Un pittore dell’Ottocento

Storia e Ricerche

Un pittore dell’Ottocento

a cura di Giuseppe Zingone

Errico Gaeta

Errico Gaeta, autoritratto

Errico Gaeta, rimarrà per sempre il pittore di Castellammare di Stabia, l’unico. Se riuscissi a scovare cento articoli su di lui, non c’è dubbio che tutti si ritroverebbero qui. Di lui abbiamo già scritto ed inserito diverse sue opere, qui ne ho aggiunte altre due, La Pineta e Verso Castellammare.

La mia grande ammirazione che non ho mai taciuto, anche quando qualcuno lo ha paragonato a Giuseppe Bonito è dovuta al fatto che Gaeta visse per Castellammare, la rappresentò in molte sue opere, cogliendone come nessuno mai i suoi colori e per amore di essa trovò la morte.

In questo articolo di E. Campana del 1934 vengono riunite una breve biografia e alcune interessanti notizie, come la stima di Domenico Morelli e la sua passione per la pittura di Giacinto Gigante.

Buona lettura:

Una retrospettiva salutata come una rivelazione, poiché i più non conoscevano l’opera di questo pittore, che tanto fu caro a Domenico Morelli, è stata la Mostra di Enrico Gaeta, organizzata dal Circolo Artistico nel padiglione della Permanente a distanza di qualche mese da quella promossa dal Dopolavoro Comunale, F. Corridoni della nativa Castellammare di Stabia.

Chi glielo avrebbe detto a questo pittore, che ebbe l’animo così mite e visse come in rapimento dinanzi alle bellezze della sua Castellammare; chi glielo avrebbe detto che, appena reduce dal successo dell’Esposizione di Venezia, proprio lì nel suo paese, dinanzi a uno di quei paesaggi che non si stancava mai di dipingere, egli sarebbe stato vittima del gesto di un forsennato?

Enrico Gaeta si era presentato all’Esposizione Internazionale di Torino del 1884 ed aveva avuto la gioia di vedersi apprezzato dai critici e dal pubblico. Tre anni dopo, nel 1887, nella piena maturità dei mezzi espressivi, il cuore gonfio di entusiasmo, egli partecipò col Morelli alla Mostra di Venezia e vide confermato il successo di Torino. Era l’ambito premio alla sua fede e alla sua modestia. Era la luce intorno al suo nome, che finalmente usciva dall’ombra e dall’angusta cerchia provinciale. Il pittore aveva quarantasette anni. Non aveva, fino allora, che dipinto i boschi, le colline, la costiera della sua Castellammare. E a Castellammare se ne rivolò, da Venezia, ansioso di rimettersi all’opera. Ed eccolo tutto intento all’ultimo quadro. Il sole dardeggia radioso sugli alberi della contrada Molinello. Egli è seduto dinanzi al cavalletto e dà gli ultimi tocchi, felice di quell’ora, felice della sua creazione, quando un colpo di ronca si abbatte su lui e la testa, orribilmente colpita sulla nuca, si reclina sulla tela ancor molle di colore…

Errico Gaeta

Errico Gaeta, Verso Castellammare, Olio su tela, cm 41,5 x 70

Il dipinto reca, da un lato, l’impronta della tragedia: come una grossa ammaccatura. È esposto, nella Permanente sotto il titolo: L’ultimo quadro. Nella stessa sala è anche il quadro che va sotto il nome Il bacio di Morelli perchè, alla richiesta di un suo giudizio, Domenico Morelli rispose abbracciando il pittore di Castellammare.

Enrico Gaeta frequentò l’Accademia proprio quando vi imperavano Palizzi e Morelli. Sentì, più tardi, il fascino di Gigante, tutto vibrante di luce e di fantasia. Ma, pur assimilando il meglio dagli artisti del tempo, egli seppe e volle rimanere uguale a sé stesso. Le sue tele riecheggiano la mitezza e la dolcezza del suo animo. Dipingere doveva essere, per lui, la più grande delle felicità. Non si curava di vendere, non aveva bisogno di vendere. Non voleva sovrapporsi alla natura. Le era fedele fino allo scrupolo. Ed ecco i boschi di Quisisana, le colline di Pozzano, Monte Coppola, il Faito, i Monti Lattari, le Fratte, Scanzano, la Montagna spaccata: monti vellutati di verde, verdi filtrati di sole, verdi che s’indorano lievemente all’aurora e che trascolorano e s’incupiscono al tramonto. Talora, tra le chiome verdeoro, l’occhieggiare di una casina dal caratteristico rosso borbonico di Castellammare. Il risvegliarsi del burrone ai primi raggi del mattino è tra i quadri più belli del pittore. Vi si respira la freschezza e la poesia di quell’ora. Squillanti di luce sono le tele che rispecchiano i boschi di Quisisana; ben costruite le colline digradanti e le strade perdentisi tra file interminabili di pini.

Errico Gaeta

Dopolavoro Filippo Corridoni, Castellammare di Stabia1

Il Gaeta ama anche gli interni e le antichità. Non può sfuggire alla seduzione della vicina Pompei. Negli acquarelli reca lo stesso spirito analitico, la stessa delicatezza di tocco e di sentimento che sono nei quadri a olio. Tra questi ve n’è uno, assai grande, che ricorda nel titolo le preoccupazioni sociali di alcuni artisti della seconda metà dell’Ottocento: Cortile di proletari. Ma esula, dalla pittura del Gaeta, ogni tragicità di accento: sia alla maniera del d’Orsi, sia a quella del Patini. Il bimbetto è nella sua cesta, per terra, e sorride ai fratellini che gli sono d’intorno e alla madre che agucchia sotto la porta. Tre gallinelle bezzicano felici, nel centro del quadro, e l’androne sfonda in un arco luminoso da cui s’intravedono, splendenti di luce, la collina e la campagna. Anche nel più umile tugurio il sole può apportare la gioia dei suoi raggi, pare voglia dire il pittore.

Errico Gaeta

Errico Gaeta, La pineta, olio su tela cm. 26,5 x 18,5

In alcuni scorci di paese, osservati e resi con cura meticolosa, il Gaeta descrive e racconta con pennellate ghiotte, sapienti. Le figurette paiono miniate, ma stanno bene al loro posto: come colore, come movimento, come risultato di sincera e acuta osservazione. Talvolta, come in molti pittori del tempo, l’abbondanza e la preziosità dei particolari raffreddano e sperdono l’impeto della creazione. Il Gaeta indulse anche troppo alla sua perizia; ma egli conobbe il mestiere assai più di qualche contemporaneo. Se qualche volta peccò, fu per un troppo spinto amore del vero.

Comunque, un pittore che andava rivelato e che prende posto con ragione fra i paesisti che compongono lo sfondo del nostro Ottocento. Di queste retrospettive vorremmo vederne più frequenti, a integrare la conoscenza e a meglio definire i valori della scuola napoletana del secolo scorso. Intanto ci fa piacere rilevare che gli eredi comm. avv. Catello, Achille e Giorgio Gaeta, accogliendo la proposta del Mattino, hanno di buon grado offerto un quadro dell’artista al Museo Nazionale di San Martino, ampliato e riordinato dal nuovo Direttore comm. Sorrentino. Qui, tra i compagni di fede e di battaglia, all’ombra di Morelli e di Michetti, in vista del golfo divino, Enrico Gaeta è bene al suo posto e Castellammare può esserne contenta. Ma che aspetta a onorare come si conviene il pittore, che pagò con la vita l’amore del natio loco? E. Campana

Errico Gaeta

Errico Gaeta

Errico Gaeta

Errico Gaeta 2

Errico Gaeta

Errico Gaeta 3

Leggi anche: Errico Gaeta, la biografia e le opere ed Errico Gaeta, la cronaca.

Articolo dell’8 luglio 2025


1. Filippo Corridoni, (Pausula, 19 agosto 1887 – San Martino del Carso, 23 ottobre 1915) è stato un politico e giornalista italiano. Esponente del sindacalismo rivoluzionario e del sindacalismo nazionale, inizialmente membro del Partito Socialista Italiano che poi abbandonò in polemica con la scelta neutralista e perché ritenuto non incisivo nella lotta per i lavoratori, poi divenuto fervente interventista di sinistra e amico del futuro capo del fascismo Benito Mussolini, di cui seguì l’evoluzione ideologica dalla fondazione de Il Popolo d’Italia in poi. Cadde in combattimento nei pressi di San Martino del Carso durante la terza battaglia dell’Isonzo sul fronte italiano nei primi mesi della prima guerra mondiale.

2. E. Campana, Un pittore dell’Ottocento, in: Emporium, parole e figure, Volume LXXX, n° 475, pag. 52-54.

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