Incontro Pablo Neruda

Incontro Pablo Neruda

a cura di Giuseppe Zingone

Pablo Neruda by Annemarie Heinrich, 1967

Quanti personaggi famosi ha incontrato Piero Girace, quante notizie meravigliose riporta in vita quando lo leggiamo. Dalla sua parentesi caprese, ci racconta il suo Pablo Neruda.

Se oggi, sono in molti a conoscere Pablo Neruda in Italia è grazie al film il Postino, di Massimo Troisi. In questo scritto di Girace, Neruda è già famoso, ma forse non aveva ancora scritto nulla (come lui stesso afferma) sulla sua esperienza caprese e italiana.

Era trascorsa da poco la mezzanotte. Davanti al Caffè Vuotto ed al Piccolo Bar si attardavano i nottambuli. Le stelle, a migliaia, sopra le case e la cupola della chiesa formavano una strana decorazione. Poco discosto da me, un uomo sulla cinquantina, dall’aria di Buffalo Bill, conversava sottovoce con una giovane donna bionda. «Vedi – mi disse un amico che sedeva al mio tavolino -, quell’uomo in “beige” è il famoso poeta cileno Pablo Neruda.» «Mi farebbe piacere conoscerlo».
Dopo un poco l’amico mi accompagnò al tavolino del Poeta, il quale mi strinse cordialmente la mano, e mi invitò a sedere.

Per iniziare la conversazione, gli chiesi se avesse scritto qualcosa su Capri, o se, comunque, l’Isola gli avesse ispirato delle poesie.

Mentre io parlavo egli mi fissava in volto, quasi per scrutare i miei pensieri. «No disse: – Non ho scritto nulla. Scriverò, forse, su quest’Isola tra due o tre anni, cioè quando le mie impressioni saranno divenute memoria».

«Comprendo. Un poeta non può fare del giornalismo». Pablo Neruda, sorrise soddisfatto: era contento che io avessi capito subito il suo metodo di lavoro. Le impressioni,1come certi vini generosi, debbono stagionare nel nostro spirito. Uscimmo poi a parlare di pittura e dei vari movimenti artistici che si sono succeduti in questi ultimi anni.

Neruda disse: «L’astrattismo è ormai del tutto finito. L’umanità è stanca degli eccessivi cerebralismi che hanno inaridito l’arte. Bisogna ritornare alla realtà. Si tratta di trovare una nuova “realtà” come la seppero trovare gli artisti del Rinascimento italiano».

Prese, quindi, a parlarmi della pittura messicana: «Oggi essa rifà un nuovo Rinascimento. Bisogna vedere gli affreschi dei pittori messicani. Sono straordinari. Sono quanto di meglio abbia saputo esprimere la nostra epoca».

I nottambuli si dileguavano nelle viuzze buie: sembravano comparse che si ritirassero dietro le quinte. Si udì un accordo di chitarra: poi, dopo un po’, vidi uscire di sotto un arco un uomo in maglia gialla, di età incerta, il quale reggeva tra le braccia il suo strumento su cui faceva scorrere con agilità le dita.

Pablo Neruda riprese la conversazione in quel suo francese dalla cadenza pigra; e dava l’impressione che declamasse i versi delle sue poesie; quei suoi versi larghi e sonori del Canto general che fanno venire in mente Witman. Le luci del caffe si spensero: rimanemmo nell’ombra; e le parole del Poeta, lente, sonore, assumevano un tono misterioso. Perfino la sua persona massiccia da Buffalo Bill perdeva la sua corpulenza e si riassumeva tutta nei suoi occhi caldi e profondi, e nel suono della voce.

L’uomo dalla maglia gialla scomparve sotto l’arco, lasciando dietro di sé gli accordi della chitarra.2

Il libro dal quale abbiamo tratto il seguente brano, ci è stato donato da Vincenzo Dolce, erede della famiglia Girace.

Piero Girace, Giorni e notti di Capri, ristampa del volume del 1964

Altri scritti di Piero Girace

Articolo terminato il 4 gennaio 2023


  1. Piero Girace, Giorni e notti di Capri, edizioni la Conchiglia, pag. 101.
  2. Piero Girace, Giorni e notti di Capri, edizioni la Conchiglia, pag. 102.

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