Pillole di cultura: Ciaff’ttèra

a cura del prof. Luigi Casale

Lontano da Napoli è difficile sentire parole ascoltate nell’infanzia, specialmente quelle più care perché apprese direttamente dalla mamma nell’età tenera, prima ancora di poterne importare da fuori dell’ambito familiare. Quel lessico famigliare, custodito nel cuore, è mantenuto in vita in tutta la sua freschezza, sebbene mai più esibito nella comunicazione verbale. (Ricordare = tenere nel cuore; proprio come i francesi dicono “par coeur” per dire “a memoria”).
Una di queste parole, usata sempre e solo dalla mamma o dalle sue sorelle quando si incontravano, è “sciaffettèra”. Mai sentita dire da qualcuno che non appartenesse alla famiglia di mia madre.
La mamma usava questo termine quando voleva dire che una persona, in genere una donna, e particolarmente una bambina o una ragazza, era piena di iniziative e si dava da fare per manifestare la sua intraprendenza. Organizzare, disporre, agire, dire la sua. Faccendiera.
La parola trova una base nel verbo tedesco “schaffen = fare” da cui le parole “Geschäft = attività (negozio)” e “geschäftlich = commerciale”.
Nel dialetto sudtirolese esiste la parola G’schaftle che si applica proprio alle bambine che vogliono fare le donnine attive e premurose.

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