L’eruzione del Vesuvio del 1906

L’eruzione del Vesuvio del 1906

articolo a cura di Maurizio Cuomo

In questa pagina presentiamo la cronaca dettagliata dell’eruzione del Vesuvio avvenuta nell’aprile del 1906, uno degli eventi più drammatici e solenni vissuti dalla comunità stabiese. L’eruzione, con la sua potenza distruttiva e il suo impatto emotivo, segnò profondamente la vita religiosa, sociale e culturale della nostra città. Migliaia di cittadini guardarono il cielo annerirsi, mentre le ceneri vulcaniche cadevano come pioggia sulla città, avvolgendo tutto in un’atmosfera surreale e inquietante.

Eruzione del Vesuvio con san Catello in esposizione

Particolare di un dipinto di Francesco Filosa (Cattedrale stabiese)

Le strade si riempirono di fedeli che pregavano in processione, implorando la protezione divina. Le campane della Cattedrale suonavano a lutto, ma anche a speranza. I sacerdoti, con coraggio e fede, guidavano il popolo tra le invocazioni e i riti sacri.

La statua del nostro San Catello portata in processione fece da guida come faro nelle tenebre.

In quei giorni drammatici, la spiritualità della città raggiunse un’intensità straordinaria. Le parole scritte allora testimoniano un sentimento collettivo di devozione e paura, ma anche di solidarietà e rinascita.

La cronaca che pubblichiamo è stata estrapolata da due preziosi scritti d’epoca, gelosamente custoditi negli archivi storici della Cattedrale di Castellammare di Stabia. Essa ci restituisce con forza le emozioni, le preghiere e i gesti di un’intera comunità che affrontò con fede uno degli eventi naturali più imponenti degli ultimi secoli. Condividerla oggi significa onorare la memoria di quei giorni e tramandare la forza spirituale che da allora anima ancora il cuore della nostra città.


Protezione della liberazione ottenuta nella terribile eruzione del Vesuvio mediante l’intercessione del nostro Protettore San Catello (libro VI delle conclusioni del Capitolo Stabiese pag. 18).

Fin dal giorno 2 aprile di questo corrente anno 1906 il vicino monte Vesuvio manifestò segni precursori di una eruzione. Aumentò l’attività nei giorni 5, 6, 7, con emissione continuata di lava di fuoco in vari punti, con sbuffi di cenere e sabbia, accompagnati a brevi intervalli da forti boati.

Nella notte però dal 7 al 8 di detto mese, giorno di Domenica delle Palme, l’eruzione pigliava tali proporzioni da ridestare la più grave costernazione ed il più intenso terrore, in un tratto si aprivano varie bocche che gittavano laghi di fuoco, sicché tutto il Vulcano sembrava diventare una massa di fuoco presentando terrificante spettacolo.

Allo spuntare dell’infausto giorno 8 immensa folla di gente di questa nostra città corse nella nostra Cattedrale fatta aprire ben per tempo e supplicava l’aiuto del nostro amato Protettore S. Catello, e più nostro vivo il desiderio che il venerando simulacro fosse portato fuori la Chiesa a vista del … monte.

Il Vesuvio visto da Pozzano

Vesuvio -1906- propr. G. Zingone

E infatti il nostro Eccellentissimo Mons. Vescovo, D. Michele De Jorio, fece recare la Statua sulla banchina del mare e fermarlo a vista del Vesuvio, nel momento in cui questo maggiormente infuriava versando dalle aperte bocche laghi di fuoco, di lapilli, di cenere di fumo tra guizzi spaventevoli di folgori, tra cupi boati e scuotimento della terra, ed egli stesso con forte voce innalzava la preghiera al Santo Patrono, preghiera che con vivo fervore e calde lagrime era accompagnata dalla calca di popolo ivi convenuta a supplicare il caro ed amato S. Catello e tosto come per incanto, sul nostro cielo si fece il sereno.

Un raggio di sole squarciando le nere ed infuocate nuvole che minacciavano a sterminio, venne ad illuminare il volto del Santo ed insieme il popolo che intorno a Lui pregava e piangeva, e dal quel momento tranne poca cenere e poco vento, il sereno confortò la nostra città.

La statua del Santo rimase esposta nella nostra cattedrale, ove era un continuando accorrere di fedeli a levare supplichevole la prece.

Scene di dolore furon viste in quei giorni nella nostra città, profughi a migliaia, convenuti dalle vicine città in parte danneggiate, e altre ancora sotto il timore di essere distrutte, a tutti rifugiati tra noi a … si aggiravano per la nostra città atterriti, squallidi, spossati, ansanti col pallore della morte sulla fronte cercando respiro e riparo: lo zelo del prelato Mgr. Vescovo seppe subito trovare mezzo di aiuto ed immediatamente nella istessa mattina di Domenica delle Palme sciolse il Seminario, ed in quel locale trovò mezzo a raccogliervi più di duemilaecinquecento di quei profughi dando ad essi fin dal primo momento pane e cibo.

A tale slancio di carità tutti si mossero a stendere benefica la mano agli affitti fratelli e clero e popolo, società e circoli ed autorità tutte gareggiarono nel dare conforto assistenza assidua, cure affettuose, ospitalità, cibo, abiti, dando medicina e quando fu necessario al soccorso, e ciò per circa dieci giorni fino a che l’eruzione andò scemando, il pericolo cessò e così potettero tornare ai loro paesi.

A tributo di riconoscenza per l’ottenuta liberazione mediante l’intercessione del nostro Augusto Patrono S. Catello l’istesso Mgr. Vescovo proponeva un giorno di festa e di ringraziamento fervoroso. E fatto convocare nel giorno 18 dello stesso Aprile il Rev.mo Capitolo proponeva tale festa nel giorno 22 domenica in Albis proposta che pienamente veniva accettata dall’istesso Capitolo.

La festa venne così celebrata: nel mattino del 22 l’Ecc.mo Mgr. celebrò Messa Solenne Pontificale assistita dal Rev.mo Capitolo, dopo vi fu la processione solenne della Statua, che uscendo circa alle 11 dalla Cattedrale percorse tutte le vie della città, cioè V. Gesù, Largo Mercato, strada Marina fino al R. Cantiere, e poi ritornando per la medesima strada, largo Fontana, strada S. Caterina 2° e 1° De Turris, largo Quartuccio, strada Napoli fino a largo Ferrovia, ritornando per la strada Corso Vittorio Emanuele, e giunta in piazza Municipio, a solenne ricordo di quanto si era avverato nella mattina memoranda del giorno 8 così la processione si dilungò sulla banchina del mare proprio a quel punto ove giunse nel predetto giorno, e dopo che l’Ecc.mo Pastore ebbe recitata altra preghiera ed impartita la pastorale benedizione, intonò solennemente il Te Deum e poi fece ritorno alla Cattedrale.

In seguito a tale festa nelle ore p.m. fu recitato discorso di occasione dal Rev.mo Canonico D. Placido Gambardella, Curato della Cattedrale, ed in ultima impartita dal medesimo Ecc.mo Mgr. Vescovo la benedizione trina col venerabile previo il canto del Te Deum di ringraziamento, notando si ancora che per tale ricorrenza la Cattedrale era gremita di popolo.

Can.co D’Arco segretario


Note: volgiamo un particolare ringraziamento per la gentile concessione della documentazione, a Don Ciro Esposito (ex parroco della Cattedrale) e al sig. Michele Sarcinelli.

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