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Cosa mangiavamo

Gli anni ’30 a Castellammare
(nei ricordi dello stabiese Gigi Nocera)

Cosa mangiavamo

Cosa mangiavamo

Nei giorni scorsi ho finito di leggere “La città dolente”, un bel libro scritto da Axel Munthe,1 con il quale l’autore (avendoli vissuti da protagonista), descrive i giorni del colera che afflisse Napoli nel 1884-1885. Questo medico/scrittore svedese fra le tante osservazioni che fa sul comportamento delle autorità sanitarie del momento, biasima che le stesse schernivano le superstizioni dei “lazzaroni” e che proibivano le processioni che avevano lo scopo di ingraziarsi la Madre di Dio affinché facesse finire questo dramma. E Axel Munthe scrive: “Ma cosa avevano da offrire (le autorità ai fedeli) al posto della loro fede oscura, ma solida come la roccia? Ah, si, regole sanitarie, da considerare come una presa in giro della loro povertà: avvisi stampati, che pochi sapevano leggere e nessuno comprendere, che raccomandavano di vivere in stanze aerate, di evitare frutta e verdura, di mangiare carne e, soprattutto, di disinfettare con acido fenico o con il sublimato corrosivo. Che ha a che fare con il prof. Koch e i suoi microbi l’ottuso cervello di un povero lazzarone? Come deve fare per “arieggiare la stanza” lui, che vive con dieci dodici altre persone in uno di questi fondaci, nei quali non penetra mai la luce del giorno? E deve scegliersi cosa mangiare, lui, le cui finanze, anche quando va benissimo, non gli permettono di spendere più di uno o due soldi al giorno, lui, che mai in vita sua si è potuto permettere il lusso di mangiare carne?” Continua a leggere

  1. Axel Munthe, medico e scrittore svedese visse a cavallo dell’800 e ‘900. Si dedicò soprattutto alla professione medica, prodigandosi instancabilmente per chiunque, poveri (principalmente) o ricchi, avesse bisogno della sua opera. Innamorato dell’Italia, si stabilì a Capri dove acquistò e restaurò il convento di San Michele cui s’intitola l’opera autobiografica che, come scrittore, gli ha dato fama internazionale.