Don Gino Patron
di Giuseppe Zingone
Nella pagina Fb “Eboli nella Storia“, compare una bella foto di un sacerdote a cavalcioni di un asinello e al suo fianco un ciucciaro, osservando attentamente questa immagine mi sono subito accorto che il sacerdote, Don Gino Patron, si trova sul piazzale del Monte Faito.
Vi sono altre immagini di questo padre salesiano che nelle sue prime ore pastorali fu a Castellammare a seguito del suo maestro e vescovo (della Città di Castellammare di Stabia) Don Federico Emmanuel.
Ad ogni modo, Don Gino, operò nella diocesi di Castellammare, dal 12 novembre 1936, al 16 aprile 1952.
L’alto prelato volle che Don Gino si occupasse dei giovani, cosa che questi, fece mirabilmente, per poi trasferirsi ad Eboli. Sempre tramite le pagine Facebook, sono entrato in contatto con la signora Carolina Patron, alla quale ho chiesto una biografia di Don Gino, è stata lei a suggerirmi questo necrologio.
Questo ampio scritto è di Don Angelo Visconti, il quale ci offre una interessante panoramica sull’apostolato di Don Gino Patron e della sua missione ed impegno pastorale a favore dei giovani sia a Castellammare di Stabia che ad Eboli.
NECROLOGIO
La sera del 12 novembre (1987) verso le ore 19.00, il forte cuore di don Gino Patron ha cessato di battere. Colpito da un male ribelle ad ogni cura, don Patron aveva lottato come un leone, con una prima ed una seconda operazione.
Aveva lottato con tenacia e con grande amore alla vita. Ma il suo destino era segnato. Bisognava che tornasse a casa, dopo quaranta anni vissuti ad Eboli, all’età di 79 anni. Solo dopo molto tempo, si è arreso e dopo la seconda operazione ha cominciato a fare i preparativi per la partenza. Ha stabilito ogni cosa per il dopo, passando per Padova, ha fatto una confessione generale, e con una grossa corona del Rosario si è preparato nella preghiera alla «sua Madonna Ausiliatrice» all’estremo passo.
Nella Chiesa di S. Bartolomeo tutti i sacerdoti hanno celebrato insieme all’Arcivescovo Mons. Guerino Grimaldi, che ha ricordato la figura e l’opera di don Patron.
Erano presenti i rappresentanti dell’amministrazione comunale con a capo il sindaco, le maestranze del Pastificio Pezzullo, insieme al senatore dott. Sossio Pezzullo, i fratelli e nipoti e tanta buona gente, che avevano potuto apprezzare lo stile di vita di don Gino.
Il manifesto del Clero della Forania di Eboli, lo ha definito gioviale educatore. La sua gioia vivace e intraprendente, il suo interesse per la gioventù, hanno fatto di don Patron un personaggio, cui gli ebolitani dovrebbero erigere un segno che lo ricordi ai posteri. C’erano anche alcuni di quei ragazzi che a migliaia ha incontrato nella sua vita di sacerdote, mi limito al sottoscritto e al dott. Pasquale Silenzio, che nella preghiera abbiamo potuto dire la nostra gratitudine, per averci aperto strade di vita che adesso con senso di responsabilità stiamo percorrendo.
Aveva lui stesso stabilito di tornare nel suo Veneto, di cui non aveva perduto né lo stile né il linguaggio. Aveva voluto tornare in quella terra dove tanti anni prima era partito per seguire la sua vocazione nella congregazione salesiana di don Bosco.
Dopo la messa funebre la salma è partita per Pianiga (VE) dove era nato il 18 agosto 1908. Un lungo viaggio di ritorno, da dove era partito per raggiungere Penango Monferrato, dove compì gli studi ginnasiali, successivamente dopo il noviziato è stato in Portogallo per quattro anni, dove affinò il suo spirito salesiano e imparò la lingua.
Poi a Chieri (Torino) per gli studi teologici, ma volle seguire il suo direttore divenuto Vescovo di Castellammare di Stabia nel golfo di Napoli.
È qui che il suo spirito veneto si coniugò con quello meridionale e seppe tradurre in termini pastorali efficaci la sua salesianità.
Fonda l’Oratorio don Bosco nei locali del Seminario e successivamente, nel terreno della mensa vescovile.
Era di casa nei cantieri navali di Castellammare, per ogni genere di aiuto per i suoi numerosissimi ragazzi figli della gente stabiese.
Ancora oggi il suo nome è ricordato a Castellammare da quei ragazzi divenuti padri e qualcuno sacerdote.
La guerra portò ancora per il mondo don Gino. Cappellano militare con grado di tenente, seguì le truppe italiane nella sfortunata campagna di Albania e di Grecia.
Restò con gli italiani della Repubblica di Salò, con spirito sacerdotale. Dopo lo scempio bellico tornò a Castellammare. Il suo amore ai ragazzi divenne impegno per la ricostruzione e il recupero della gioventù.
Gli fu di molto aiuto la sua amicizia con Silvio Gava, più volte ministro, e padre dell’attuale Antonio Gava. Ebbe titoli e riconoscimenti militari e civili come la Croce di Guerra, la commenda del Presidente della Repubblica.
Il suo vescovo se ne ritornò pensionato nella sua Genova e don Patron giunse nel 1948 a Eboli come parroco di S. Biagio. Era ancora così giovane e pieno di vita.
Ricco ormai di esperienza umana e pastorale. I più felici della sua presenza a Eboli furono gli anni cinquanta, mentre l’Italia era in piena ricostruzione. Riportò ad Eboli la sua passione per i giovani e i ragazzi, cui dedicò tutto il suo spirito, trascurando spesso i suoi impegni propriamente parrocchiali.
Girava l’Italia con sciame di ragazzi ospiti spesso di case e istituti salesiani. Eravamo ancora ragazzi e già eravamo stati a Torino, a Venezia, a nova, e tante volte a Roma dal Papa.
La sua verve allegra, scherzosa coinvolgente, lo portò a chiedere ed ottenere fiducia da tutti riuscendo a fare colonie, gite, spettacoli, giochi. Aveva straordinaria capacità di ottenere aiuti in denaro e provvigioni da quanti potevano permetterselo.
Credo che don Patron sia uno di quei sacerdoti, che più di tutti sia riuscito ad avere tanto danaro e aiuti che gli permettevano di realizzare molte cose.
Soffriva per le inevitabili invidie ma poteva confidare in persone che avevano di lui fiducia e stima.
Un particolare rapporto ha intessuto con il pastificio Pezzullo di Eboli, che ha voluto tenere vivo fino agli ultimi istanti della sua vita. Era un rapporto di tipo familiare sia con il comm. Luigi Pezzullo che con il figlio. Don Gino; alla Pezzullo era di casa, sempre pronto ad ottenere aiuto per i poveri, le istituzioni come il Seminario, conventi, situazioni di difficoltà.
Quando si trattava di fare una qualche festa, don Gino si trasformava in protagonista, regista, scrittore e musico.
Le feste alla Pezzullo avevano la sua impronta di entusiasmo e di servizio. Quando lasciò la parrocchia di S. Biagio in S. Nicola lo stabilimento dei Pezzullo divenne la sua parrocchia, gli operai i suoi fedeli, le maestranze i suoi collaboratori.
Molto di più e meglio si dovrebbe dire di don Patron. È stato certamente un uomo particolarmente dotato di senso di umorismo, forse un modo di essere in cui si concepisce la vita come un eterno gioco, uno scherzo, una risata continua.
A me ha sempre dato l’impressione che don Gino fosse rimasto eternamente contagiato dalla spensieratezza gioiosa dei ragazzi e degli adolescenti di cui si è sempre circondato.
È stato un ragazzo che non ha mai sentito la vita come tragedia e come dramma. Forse in lui si è realizzato psicologicamente e penso spiritualmente quella fanciullezza degna del regno dei cieli di cui parlava Gesù.
Preferisco ricordarlo cosi don Patron, con la gratitudine di chi è stato strumento di Dio per tanti ragazzi, che come hanno ricevuto da questo prete particolare con gli schiaffi (le pacchere come li chiamava lui) i calci, le caramelle, le gite, i canti e le recite, anche una gran voglia di vivere nonostante tutto.
L’articolo potrebbe dirsi concluso già così com’è, ma nell’Osservatore Romano della Domenica, compare una poesia in suo onore a firma Puf, “Un prete come dico io”.
Articolo del 20 agosto 2025
1. Puf, Un prete come dico io, in: L’Osservatore Romano della Domenica, Anno XII, n° 49, dell’8 dicembre 1946, pag. 8.




