Castellammare: la guerra in Corea e lo Stabia

articolo del dott. Raffaele Scala

Guerra in Corea

Guerra in Corea

I primi anni Cinquanta furono catalizzati dalla guerra di Corea, scoppiata nel giugno 1950 e terminata soltanto tre anni dopo, nel luglio 1953, lasciando il mondo intero col fiato sospeso per la preoccupazione di un nuovo conflitto mondiale innescato dalla volontà degli Stati Uniti, intervenuto militarmente nel conflitto con altri 17 Paesi, tra cui Francia e Gran Bretagna, di fare uso della bomba atomica. La sinistra di tutto il mondo, raccogliendo le parole d’ordine del Movimento dei Partigiani della Pace, sorto a Parigi nell’aprile 1949 e dell’Appello di Stoccolma di marzo 1950, si lanciò in una campagna antimperialista e a favore della pace con petizioni, ordini del giorno, manifestazioni, scioperi, fino a coinvolgere le stesse amministrazioni comunali coinvolte nell’approvazione di delibere contro la guerra, trovando in ciò la ferma opposizione delle prefetture chiamate ad annullarle e a redarguire sindaci e Giunte che fiancheggiavano la protesta pacifista. Tra le prime ad approvare un ordine del giorno contro la bomba atomica e contro l’eliminazione  della  guerra come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali, con la conseguente destinazione delle spese militari in opere di civile progresso, fu l’amministrazione di sinistra di Castellammare di Stabia.[i]

La lotta si andò intensificando nel 1951 con la protesta delle opposizioni sulla scia della contrapposizione frontale alla politica del riarmo fortemente voluta dalle potenze occidentali, guidata dagli USA, trovando il sostanziale assenso del governo italiano, entrato a far parte del Patto Atlantico. L’Unione Sovietica dal canto suo, seppe abilmente usare l’arma della contrapposizione lanciando le parole d’ordine dell’antimilitarismo e del pacifismo militante, immediatamente colte dai partiti comunisti presenti negli stati capitalistici a partire da quelli europei.  Nel nostro Paese, alle proteste della sinistra in parlamento e nelle piazze, si aggiunse una rete capillare di Comitati per la pace, nati su iniziativa del Movimento dei Partigiani della Pace e fin da allora si erano avute. manifestazioni di protesta nelle più importanti città, ma andarono assumendo proporzioni straordinarie in concomitanza dell’arrivo in Italia del generale Eisenhower. Da Milano a Torino, da Firenze a Roma, da Napoli a Palermo. A Castellammare scioperarono le industrie grandi e piccole, dall’Avis ai Cmi, dalla Calce e Cementi alle Acciaierie Ferretti. Comizi con grande partecipazione popolare si ebbero nella città stabiese, come nella vicina Torre Annunziata.[ii]

Fermi ed arresti di militanti della sinistra non conobbero tregua, così a Scanzano fu arrestato la sera del 17 gennaio 1951, il ventenne Vincenzo Imparato, sorpreso a distribuire volantini non autorizzati in cui si chiedeva il ritorno a casa del Generale Eisenhower in visita nel nostro Paese, mentre era meritevole di segnalazione al Prefetto perfino il telegramma di solidarietà inviato dal segretario della sezione Spartaco del Pci, Vincenzo Russo a Carlo Obici, segretario provinciale della Federazione provinciale comunista, arrestato e detenuto nel carcere di Poggioreale a seguito delle proteste operaie di quei giorni contro l’intervento americano in Corea. Qualche giorno dopo una nuova denuncia alle Autorità Giudiziarie partiva dagli stessi carabinieri di Scanzano contro il povero Vincenzo Imparato e il 24enne Giuseppe Gargiulo per delle scritte murali, prontamente cancellate dai solerti militi, sempre indirizzate contro il generale americano.[iii]

Clamorosa fu l’iniziativa dello Stabia, squadra di calcio di serie C, girone D, approvando all’unanimità un appello:

Sportivi, il pericolo di una nuova catastrofe minaccia le nostre famiglie, le nostre case, lo sport al quale ci siamo dedicati senza riserve. La guerra è un mattatoio di gente inerme, la guerra tronca le relazioni tra i popoli, uccide lo Sport. L’ultimo conflitto mondiale ha avuto fra le sue vittime milioni di sportivi, migliaia di atleti: campioni sovietici, atleti tedeschi come Harbig e Kansimir, olimpionici americani, calciatori delle nazionali d’Ungheria e di Austria come Biro e Baiog, nuotatori giapponesi come shiuhuchi, ciclisti inglesi, calciatori italiani come Petron, Fabbro, Tabor morti sotto i bombardamenti, ecc. Della nazionale francese di scherma del 1939 è sopravvissuto il solo Bougnol. Il ricordo delle distruzioni delle città, delle case, delle palestre, del massacro di quanti si erano votati allo Sport non può farci rimanere inerti davanti a questa nuova minaccia. Perché lo sport non muoia noi chiediamo:

1) che venga indetta una conferenza internazionale sul disarmo generale progressivo,

2) che il governo emani una legge contro i propagandisti di guerra,

3) che l’Italia si faccia promotrice di un’iniziativa internazionale di pace, svolgendo opera di mediazione,

4) che vengano intensificati i rapporti sportivi fra tutti i paesi,

Questo in nome degli sportivi caduti sui campi di battaglia, in prigionia, falciati dalla mitraglia, sui campi di gioco, nelle palestre; questo noi chiediamo per salvare lo Sport al quale essi si dedicarono con amore, senza riserve, alla cui vitalità, alla cui missione di fraternità, di comprensione, di amore, noi crediamo. Noi sportivi non possiamo non sentire in questo momento l’importanza della nostra lotta contro la guerra noi invitiamo gli sportivi italiani a sottoscrivere questo manifesto, perché lo sport non muoia. Firmato: I giocatori dell’A.C. Stabia. [iv]

Stabia campione 50-51

Stabia campione 50-51

L’appello raccolse a livello nazionale non poche adesioni nel mondo sportivo, dalla Virtus di Firenze ai cestisti di Castelfiorentino, dalla Ternana ai calciatori di Poggibonsi, fino alle adesioni individuali nelle diverse branche dello sport, dal ciclismo alla pallacanestro. I calciatori dello Stabia potevano essere soddisfatti della loro iniziativa, tanto più esaltante considerando che questa si accompagnava a un campionato conclusosi con la promozione in B della Squadra della Pace sconfiggendo a Firenze il Foggia per due reti a zero.[v]

Chi, invece prese immediatamente le distanze fu la dirigenza dell’Associazione Calcio Stabia con una lettera indirizzata al Prefetto di Napoli a firma del suo Presidente, Giuseppe Donnarumma.

Abbiamo appreso da una corrispondenza apparsa sul n. 51 de l’Unità del 2 marzo di un’iniziativa tendente a raccogliere firme per un appello di pace che sarebbe stata organizzata da alcuni nostri giocatori. Ove ve ne fosse bisogno dichiariamo formalmente:

1)  Che l’A.C. Stabia è completamente estranea alla manifestazione, né nessuna riunione di giocatori è avvenuta nella sede sociale, contrariamente a quanto affermato dalla corrispondenza sopraccitata e che abbiamo ragione di credere che l’adesione del gruppo di giocatori sia stata richiesta singolarmente fuori la sede sociale.

2)  Che i giocatori sono dipendenti e non soci dell’A.C.Stabia per cui le loro azioni non impegnano il nome della Società per fini che non siano di carattere sportivo

3)  L’A.C. Stabia riafferma la completa apoliticità che è sancita oltre che dallo Statuto, anche da un quarantennio d’attività in cui si è sempre dedicata a problemi sportivi e mai alcuno dei nostri responsabili ha violato tale sua regola di vita. Cogliamo l’occasione per porgere i nostri saluti.

Per l’Associazione Calcio Stabia Il Presidente Giuseppe Donnarumma.[vi]

Le proteste e le agitazioni che si erano protratte per lunghi mesi nel 1951 ripresero virulenza l’anno successivo, quando si preannunciò l’arrivo in Italia del generale Matthew Ridgway (1895 – 1993), soprannominato Generale Peste per aver usato nel corso del conflitto contro la Repubblica Democratica Popolare della Corea del Nord, filo sovietica, armi batteriologiche diffondendo i microbi della peste e del colera. Il conflitto era iniziato il 25 giugno 1950, quando l’esercito rosso della Corea del Nord invase la confinante Repubblica della Corea, filo americana, nel tentativo di riunificate il territorio diviso alla fine della seconda guerra mondiale per ambiti d’influenza tra i due maggiori vincitori. Tre anni di guerra e quattro milioni di morti, nonostante il massiccio intervento americano, coadiuvato da una forza internazionale di 17 paesi su mandato della Nato, lasciò la situazione sostanzialmente inalterata. L’armistizio sottoscritto il 27 luglio 1953, fu successivamente ratificato da un trattato di pace.

       Così quando nel giugno 1952, il generale venne in Europa per assumere il comando delle forze Nato, nel suo passaggio per l’Italia fu accolto da imponenti manifestazioni di protesta, da Milano a Palermo, mentre Castellammare rispose con lo sciopero generale di tre ore proclamato per il 18.  Per reazione il Ministro dell’Interno, Mario Scelba, fece attuare una serie d’arresti nei confronti dei militanti più esposti e dando disposizione alle prefetture di intervenire duramente nei confronti delle amministrazioni comunali che davano sostegno alla protesta. L’ordine fu eseguito con rapidità e furono emanati decreti prefettizi per destituire con effetto immediato alcuni sindaci di Giunte di sinistra, tra cui quello di Alfonsine, in provincia di Ravenna, per aver difeso una manifestazione popolare contro la polizia intervenuta per scioglierla, e di Castellammare di Stabia per non aver impedito lo sciopero dei dipendenti comunali.[vii] Non da meno la reazione dei dirigenti delle diverse industrie: Nei Cantieri Metallurgici la direzione impedì il rientro di 151 operai del reparto latta con la scusa di non poter riattivare i forni spenti a seguito dell’interruzione verificatosi con la partecipazione allo sciopero, obbligandoli a rientrare in servizio il lunedì successivo, ben quattro giorni dopo.[viii]

       Ancora peggio andò ad una serie di militanti comunisti, tutti denunciati all’Autorità Giudiziaria, colpevoli di aver partecipato la sera del 17 giugno al tentativo di effettuare una manifestazione di protesta contro l’arrivo del generale Ridgway. Ricordiamo i loro nomi: lo studente in giurisprudenza Giuseppe Ricolo, i già noti Luigi D’Auria e Vincenzo Somma, Vincenzo Verdolina, Giuseppe Di Martino, Cristofaro Raiola, Catello Dentale, Vincenzo Mosca, appena ventenne e Corrado Pellegrino, un toscano originario di Piombino ma da anni residente a Castellammare e vice segretario della Camera del Lavoro stabiese, diretta dal napoletano Raffaele Signorelli.

Nel caso di Castellammare, la città dei Gava, amministrata fin dal 1946 dal sindaco comunista Pasquale Cecchi, per le diverse istituzioni borghesi, prefettura e governo, ogni occasione era buona per oscurare e sconfiggere un movimento operaio che con le sue lotte aveva fatto guadagnare all’importante centro industriale il titolo di Stalingrado del Sud. Di certo qualunque cosa fosse successa, bisognava inventarsi una scusa per far decadere dalla carica di primo cittadino quel maestro elementare e direttore didattico, degno rappresentante di una famiglia composta di noti sovversivi. E, infatti, un mese prima, il 19 maggio 1952, c’era stato un improvviso crollo di solai e impalcature in alcuni fabbricati del Centro Antico, provocando l’inagibilità di numerosi immobili e l’evacuazione degli abitanti. L’emergenza aveva imposto al sindaco di procedere alla requisizione di diversi alloggi sfitti e di chiedere alla stessa Camera del Lavoro di lasciare l’edificio dell’ex Casa del Fascio per affidarle alle famiglie rimaste momentaneamente senza casa. Le scarse risorse delle casse comunali non avevano consentito di fare fronte adeguatamente alle necessità dei senza tetto, inducendo Cecchi a recarsi in prefettura per sollecitare fondi a favore di quanti avevano perduto la propria abitazione. Ebbe invece l’amara sorpresa di vedersi notificato la sospensione di tre mesi dal suo incarico di sindaco e immediatamente sostituito da un Commissario. Contro il sindaco comunista si sommavano due accuse: la prima di aver adottato un provvedimento di requisizione d’alloggi sfitti ritenuto illegittimo e lesivo del diritto di proprietà, la seconda di aver stanziato quattro milioni per avere acquistato una caldaia indispensabile alle Terme Stabiane, senza aver chiesto la necessaria autorizzazione prefettizia.

L’abuso di potere fu denunciato in Consiglio comunale e approvato una delibera, inviata alla Corte dei Conti, per ottenere il ritiro della sospensione, ma si ottenne il risultato opposto perché subì un ulteriore proroga di tre mesi. Lo sciopero generale del 18 giugno contro la presenza in Italia del generale americano rappresentò il colpo di grazia. La Camera del Lavoro reagì proclamando un nuovo sciopero generale a sostegno del sindaco defenestrato e della sua amministrazione, portando in piazza migliaia di lavoratori, nonostante il feroce ostracismo delle diverse direzioni aziendali. [ix] Alla Navalmeccanica si tentò, per esempio, di vietare l’assemblea indetta dalla Commissione Interna per illustrare le motivazioni dello sciopero. Luigi Di Martino così ricostruisce l’episodio:

Il provvedimento (di sospensione del sindaco) era illegittimo, si trattava di un puro pretesto per defenestrare l’amministrazione comunale eletta dai lavoratori, quindi era doveroso che questi la difendessero (…) il momento era grave e decisivo, bisognava piegarsi all’arbitrio della direzione, oppure salvare il diritto capitale della Commissione Interna, cioè quello di parlare agli operai, il suo prestigio, la sua autorità? (…) la Commissione Interna deve esistere, con tutti i suoi doveri e diritti. Si decise di parlare, con tutte le conseguenze che ne derivavano. Infatti, il 21 giugno sono licenziato, con sei persone a carico e l’unico che lavorava, sono gettato in mezzo alla strada, però, la solidarietà degli operai mi è venuta in aiuto nei momenti difficili, però avemmo la soddisfazione che lo sciopero di protesta riuscì in pieno ai Cantieri Metallurgici, alle Terme e negli altri stabilimenti (…).  [x]

Senza pace l’esistenza di Luigi Di Martino, fin da quando era nato, l’11 novembre 1897. Figlio di marinaio navigante, aveva cominciato a lavorare ancora bambino ai Cantieri metallurgici per quattro soldi il giorno. Conobbe per la prima volta il carcere, quando non aveva ancora vent’anni, condannato dal Tribunale militare a due mesi, per diserzione, nel 1917. Insofferente alla disciplina, si guadagnerà altri cinquanta giorni di carcere, quando, qualche anno dopo, abbandonerà senza nessun preavviso lo stabilimento dell’Ilva di Torre Annunziata, azienda in quel momento militarizzata. Assunto ai cantieri Navali sarà tra i primi a aderire al Pcd’I. Antifascista militante, sarà sottoposto a fermo di polizia nel giugno 1924, subito dopo l’assassinio di Giacomo Matteotti. Ritenuto elemento estremamente pericoloso, subirà numerosi controlli, fino ad essere strettamente sorvegliato dalla polizia politica. Protagonista, il 20 gennaio 1936, del volantinaggio contro il regime dittatoriale, pagherà con otto anni di carcere. Nuovamente arrestato il 1° settembre 1943 per aver organizzato e diretto con altri compagni una dimostrazione popolare contro la prosecuzione della guerra e liberato pochi giorni dopo. Eletto in consiglio comunale il 7 aprile 1946, vi rimarrà per oltre vent’anni. Dopo il licenziamento sarà nominato Segretario cittadino della Fiom, conoscerà di nuovo il carcere nel 1953 e nel 1954 sempre per motivi legati alla sua militanza politica. Il vecchio rivoluzionario rimarrà attivo militante per tutta la vita, assumendo, dopo la pensione, la guida della Lega pensionati Cgil. Scomparirà il 30 gennaio 1969.

Scioperare a difesa della democrazia poteva costare veramente caro in quei tempi cupi, come scoprì Luigi Di Martino.  Ma in quell’occasione non fu il solo a pagare con il posto di lavoro, la stessa sorte la conoscerà, infatti, un gruppo di giovani, assunti a tempo determinato dalle Terme Stabiane. La loro colpa era di aver partecipato, anzi, come dettava la delibera firmata il 21 giugno dal Commissario prefettizio, Nicio Giuliani, per essersi allontanati arbitrariamente dal servizio il 18 u.s. Giuseppe Valestra, Domenico Scevola, Davide Lo Piano, Colomba Di Somma, Mario Selleri e Rosa Avino, pagarono anche loro, e a caro prezzo, il coraggio delle loro azioni. Altri compagni di lotta furono puniti con una multa di una o due giornate di paga. E a nulla servirono le numerose lettere di protesta che arrivarono anche dai comuni limitrofi di Gragnano e Lettere da parte di numerosi cittadini contro il Commissario prefettizio subentrato al sindaco destituito. Di certo il governo non doveva dormire sonni tranquilli se per diversi giorni la città fu presidiata da imponenti forze dell’ordine, preoccupato per un’eventuale degenerazione della protesta operaia e popolare.

Il 25 maggio 1952 si erano tenute le elezioni amministrative in diversi comuni del napoletano, confermando e rafforzando in numerosi consigli comunali le Giunte rosse, a Torre Annunziata, Boscoreale e Boscotrecase, addirittura si vinse a Pimonte per la prima volta conquistata dalla coalizione socialcomunista. Complessivamente i comuni amministrati dalle forze di sinistra passavano da dieci a venti, mentre la Provincia rimaneva regno incontrastato della Democrazia Cristiana con il suo 50.9% di voti. Ancora una volta, come nelle precedenti elezioni, non mancarono incidenti e scontri gravi tra le opposte fazioni, da Sesto San Giovanni a Foggia. Nella provincia di Napoli il fatto più grave accadde a Torre Annunziata dove nella notte del primo maggio 3 militanti di sinistra, Raffaele Salvi, Ercole Nardotti e Leonardo Troncato furono aggrediti da un gruppo di democristiani armati di coltelli e vanghe. Ad avere la peggio fu Salvi, accecato con la calce viva e colpito alla testa. [xi]

Ma le vittorie politiche non fermavano i licenziamenti, né diminuivano le proteste. Nel corso dell’anno si contarono in tutta la provincia almeno 236 agitazioni a carattere rivendicativo di categoria e dì azienda. Emergevano in particolare le lotte dei conservieri, dei mugnai, dei vetrai e degli edili. Lottavano, generosamente e con caparbietà, i lavoratori dell’Avis e dei Cmi, contro nuove ristrutturazioni e nuovi licenziamenti. Nella Navalmeccanica, nel 1948, gli addetti erano 2.625, nel 1951 si ridussero a 2.026 con il peso dei licenziamenti ricaduti interamente sui ruoli operai, mentre l’organico impiegatizio rimaneva complessivamente inalterato passando da 225 a 216.

Così Stalingrado del Sud pagava il prezzo della sua nomea di combattiva città operaia.

 


[i] Il Giornale del 17 giugno 1950, art. dal titolo: Al Consiglio comunale di Castellammare di Stabia

[ii] l’Unità del 19 gennaio 1951: La grandiosa protesta popolare si è levata ieri in tutta Italia.

[iii] ASN, busta 655, Questore a Prefetto 17 e 20 gennaio 1951

[iv] l’Unità del 2 marzo 1951:Appello contro la guerra dei giocatori dello Stabia.

[v]  l’Unità del 19 giugno 1951:La squadra della pace in B.

[vi]  ASN, busta 653: Associazione Calcio Stabia al Signor Prefetto, 3 marzo 1951.

[vii]  l’Unità del 20 giugno 1952: La pretura archivia le denunce della Questura.

[viii] ASN, busta 655, Prefetto a Ministero dell’Interno, 19 giugno 1952

[ix] l’Unità del 21 giugno 1952:Scioperi a Castellammare per la destituzione del sindaco.

[x]  Ferrarotti – Uccelli: La piccola città., Liguori Editore pag. 153

[xi] Cfr. link: Avvenimenti Italiani

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