Chiesa del Sacro Cuore di Scanzano (immagine d'epoca)

Scanzano anni ’30, i ricordi della mia infanzia

Scanzano anni ’30, i ricordi della mia infanzia

di Assunta Carrese

Chiesa del Sacro Cuore di Scanzano (immagine d'epoca)

Chiesa del Sacro Cuore di Scanzano (immagine d’epoca)

Ho raccontato di Castellammare anni ’40, ma ho il dovere di raccontare di Scanzano anni ’30 perché è stato il mio paese adottivo dall’infanzia all’adolescenza. Per esigenze familiari fui affidata ad una sorella nubile di mia nonna che per me fu come una seconda mamma.

Dalle Compassioniste, Suore del Sacro Cuore, frequentai dall’asilo fino alla terza elementare, quarta e quinta in un appartamento adibito a scuola nel palazzo Pisacane; un altro appartamento simile era nella villa Iavarone, in via Pergola. Dalle Compassioniste le maestre erano suore. In portineria c’era suor Geltrude con una collaboratrice chiamata Titina che viveva nel convento, ma non era suora; Titina aveva una età indefinibile e una ministatura che la faceva confondere con le bambine. Suor Patrizia insegnava Catechismo e suor Maria, Suor Umile, Suor Tarcisia e Suor Domenica erano maestre; suor Domenica era la terribile, aveva sempre una riga a portata di mano per dare una spalmata, l’annunciava dicendo “Qua la mano”. Un altro spauracchio era il cappellone a punta come quello di Pinocchio con su scritto “asino”, per castigare a dovere chi aveva il cappellone doveva stare fuori della porta perché chi passava doveva sapere. In compenso c’era il gran premio per i bravi, la fascia tricolore con i colori della nostra bandiera “rosso, bianco e verde”, si portava di traverso come i sindaci, dalla spalla sinistra al fianco destro. Era il massimo riconoscimento ritornare a casa con la fascia. Oggi i ragazzi vanno a scuola con zainetti stracolmi di libri e quaderni, noi avevamo una cartelletta di fibra marrone con un libro un quaderno a righe e uno a quadretti, una penna e un calamaio con l’inchiostro. Le suore per non farci strappare fogli dai quaderni ci numeravano le pagine. A me piaceva la penna con il pennino Cavallotti che per la sua forma prendeva un poco di inchiostro in più. Un malaugurato giorno, mentre scrivevo, mi colò una goccia di inchiostro sul quaderno, terrorizzata tentai di farla sparire con la gomma, ma il risultato fu che bucai il foglio e danneggiai anche il foglio sottostante. Sarebbe stato tanto semplice strappare il foglio!!! Fortunatamente quel giorno la suora non girò tra i banchi. Per i ragazzi che venivano da Castellammare (quelli bene) c’era il carrozzone. Sembrava una diligenza tirata da un cavallo solo.

Vi parlo ora di Scanzano. Paese apparentemente tranquillo, oggi lo è un poco meno, ma del resto come si fa a sapere cosa bolle in pentola. Il buono e il cattivo sono ovunque e c’è un detto che recita “Chi non pecca al naso pecca al viso e chi non pecca al viso pecca ‘a sott”a cammisa”.
Personaggi e usi. Teresina ‘a masana vendeva: la frutta, tricchi tracche e il carbone, Nannina ‘a pitossa girava per le strade vendendo ‘e sale e pepe ovvero le fave lesse. L’acquafrescaio girava con un carretto contenente damigiane di acqua Media, acqua Stabia, Solfurea e San Vincenzo. Cure termali a domicilio.
Dalla montagna veniva giù il venditore di un frutto poco più grande di una ciliegia, rosso e peloso, dava la voce dicendo “sovere pilose” quello che i ragazzi gli rispondevano dietro ve lo dico con …bip bip.
Il più straordinario venditore era quello del frammellicco. Era un ometto piuttosto dimesso, ma tanto dimesso che sembrava la miseria fatta persona, non vendeva in cambio di soldi, ma di stracci vecchi che nelle famiglie non mancano mai; dalla spalla sinistra gli pendeva un sacco dove metteva gli stracci e nel braccio destro teneva infilata una cesta contenente il frammellicco.
Il frammellicco erano bastoncini di zucchero caramellato dal sapore e colore somiglianti alle caramelle al latte. In verità anche io l’ho mangiato, e mi piaceva pure. Con il senno di poi ho pensato all’igiene del tutto inesistente.
Gli usi e i costumi variavano secondo le stagioni. Un anno in occasione della fine del periodo carnevalesco alcuni ragazzi fecero una simpatica rappresentazione: imbottirono di stracci un vestito da uomo dandogli la forma di una persona con un pallone come testa e con una coppola di traverso; in mano aveva un fiasco vuoto a indicare che carnevale era morto ubriaco. Lo portarono in giro per le strade di Scanzano piangendo e dicendo: “Carnualone mio, pecché si’ muorto? Mo ‘nce vonno ‘e sorde p”o schiattamuorte”. Morto carnevale nasceva quaraesima. Quaresima venne preparata con una bambola tutta vestita di nero con un cappellaccio in testa e quaranta piume di gallina sotto la gonna. Venne appesa all’inizio di via Micheli e ogni giorno le veniva strappata una piuma. Quaranta piume perché la Quaresima dura quaranta giorni. Poiché la Quaresima è un periodo di astinenza non si dovrebbe mangiare carne e io per quaranta giorni desideravo il mio bel panino con la mortadella. Nelle chiese i santi venivano coperti con un panno verde, adesso non più. Chi sa perché allora si e adesso no. A rifletterci bene sono tante le cose che sono cambiate! Finita la quaresima succedeva la settimana santa e poi la Pasqua di Resurrezione. A mezzogiorno del Sabato Santo suonavano a festa tutte le campane, e anche le sirene del cantiere navale dal quale veniva liberato in aria un grosso pallone che voleva significare che Cristo era risorto ed era volato in cielo. L’emozione era grandissima ed io restavo a fissare il cielo fino a quando il pallone non lo vedevo più. Finalmente mi veniva dato il panino con la mortadella.
Dei giocattoli non c’è molto da dire. Alla befana arrivava qualche bambola di pezza, qualche palla, i cerchietti e i bambolotti di celluloide che perdevano sempre braccia gambe e qualche volta anche la testa. Un anno la befana portò a mio fratello Mario un fucile e gli fu concesso di giocare per tre giorni, il quarto giorno sparì. Ricomparve alla befana dell’anno successivo. Queste apparizioni e sparizioni si verificarono per tre anni. Nei miei ricordi vivono una bambola di pezza e un bambolotto di cartone pressato; il bambolotto somigliava molto al parroco della chiesa di San Michele, don Luigi Senia, la bambola aveva i capelli di stoppa e gli occhi storti. Malgrado ciò erano tutto per me e la loro storia ve la voglio raccontare in versi.

Ricordo quella bambola di pezza
che perdeva segatura in ogni lato
cucita ricucita ed incollata
non perdeva mai la sua bellezza.
Una scatola da scarpe avea per culla
un ritaglio di stoffa per coprirla.
Aveva l’amor mio e poi più nulla.
Un anno la befana mi portò
un bambolotto di carton pressato
che presto il suo fratellino diventò.
Un brutto giorno mentre giocavo
il bambolotto si era un po’ sporcato,
dovevo lavarlo per rifarlo bello
e in acqua calda e sapone nel lavello
lasciai quel poverino un po’ in ammollo.
Quando tornai per asciugarlo al sole
Ahimè! Il bambolotto mio non c’era più,
una poltiglia divenne quel corpo di cartone,
solo la testa non era andata giù.
Quanta rabbia e quanto dolore!
Piansi a dirotto e con la bambola in braccio
gridai: “Non temere tesoro a te il bagno non lo faccio!

Grazie per avermi pazientemente ascoltata.
Assunta Carrese

Un pensiero su “Scanzano anni ’30, i ricordi della mia infanzia

  1. Cira Conte

    Ho avuto la fortuna di conoscere Assunta Carrese : una vera signora dalla quale, non direttamente , ho avuto modo di apprendere molte cose sulla preparazione di dolci ed altro , una donna intelligente , generosa , simpatica , disponibile , con le mani d’oro ( ricordo ancora un bellissimo abitino che mi cucì , una cinquantina di anni fa ) … E oggi scopro che ha un altro talento : racconta i suoi ricordi e ti porta col pensiero in quei luoghi , a quella gente del passato , a quelle emozioni che diventano tue perchè appartengono anche al tuo passato … Grazie , signora Assunta ….

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