Archivi categoria: Storia & Ricerche

In questa rubrica (anima del sito), sono pubblicate brevi storie e le ricerche  
effettuate dal Libero Ricercatore nella città di Castellammare di Stabia.

Colonia dei Ferrovieri - Pozzano (archivio liberoricercatore.it)

L’ex collegio orfani dei ferrovieri di Pozzano

a cura di Maurizio Cuomo

L’imponente edificio da anni abbandonato, che insiste su di un tratto della costa di Pozzano che gli stabiesi identificano con il nome di “Colonia dei Ferrovieri”, un tempo a noi non molto lontano era un collegio per i giovani orfani dei ferrovieri.

Colonia dei Ferrovieri - Pozzano (archivio liberoricercatore.it)

Colonia dei Ferrovieri – Pozzano (archivio liberoricercatore.it)

Per il piacere di sapere e soprattutto per lasciarne traccia alle future generazioni, rimettiamo in pubblicazione una interessante ricerca, tratta dall’antologia storica: “Stabiae e Castellammare di Stabia” di Michele Palumbo. Nella fattispecie con l’articolo a seguire, a firma di Giuseppe Gullo, l’autore descrive il Collegio di Pozzano dalle origini fino agli anni del suo massimo splendore (primissimi anni ’70 del ‘900).


Il collegio orfani ferrovieri a Pozzano1

Ad iniziativa dell’Opera di Previdenza del personale delle Ferrovie dello Stato, nel 1946 sorse a Castellammare di Stabia un Collegio per accogliervi gli orfani, di ambo i sessi, dei ferrovieri. Allo scopo fu adibito il fabbricato alla via Sorrentina, originariamente costruito per gli uffici del Cantiere mercantile Calabretta, opportunamente trasformato e dotato di ogni conforto, giacché già da diversi anni veniva utilizzato, dalla detta Opera di Previdenza, per ospitare la Colonia estiva per gli stessi figli di ferrovieri. Il Collegio cominciò a funzionare il 9 ottobre del 1946, mentre era Capo del Compartimento F.S. di Napoli il dott. ing. Morando Morandi. Continua a leggere

  1.  da: Antologia storica: “Stabiae e Castellammare di Stabia” di Michele Palumbo, Aldo Fiory Editore – Napoli. Anno 1972. Pagg. 384 – 385. Brano n. 276 di Giuseppe Gullo.

Michele Grigorief

Michele Grigorief

a cura di Giuseppe Zingone

Michele Grigorief, donne terribili

Lo stratagemma di un giovane stabiese, “giovane prodigio” delle lettere, con tanta voglia di veder pubblicati i suoi racconti dai giornali della sua epoca, induce ad una riflessione, valida ancor oggi. Continua a leggere

G. B. Pacichelli ” Regno di Napoli in Prospettiva….” (coll. Gaetano Fontana)

Castello da mare: 15 novembre 1085

Castello da mare: 15 novembre 1085

nascita ed evoluzione del nome cittadino

articolo del prof. Giuseppe D’Angelo tratto da: “I luoghi della memoria”

G. B. Pacichelli ” Regno di Napoli in Prospettiva….” (coll. Gaetano Fontana)

G. B. Pacichelli ” Regno di Napoli in Prospettiva….” (coll. Gaetano Fontana)

E’ dell’anno 1085[1] (e non 1086, come riporta tutta la letteratura locale, e non solo locale) il primo documento che parla di Castello da mare. Successivamente compare la forma Castrum maris de Surrento[2] ed infine Castrum maris de Stabia, anche nella variante Castrummaris de Stabia.[3] Quindi dal sec. XIII e fino al sec. XVIII si ha Castrummaris de Stabia e Castel­lammare di Stabia. Nel secolo successivo nei documenti troviamo soltanto Castellammare e dal periodo francese (1806‑1815) Castellamare con una “m”.[4]
Sennonché con Delibera Consiliare del 4 novembre 1862, “considerando che questo Comune ha origine dall’antica Città di Stabia” si chiese al re il cambiamento in Castellammare di Stabia; ma il Decreto Reale del 22.1.1863 n. 1140, per un errore materiale, approvò il nome di Castellamare di Stabia con una sola “m”. E bisogna giungere al 1912 (Delib. Cons. Comun. del 31 maggio) per riottenere Castellammare di Stabia, con due “m” questa volta.[5]
Dopo pochi anni, però, nel 1922 (Delib. Cons. Comun. del 16 dicembre) il Comune pensò di mutare il nome in Stabia; si decise si sottoporre la questione a referendum popolare consultivo, cosa che “regolarmente” non avvenne.
Nel 1935 la Società “Dante Alighieri”, con un’arruffata relazione (…secondo le direttive del Duce…; …nell’interesse della diffusione della lingua nazionale…) fece propria la proposta del 1922, ma una nota riservata della Prefettura di Napoli, del 3.11.1937, (… per non sollevare vespai, viste le differenti opinioni etc. si prega non farne più niente …) bloccò ogni iniziativa. Un tentativo, senza esito, fu fatto anche nel 1961.[6] Come si vede, una storia molto tormentata.


Note:
[1] Il prof. Catello Salvati, studiando il documento edito da FILANGIERI RICCARDO, Codice Diplomatico Amalfitano, Napoli, 1917-Trani, 1951, pp. 128-8, e da questi attribuito all’anno 1086, si avvide che non vi era la dovuta corrispondenza tra giorno mese ed anno con l’indizione. Difatti il documento è datato 15 novembre 1086 9a indizione; mentre la nona indizione inizia il 1 settembre del 1085 e termina il 31 agosto del 1086. E’ evidente, quindi, che l’atto va retrodatato e collocato al 15 novembre dell’anno 1085.
[2] Fascicolo Angioino 92, fol. 8: in inquisitione facta castrorum imperialium tempore Frederici II in castris Principatus (…) Castrum maris de Surrento et castrum Scafati possunt reparari (…); (Traduz. “Nell’inventario dei castelli imperiali, all’epoca del re Federico II di Svevia dei castelli del Princi­pato, [vi sono] il Castello a Mare di Sorrento e quello di Scafati che devono essere riparati”) Registro Angioino 1274, B, n. 149, fol. 256v: pro raparatione Castri ad mare de Surrento, 21 Julij 1275.
[3] Registri Angioini, passim.
[4] ASC, passim.
[5] ASC, Registro delibere Consiglio, anno 1862 e 1863; ASC, Busta 305, inc. 13, doc. 1.
[6] ASC, Fascc. vari, in part. Busta 305.13.1‑2; Busta 305.13.3.

Catalessi a San Catello

San Catello e il curioso caso di catalessi. Correva l’anno 1899

articolo a cura del dott. Raffaele Scala

È sempre pieno di sorprese San Catello. In ogni tempo! Già altre volte abbiamo scritto storie curiose, fatti, persone e vicende legate alla sua festività, anzi alle sue due festività, perché, come è noto, San Catello si festeggia due volte, il 19 gennaio, giorno in cui  ricorre la sua festa civile e la seconda domenica di maggio, quando è portato in processione per le principali strade cittadine tra due ali di popolazione adorante. Oggi un poco meno, ma ancora resiste, nonostante tutto, non fosse altro per la curiosità dell’evento tramandato da diversi secoli e per la bella giornata di sole che quasi sempre accompagna la sua annuale uscita dalla cattedrale, invitando gli stabiesi, curiosi, turisti e quanti altri a fargli da corona.

San Catello a Piazza Orologio

San Catello a Piazza Orologio

Santo amato e venerato dagli stabiesi, di cui fu vescovo nel VI secolo, nonostante si dica fosse notoriamente protettore dei forestieri, municipio e popolazione non badavano – e ancora non si bada – a spese per le dovute onoranze, tra banda musicale, luminarie, bancarelle, fumi, fuochi e tric trac. Un giornale  del 1910 racconta che se ne andavano in spese municipali dalle 35 alle 40mila lire dell’epoca, circa 164mila euro di oggi, anno del Signore 2023.[1] Continua a leggere

Domenico Morelli

Domenico Morelli

di Giuseppe Zingone

Domenico Morelli, autoritratto

Il brano che segue è tratto dalle Acque e il Maestrale, opera di Piero Girace, il quale a sua volta si rifà al racconto del padre il barone Francesco. Un avvenimento importante, si profila per la città di Castellammare, quasi epico, per i giovani “artisti” coinvolti (nel senso più nobile e generale della parola) i quali sentono in cuor loro il dovere d’andare a trovare il grande pittore Domenico Morelli, su a Quisisana è l’estate del 1885. Questo bel racconto è corredato anche da un documento “unico” che ne comprova l’accadimento. Altra cosa importante è che fino all’incontro tra Morelli e i giovani stabiesi, la città non aveva memoria del fatto che Giuseppe Bonito fosse nato nella città delle acque. E se anche gli fu intitolata la via che da piazza Giovanni XXIII serpenteggia in direzione acqua della Madonna, un busto al pittore, (opera dello scultore prof. Antonio Mennella), fu inaugurato su iniziativa della locale Azienda di Cura, Soggiorno e Turismo, solamente il 25 settembre 1960.

Una serata nella Villa di Morelli

Si vede passare, sotto il sole di mezzogiorno, nel corso Vittorio Emanuele, un giovane magro, con una barba alla Nazareno, il cravattone repubblicano, gli occhi vivacissimi: reca un fascio di carte sotto il braccio, e si avvia a passi celeri alla tipografia Elziviriana, dove si stampa un modesto foglio paesano: L’Amico del popolo. Questo giovane è il direttore della tipografia e del piccolo ebdomadario politico-letterario, il quale sebbene rechi nella testata lo stesso titolo del terribile giornale maratiano è in sostanza un foglio innocente, in cui si agitano gli ideali di una gioventù sognatrice.

L’Amico del Popolo, tipografia Elzeviriana di Castellammare

Il giovane si chiama Francesco Girace. Egli ha saputo della venuta in Castellammare del grande pittore Domenico Morelli, e si affretta a preparare una edizione straordinaria del giornale, per dare il saluto della cittadinanza all’ospite illustre. In questo foglio ogni settimana, oltre i sogni amministrativi, fanno la loro apparizione, consumando più di una pagina, gli ideali letterari ed artistici di un esiguo gruppo di giovani stabiesi. I caratteri elziviri della tipografia, del tutto nuovi per Castellammare, hanno (pag.45) grande successo, e costruiscono, puntualmente ogni settimana, odi barbare di stile carducciano e liriche di sapore stecchettiano.

La notizia della venuta di Morelli si è propagata in un momento in tutta la città, ed ha destato storici entusiasmi in tutti i bravi e focosi artisti paesani. Essi hanno avuto agio di ammirare le tele di questo grande pittore, il quale è un temperamento sanguigno, esuberante, ricco alla maniera tizianesca, ed ha rivelato a tutti un mondo nuovo, in cui la realtà vive nella forma più aristocratica e spirituale. Egli è il creatore del realismo pittorico.

I giovani si propongono di conoscerlo di persona. E’ il mese di luglio del 1885. Castellammare ha una giocondità giovanile: gioconde le sue case vestite di rosa e di bianco; festose le sue strade piene di gente allegra e spaesata. Morelli ha preso in fitto una villa solitaria a Quisisana, in prossimità della reggia borbonica. Il direttore del giornale, appena giunge in tipografia – ha trattato non poco in lungo e in largo per il paese – non si toglie nemmeno il cappello, non si asciuga il sudore che gli gronda per il volto barbuto e corre subito allo scrittoio, sul quale si ammucchiano carte di ogni genere, e si affaccenda, febbrile, intorno alle bozze da correggere. Corregge ed il sudore scivola per le gote infiammate, percorre la barba rossigna, e cade sulle carte. E’ un luglio diabolico…

Entra in quel momento, con la sua aria serena, di sognatore in pace con il mondo e con sé stesso, il pittore stabiese Enrico Gaeta, il quale ha già partecipato con successo alle grandi promotrici napoletane ed a varie mostre internazionali, come quella di un anno prima, a Torino, dove egli si è recato insieme con il suo amico giornalista. Ed il pittore ha con sé il cavalletto e la cassetta con i colori, ché egli è reduce da una delle sue (pag. 46) tante peregrinazioni su per le colline ed i monti di Castellammare, dove tutti i giorni si reca alla scoperta dei bei paesaggi stabiesi.

Ha il volto madido di sudore. La passeggiata è stata abbastanza disagevole, ed egli è stanco morto. Siede su di una sedia e si mette a conversare con il suo amico, il quale riordina le bozze sparse sul tavolo, e dice ai tipografi di dar presto mano alla tiratura del giornale. Parlano della venuta del Maestro entusiasmandosi vicendevolmente delle ultime opere che questi ha esposto con gran successo; e dopo un poco, stabiliscono di andare insieme a fargli una visita. Vogliamo andare stasera? – propone il pittore. Benissimo. Questa sera.

La tipografia è profonda e polverosa. Il sole di estate investe le pareti, sulle quali stanno attaccati manifesti elettorali e fotografie di candidati. Collettoni alla Crispi, baffi enormi, pose statuarie. Sono i resti malinconici della gran baldoria delle elezioni politiche, che hanno avuto luogo due mesi fa. Mentre parlano così e il pittore si asciuga il sudore e il giornalista si liscia soddisfatto la barba fulva, si apre la porta a vetri della tipografia ed appare nero e gagliardo, il volto del verificatore metrico (Francesco ndr.) Limarzi:[1. Della Famiglia Limarzi leggi: La Famiglia Limarzi a Castellammare.]è un letterato finissimo ed ha tradotto da poco il Paradiso di Dante in dialetto calabrese. E’ alto, erculeo, rumoroso. Fa risuonare l’accento della Sila in un saluto cordiale.

Sapite che vinne Morelli? Così dicendo egli blocca in uno sguardo interrogativo i due giovani, che danno in una franca risata. – Eh! Se lo sappiamo! Arrivate in ritardo. Lo sappiamo da stamattina, e questa sera andremo anche a fargli visita. Oh! Na visita a Morelli? Allure vegno pure eo. Il calabrese traduttor di Dante è ansioso di conoscere Morelli, anche perché ha un figlio adolescente, il quale è studente dell’istituto di Belle Arti di Napoli.

Francesco Limarzi, Il Paradiso di Dante in dialetto calabrese, Tipografia Stabiana 1874

Questo suo figlio (Eugenio ndr.) ha una vera vocazione per la pittura tutto il santo giorno non fa che disegnare a penna, a lapis su di ogni pezzo di carta che trova in casa. Il verificatore metrico non si può contenere per la gioia; egli pur essendo più anziano del pittore e del giornalista, è di una giovialità grandissima, ama la letteratura, la pittura, la musica; tutto ciò che è arte egli coltiva con la passione di un giovane. Mentre gli amici conversano, i tipografi hanno già approntato le pagine del giornale sul marmo, ed ora danno mano alla macchina Marinoni per la stampa. La macchina è messa subito in azione, ed i giornali, freschi d’inchiostro, lucidi, incominciano ad ammucchiarsi a terra. La testata dell’articolo di fondo – Saluto a Morelli spicca con i bei caratteri pesanti romani. Fra poco, appena la tiratura sarà ultimata, verranno gli strilloni, ed inizieranno la vendita per le strade di Castellammare. Il direttore dell’Amico del popolo è soddisfatto della sua fatica, i suoi occhi brillano più del solito, egli conversa allegramente con i suoi due amici, ai quali è piaciuta molto l’idea di dare il saluto a Morelli, facendo un’edizione straordinaria del giornale.

Tranvia a Corso Vittorio Emanuele – Castellammare di Stabia

Ormai tutto è convenuto fra loro. Questa sera a casa Morelli. Bisogna soltanto avvertire l’archeologo Giuseppe Cosenza, il quale ha già fatto un pregevole lavoro su Stabia, per cui è stato molto elogiato dal professor Spinazzola, che ha la cattedra di archeologia nella R. Università di Napoli. Sono le quattordici e trenta. Per il corso Vittorio Emanuele, sul quale incomincia a incombere la canicola, passano i villeggianti che tornano dalle Terme e dalle spiagge in carrozzella Il direttore, prima di lasciar la tipografia, chiama il galoppino e lo spedisce alla villa Morelli a Quisisana, con una copia dell’« Amico del popolo », ancor fresco di torchio.

Alcuni giovani a piedi vanno discutendo per il grande viale che mena alla reggia borbonica di Quisisana. Le loro voci rintronano intorno, rauche, forti, stridenti. Chi sono insomma questi giovani? E che cosa vogliono che gridan tanto? Essi sono la giovane e focosissima arte paesana, la quale si avvia a rendere omaggio al grande Pittore napoletano, che si è rifugiato nella piccola villa di Quisisana, in cerca di tranquillità. E’ sera. Si ode risonare nel profondo viale il cigolio delle carrozze, che ritornano con i signori alle ville. Gli antichi boschi echeggiano di voci, e le coppie, così dolce amare in questi boschi di sera si disperdono per i sentieri, che menano alle Fontane del Re.

La villa del Maestro trovasi accanto a quella del Principe di Moliterno, in un luogo solitario. La comitiva avanza, rumorosa, nel viale. Barbe repubblicane, cravattoni, cappellacci dalle larghe tese, parole grosse, erudizione, ideali. Hanno tutti il volto fiero e gli occhi luminosi. Specie il verificatore metrico, con la sua barba da brigante silano, ed il giornalista, magro, con il cappellone e la barba diabolica. Tutti insieme sembran degli eroi che marcino alla conquista di un fortilizio. Perché questa che fanno non è veramente una passeggiata, ma quasi una marcia. Ci son tutti: Enrico Gaeta, pittore; Giuseppe Cosenza, archeologo; Limarzi, verificatore metrico e letterato, il quale ha condotto con sé anche il figliuolo adolescente; il signor Weiss, albergatore ed artista; Ciro Denza, pittore (fratello di Luigi autore di Funiculi-Funiculà); Francesco Girace, giornalista e letterato; il signor Giannetti, medico e buongustaio di musica. Tutti artisti o quasi. Il Verificatore metrico porta con sé grandi rotoli di carta. Sono i primi saggi di suo figlio. Arrancano.

Finalmente giungono alla villa di Morelli. Bussano. Vien loro aperto e presto sono condotti al cospetto del grande Artista. Maestro. Professore. I saluti e le esclamazioni riecheggiano nell’anticamera. Morelli, bonario, li accoglie tutti con molta familiarità. Il ragazzo del Verificatore metrico se ne sta tutto confuso e stordito, e guarda incantato Morelli, che lo carezza paternamente. Il Maestro ha una barba grigia e folta, nella quale spesso, va a disperdersi il suo sorriso benevolo. Sembra un patriarca. Ne ha tutta l’aria. Sereno, bonario, introduce gli ospiti nella sua casa, e conversa con loro come se li conoscesse da chissà quanto tempo. Siedono tutti in una sala, ed ivi, incominciano a sciogliere completamente la lingua, e a dar di mano ad argomenti di arte e di letteratura. Bisognerebbe ascoltarli; parlano con calore, gesticolano. Si sentono ormai come in casa propria. Il Maestro con i suoi modi familiari li ha liberati dall’imbarazzo. Trovarsi faccia a faccia con il grande pittore, c’è veramente da impappinarsi e diventar piccini e goffi come collegiali.

Parlano della mostra dell’anno passato a Torina Quella è stata una gran mostra. Morelli ha avuto agio di ammirare in quella esposizione le tele di Enrico Gaeta Magnifici paesaggi di Castellammare; il Mattino nel burrone », il « Cortile rustico», nei quali prevale un senso obbiettivo della realtà, Commentano i quadri di Eleuterio Pagliano, Giuseppe Bertini, Luigi Mussini, Amos Cassioli, Achille Vertunni, Gioacchino Toma, Delleani, ecc. Ma tutto ciò, per quanto lo interessi, mantiene sulle spine il Verificatore metrico, il quale tiene accanto a sè sul sofà, i rotoli di carta, e non vede l’ora di spiegarli. L’adolescente si sente disorientato in mezzo a tutte queste barbe e zazzere. Preferirebbe andarsene a casa, a schizzar paesaggetti e figurine, sui grandi fogli ch’egli prende dallo studio del Verificatore. Morelli esce a parlare di Bonito, pittore stabiese del settecento, chiamato in arte Peppariello di Castellammare. Quasi tutti gli ospiti ignorano che Bonito sia nato a Castellammare, e che sia stato un verace stabiese durante tutta la vita, collerico, entusiasta, valorosissimo, uomo di passione. Ma di tutto ciò nessuno sa niente. Morelli rimane sorpreso. Possibile? Peppariello di Castellammare era un ottimo pittore. Magnifico ritrattista.

Giuseppe Bonito - autoritratto

Giuseppe Bonito – autoritratto

Per i giovani, compreso il Verificatore metrico che si liscia la barba, la notizia è una vera rivelazione. Cosenza ne farà oggetto di un suo lungo studio, il direttore dell’ Amico del Popolo », scriverà un articolo sull’argomento, e farà la proposta al Comune di intitolare una delle strade di Castellammare al nome del grande artista stabiese. Discutono ancora di don Giacinto Gigante che è morto da diversi anni. Don Giacinto è il rivoluzionario per eccellenza della pittura. Gaeta è stato suo allievo. L’ora trascorre, Weiss che ha una bella voce canta una romanza di Tosti. Il signor Weiss è imponente ed atletico. Dirige una pensione molto accreditata presso gli stranieri, ma nelle ore libere dipinge o studia musica. Morelli continua a conversare. Egli incomincerà a dipingere un quadro a Quisisana. Sarà «La preghiera di Maometto prima della battaglia ». E un soggetto questo che egli ha in mente da vario tempo. Le pagine di Renan hanno non poco influito su di lui. Quella Vita di Gesù è un capolavoro; è un opera umana, piena di poesia. Da un certo tempo il Maestro predilige i soggetti dell’oriente: Cristo Deposto, Le Tentazioni di S. Antonio hanno avuto successi grandiosi. L’aria di Quisisana, chiara, mite, si presta molto per creare l’atmosfera mistica della Palestina. Questo è l’argomento più importante della Si è fatto tardi. Il Verificatore metrico si fa coraggio alla fine e dice a Morelli: Maestro, vorrei farvi vedere i lavori di questo ragazzo. Ed indica il giovinetto, che se ne sta li, mezzo stordito. Sì, fatemeli vedere. Allora il professor Limarzi, raggiante, spiega i grandi rotoli e li porge al Maestro. Sono paesaggi, figure, fatti a penna ed a lapis. Sussegue un religioso silenzio. Morelli osserva le carte spiegate davanti a lui. II Verificatore metrico attende ansioso. Infine dice: Che ve ne pare? Che ve ne pare? Morelli carezza l’artista adolescente che sta accanto a lui con il volto compunto e gli occhi abbassati, poi con un sereno sorriso risponde: Non c’è male. Per la sua età è già molto. Il giovane ha molte attitudini. Deve però lavorare ancora; lavorar molto e studiar molto. II Verificatore, soddisfatto ripiega i rotoli, e chiede al Maestro se è il caso di far continuare il ragazzo su quella strada. Bisogna farlo continuare.

Il giovane ha molte attitudini. risponde Morelli. Si fanno ancora altre chiacchiere. Nessuno si accorge che ormai è tardi. Gli ospiti non vorrebbero andar mai via; vorrebbero restare a conversare con il maestro per tutta la notte. Alla fine si accomiatano tutti insieme, e chiedono scusa del fastidio. Uno di essi sulla soglia dice al Maestro: Però se lo permettete, noi ritorneremo ancora qualche altra volta quassù.. Venite quando volete. Mi farete immenso piacere. Verremo, Maestro. Verremo certamente rispondono tutti in coro. Il direttore dell’ Amico del Popolo » è contentone. Morelli ha apprezzato il suo scritto. Contento è il Verificatore. Contenti sono tutti gli altri. E come una frotta di studenti, tutti insieme, salutando, riescono nel viale di Quisisana, sul quale naviga la luna. E’ mezzanotte.

I seguenti documenti sono del Dottor Vincenzo Dolce erede Girace:

Altri documenti di Piero Girace

Articolo terminato il 20 marzo 2023