ricavabili dagli scritti, pubblicati nel sito, dagli amici Antonio Cimmino e Luigi Casale, che di seguito riporto in sintesi:

‘E purcelli ‘e San Giuvanne (di Antonio Cimmino)

Nel mese di giugno specialmente in corrispondenza delle festività di San Giovanni Battista, compaiono dei coleotteri di color marrone comunemente chiamati “vaccarielli o purcielli”. Ai miei tempi i ragazzi cercavano di acchiapparli cantando la seguente canzoncina: “Scinne purciello ‘e San Giuvanne, è arrivato ‘o cusutore t’ha purtato ‘nu cazone, ‘nu cazune e ‘na vunnella scenni purciello mio bello”. Quando (molto facilmente) si prendevano questi animaletti, si legava un filo di cotone al corno che stava sulla testa del maschio e lo si liberava. Si otteneva, così, un aquilone animato.

Vaccariello di San Giovanni

Vaccariello di San Giovanni

La lettera del prof. Luigi Casale

Vorrei pregarti di chiedere al dott. Cimmino se è possibile, attraverso il confronto di alcune coincidenze, avanzare qualche ipotesi di analogia o di corrispondenza, sulla usanza infantile (d’altri tempi, peraltro) di giocare colle “vaccarelle” di S. Antonio (così le chiamavamo noi).
Ecco le coincidenze: l’insetto dovrebbe chiamarsi “Lucanus cervus” ed è quello che comunemente è detto “cervo volante”.


In Francia, “giocare a cervo volante” significa lanciare in aria l’aquilone (che credo si chiami appunto cerf-volant = “cervo-volante”).
È tutto. Solo aggiungere un’ultima cosa, recuperata dai miei ricordi. Quello che facevamo noi, ragazzi, nel nostro quartiere.
Durante quelle stagioni primaverili (che era anche quella della nostra età!), insieme alle vaccarelle uscivano i maggiolini, detti “i mùlleri”. E quelli, molto più piccoli di dimensione, oltre ad essere dorati (metallizzati), erano variamente colorati; quindi avevano un diverso valore di scambio fra i ragazzi. Insomma erano più ricercati, specialmente quelli azzurri. Ad essi il filo di cotone veniva legato alla zampetta posteriore. Ma quando o per stanchezza, o forse più probabilmente a causa del nostro maltrattamento, non erano più capaci di volare, dicevamo di averli ammaestrati: li lasciavamo per terra ed essi nel tentativo di riprendere il volo ruotavano sulle élitre (le alette dure e colorate). E noi, per dimostrare che li avevamo addomesticati, assecondavamo il loro movimento con degli ordini da domatori di leoni.

Gli insetti, che tanto orrore suscitano nei ragazzi dei giorni nostri, un tempo sono stati insostituibili compagni di giochi. Il gruppo di insetti che meglio si prestava a far da spasso era quello dei coleotteri, i motivi sono riconducibili ad alcune caratteristiche di questi animali: sono forniti di una possente e dura corazza che li rende particolarmente resistenti (anche alla curiosità di un ragazzino) hanno due paia di ali di cui quello superiore è indurito (elitre) e racchiude, proteggendo, a mo’ di astuccio quello membranoso che serve per il volo. La parola coleottero significa appunto ali in astuccio. I coleotteri sono animali dai movimenti lenti e dal volo pesante e questo li rende facili da catturare e, infine, sono innocui: non mordono, non pungono, non sono velenosi, non infettano… ecc. ecc.
Il gioco preferito dei fanciulli di un tempo, come magistralmente ricordano Antonio e Luigi, consisteva nel legare uno spago agli arti posteriori o all’addome dei coleotteri per poi lasciarli volare proprio come se fossero piccoli ed animati aquiloni. Diverse specie di coleotteri si prestavano a questo gioco, ed infatti nelle missive sono citati il “vaccariello o vaccarella di San Giovanni” e il “cervo volante”.
Quello che mi preme precisare è che questi nomi comuni non identificano assolutamente lo stesso animale. Il “vaccariello di San Giovanni” dalla scienza è conosciuto come: Oryctes nasicornis Linnaeus, 1758. I maschi di questa specie hanno la caratteristica di portare all’estremità anteriore della testa un lungo corno che ricorda, nella forma, quello dei rinoceronti. Il nome scientifico del “cervo volante” è, invece, Lucanus cervus Linnaeus, 1758. I maschi di questa specie hanno l’apparato boccale provvisto di due prodigiose mandibole che ricordano, nell’aspetto, i palchi di un cervo. Per meglio visualizzare questi animali vi allego due immagini, scattate nei nostri boschi, in cui sono ritratti una femmina di “cervo volante” e una coppia di “vaccarielli di San Giovanni”.

Concludo questa mia breve parentesi riportando uno scritto del grande entomologo francese J. Henri Fabre che in un libro scritto nel 1870 così ricorda il gioco fatto con i coleotteri: «Che vi diverta, e molto, ne convengo. Ho, come voi, conosciuto questi piaceri della fanciullezza … L’insetto, attaccato per la zampa, ad un lungo filo, vien messo al sole; gonfia e sgonfia il ventre, solleva le elitre, spiega le ali e vum, vum!!! Eccolo partito. Bene. O belle gioie del tempo dei maggiolini, gioie infantili, che cosa siete diventate! Serbatele, ragazzi miei, più a lungo che potete; le altre non le valgono».

Ferdinando Fontanella
Twitter: @nandofnt

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