Gennaro Cognulo
di Catello Graziuso de’ Marini
Illustre Gestore del Sito “Libero Ricercatore”, da tempo non Le scrivevo a causa di alcuni problemi di salute, ma oggi finalmente posso nuovamente comunicarLe la mia profonda stima per l’opera da Lei condotta: il sito della nostra Castellammare è ancora più ricco di dettagli e storie. Ho visto che c’è una sezione dedicata ai “personaggi stabiesi”, e credo che tutti debbano conoscere un Uomo Stabiese i cui meriti e la cui statura intellettuale potrebbero perdersi senza un’adeguata pubblicità.
I racconti di zio Eustachio
Io sono fra i pochi ad averlo conosciuto indirettamente grazie ai racconti di mio zio Eustachio (pace all’anema soja), che custodiva gelosamente tanti dettagli sulla sua esistenza (fra cui un ritratto, che purtroppo è andato perduto) che mi sono permesso di riassumere in una breve biografia.
Un uomo le cui opere erano detenute esclusivamente da un cugino acquisito di mio zio Eustachio, tale Giovanni Esposito, contemporaneo del personaggio di cui parlerò, e suo grande amico (infatti, custodì tanti suoi manoscritti, che non furono pubblicati per l’estrema riservatezza del suo autore). Ecco per voi la vita di Gennaro Cognulo.
Gennaro Cognulo: biografia
Gennaro Cognulo nasce a Castellammare di Stabia il 12 gennaio 1897. Suo padre, Mario, era pescatore dell’Acqua della Madonna, sua madre, Caterina De Rosa, una lavandaia.
Sin dalla tenera età manifesta una grande passione per l’arte e la letteratura. Parte per la prima guerra mondiale e questa esperienza segna la sua esistenza: tutta la sua produzione sarà segnata da una copiosa scrittura di novelle scritte in dialetto, fra cui “Novelle ‘e ll’Acqua r”a Maronna”, “Racconti Aciduli” e anche un pamphlet dal titolo “’O cummuoglio r”o buccaccio chino ‘e vascuotte”.
Il tema centrale delle sue novelle era la stabiesità: non ostentata, dirimente, mai apertamente in conflitto con la società del tempo, eppure convintamente sevaica. All’età di ventidue anni, sulle ali dell’amore per la sua città, apre una piccola bottega di aghi e fili di cotone dietro Piazza Orologio.
La prigionia e la nascita del pittore
Purtroppo, nel 1921, una rapina di due malviventi lo costringe a reagire e a sparare con la pistola che aveva usato in guerra ad uno dei due. Non ci sono ragioni, per lo Stato, Gennaro deve pagare con la galera.
Nel periodo di detenzione inizia la sua passione per la pittura. Dipinge in carcere, come risulta dal suo diario, “Stabiese che mangia una mela affacciato ‘o barcone r”a casa ammiez”o Vescuvato”, oltre alla natura morta “Limoni, friarielle e puparurielle r”o sciummo”.
Il ritorno e l’impegno antifascista
Grazie a un cavillo dell’avvocato napoletano Enzo Bastioni della Rambla, esce dal carcere e torna nella sua amata Stabia, dove diventa oppositore del regime fascista. Inizia una produzione di articoli clandestini, volti a deridere i gerarchi fascisti ed il Podestà, che circolavano in gran segreto fra Santa Caterina e via Brin, fra cui “Palloni gonfiati”, “Assassini della democrazia”, per poi inasprire i toni nella fase finale di questa produzione, con “Sti quatte muorte ‘e famme”, “Che scuorno”, oltre al celebre “Ma acceriteve”, dopo la cui circolazione rischia seriamente la nuova cattura dagli squadristi. La sua identità venne tuttavia sempre protetta dagli abitanti del rione.
Contraddizioni politiche e declino
Alla fine della seconda guerra mondiale, contrariamente a quello che ci si poteva aspettare, sostiene la Monarchia al referendum, lottando anche contro il suffragio universale, e iscrivendosi al neonato Movimento Sociale Italiano, scrivendo, in risposta a chi gli chiedeva le ragioni di questo revirement, il saggio “Embè?”.
La stima del Cognulo, a seguito di ciò, venne man mano meno, causandogli una profonda depressione, che vince tuttavia con un nuovo, repentino cambio: si iscrive al Partito Comunista e si candida alle elezioni comunali nei primi anni sessanta, raccogliendo tuttavia pochi consensi.
Gli ultimi anni e la memoria
Ammalatosi gravemente, forse anche a causa di questi continui cambi di fede politica, si ritira a vita privata nella sua abitazione del centro storico, passeggiando al mattino con suoi coetanei e dedicandosi alla scrittura di un breve saggio sul boom economico di quegli anni, di cui tanto si parlava sui giornali, contrapposto alle condizioni economiche precarie dei quartieri popolari stabiesi, dal titolo “Ma nuje ce murimme sempe ‘e famme”.
Muore nel 1968, dopo aver rifiutato ogni proposta di pubblicazione dei suoi scritti. La loro diffusione rimane molto limitata all’ambito cittadino, mentre l’amico Giovanni Esposito, unico a conoscere realmente il suo valore intellettuale, li custodisce gelosamente. Solo dopo la sua morte, alcuni ritrovano un breve articolo che aveva scritto in occasione dell’eruzione del Vesuvio del 1944, in cui il Cognulo manifesta il suo stupore, dal titolo “Uanema r”o Priatorio”.
La saluto cordialmente, rinnovandoLe i miei sensi di stima per la preziosa opera da Lei portata avanti.
Prof. Catello Graziuso de’ Marini
Storie Minime ( episodi e brevi aneddoti di vita stabiese )
Ispirata dal carissimo amico Corrado di Martino, che nei suoi racconti concentra il potere di sintesi e la buona scrittura, questa rubrica accoglierà le storie e gli aneddoti di formato breve, di coloro che hanno qualcosa da raccontare. Va da sé, che non è necessario essere scrittori, per contribuire è sufficiente che gli scritti siano concisi e relativi al vissuto stabiese.
La rubrica è aperta a tutti, se avete un episodio da raccontare, contattateci quindi all’indirizzo: ricercatoredistabia@libero.it