La torre di piazza Orologio

articolo del prof. Giuseppe D’Angelo

Nel sec. XVI il luogo ove oggi si erge la torre dell’orologio aveva il nome di Marina Grande, così afferma una Delibera comunale del 20 maggio 1519, ed ivi esisteva anche una delle porte della città. Difatti la nota tavola del Pacichelli, incisa nel 1703 e raffigurante la città a tal epoca, la indica come porta della marina grande.

Piazzetta dell'Orologio

Piazzetta dell’Orologio (coll. Carlo Felice Vingiani)

Dopo la sua demolizione, insieme a tutta la muraglia difensiva, si apriva al pubblico uno spiazzo molto ampio e prospiciente il mare, a ridosso del porto, punto naturale di riferimento per chi avesse voluto esporre in vendita la propria mercanzia. La zona, in tal modo, ben presto divenne un discreto centro commerciale, per cui il toponimo da marina grande si trasformò in quello di Largo Mercato.

Intanto si manifestava l’esigenza da parte dei cittadini della zona di avere un orologio luminoso che potesse essere visto da lontano dai pescatori e dalle navi alla fonda, non essendo a tal epoca diffuso, come oggi, l’uso personale dell’orologio.

Il Consiglio Comunale nella seduta dell’11 marzo 1869, approvò all’unanimità il progetto dell’architetto Giuseppe Vanacore per la torre dell’orologio la cui costruzione fu collaudata e consegnata al Comune il 17 novembre 1871. Non mancava che l’orologio e le due campane per suonerie.

Difatti nel mese di maggio 1872 fu messo in opera il macchinario e l’orologio, commissionato alla ditta Augusto Barnard di Napoli; vi furono aggiunte le campane e l’attacco del gas per l’illuminazione notturna ed il sistema iniziò a funzionare. E così fino al 1962 quando, con Delibera del 20 marzo, l’orologio fu sostituito con uno nuovo. Nel frattempo, il 10 dicembre 1925 e, successivamente il 29 marzo 1932, il nome della piazza era stato mutato in quello di Cristoforo Colombo, anche se gli stabiesi preferiscono ancora quello di Piazza Orologio.


Note: articolo tratto da: “Le strade di Castellammare i luoghi, i personaggi, le storie” di Giuseppe D’Angelo. Nicola Longobardi Editore, anno 2000. Pagg. 35 e 36. 

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