Carciofaie nelle paludi di Schito: un raro caso di anofelismo senza malaria
articolo tratto da “L’Italia Agricola”, anno 62 – n. 8, 15 agosto 1925
a cura di Maurizio Cuomo
Sempre attenti a valorizzare le peculiarità del territorio stabiese, oggi riproponiamo un curioso articolo pubblicato nel 1925 sulla rivista L’Italia Agricola.
L’articolo, intitolato “Carciofaie nelle paludi di Schito, esempio di anofelismo senza malaria”, mi fu segnalato anni fa dall’amico Nicola Del Gaudio. Descrive un fenomeno naturale insolito osservato nelle paludi di Schito, nella periferia nord di Castellammare di Stabia. L’articolo offre una preziosa testimonianza della coltivazione agricola dell’epoca, con particolare riferimento alle carciofaie.
Ma soprattutto racconta un fatto sorprendente: la presenza di zanzare anofele – note per essere vettori della malaria – che, in quel contesto, non pungevano l’uomo. Un raro caso di anofelismo senza malaria, reso possibile da una combinazione di fattori ambientali e abitudini locali.
Le paludi di Schito: un caso che incuriosì gli studiosi
Per anni, le paludi di Schito ospitarono zanzare anofele senza che si registrassero casi significativi di malaria. Questo fenomeno attirò l’attenzione di agronomi, igienisti e studiosi di sanità rurale, diventando un caso emblematico. Il motivo? Va cercato nello stile di vita degli abitanti e nell’uso del territorio.
Abitudini quotidiane e adattamento delle zanzare
All’epoca, le paludi erano utilizzate sia per la coltivazione – soprattutto di carciofi, che ben si adattavano ai terreni umidi – sia come pascoli. Al tramonto, i guardiani lasciavano gli animali nelle zone basse e salivano sulle alture di Lettere e Gragnano per la notte.
Questa semplice abitudine generò un effetto inatteso: le zanzare, trovando solo bestiame, si abituarono a pungere esclusivamente gli animali. Così facendo, trascurarono l’uomo come fonte di nutrimento. Gli studiosi dell’epoca definirono ironicamente questa situazione come un caso di “anofeli misantrope”.
Un equilibrio inconsapevole tra uomo e natura
Questo episodio dimostra come le pratiche agricole e pastorali, anche involontarie, possano incidere su dinamiche sanitarie complesse. Le carciofaie, immerse nel paesaggio palustre, non solo garantivano reddito agli agricoltori, ma contribuirono – inconsapevolmente – a contenere il rischio malarico.
Un’esperienza locale che evidenzia l’importanza del rapporto tra uomo, territorio e natura. Anche a distanza di un secolo, resta un esempio affascinante e attuale di come l’ambiente influenzi la salute pubblica.
Note: per eventuali approfondimenti, è disponibile l’articolo originale in formato PDF, gentilmente concesso dal collezionista Gaetano Fontana.