Carabiniere Giovanni Elefante

Il carabiniere Giovanni Elefante

a cura di Gaetano Fontana

Il Carabiniere Giovanni Elefante

Il Carabiniere Giovanni Elefante

Purtroppo, molti nostri concittadini appartenenti alle forze dell’ordine sono caduti in servizio o a causa della divisa che indossavano.

Tra di essi, ricordiamo innanzitutto il Carabiniere Manfredi Talamo, morto alle Fosse Ardeatine.

A seguire, il Capitano della Guardia di Finanza Giovanni Acanfora, ucciso nelle foibe.

Inoltre, il poliziotto Mario Della Sala, ucciso il 4 ottobre 1943 dai partigiani jugoslavi a Gimino, in Istria, il cui corpo fu gettato nella foiba Pucicchi, da dove venne recuperato due mesi dopo dai vigili del fuoco.

Ricordiamo anche il Carabiniere Carmine D’Apuzzo, assassinato nel sonno nella caserma di Alcamo Marina nella notte tra il 26 e il 27 gennaio 1976. Va sottolineato che il caso non è mai stato risolto.

Un altro nome da onorare è quello del Maresciallo dei Carabinieri Antonio Dimitri, medaglia d’oro al valor militare, ucciso il 7 novembre 2005 a Francavilla Fontana nel tentativo di sventare una rapina.

Non possiamo dimenticare il Poliziotto Antonio Mosca, morto a Cesena il 29 luglio 1989 in seguito alle ferite riportate in una sparatoria con criminali appartenenti alla banda della Uno Bianca.

Infine, va ricordato il Carabiniere Giovanni Elefante, nato a Castellammare il 24 aprile 1932, che prestava servizio presso la caserma di Chiusano San Domenico (AV). Venne ucciso nel tentativo di arrestare un latitante. Sebbene questo episodio non risalga a tempi remotissimi, in città se ne è ormai perso il ricordo.

Proprio per questo motivo, mi è sembrato doveroso ricordare anche questo nostro concittadino, morto da eroe e oggi quasi dimenticato.

Di seguito, riportiamo quanto scritto nelle cronache di giornale all’indomani del tragico episodio:

Dal giornale “La Stampa” del 18 ottobre 1964

“Il 17 ottobre del 1964 in paese di dovevano svolgere i funerali della zia di Mario Porfido di 36 anni, a carico del quale la Procura di Velletri aveva emesso mandato di cattura per furto.

Il Porfido era stato condannato in contumacia a sei anni di carcere avendo rapinato, nel 1958, l’esattore Grazio Annaturo, padre di un funzionario di polizia.

Prevedendo che il Porfido avrebbe partecipato ai funerali della zia, il comandante della stazione dei carabinieri di Chiusano aveva disposto un opportuno servizio per catturarlo. Nei pressi del cimitero, una pattuglia si è imbattuta nel Porfido.

I carabinieri lo hanno subito riconosciuto e gli hanno intimato l’alt. Il ricercato, anziché aderire all’invito dei carabinieri, ha tentato di fuggire e con un balzo ha scavalcato un muricciolo, sperando di far perdere le sue tracce.

L’Elefante, invece, si è lanciato all’inseguimento del Porfido. Costui quando ha capito che non sarebbe sfuggito all’arresto, ha puntato due rivoltelle contro il coraggioso milite facendo fuoco. Due proiettili hanno raggiunto Giovanni Elefante al torace, ferendolo mortalmente.

Lo sventurato, che si era sposato da due anni con Anna Amatrudo di 29 anni ed era padre di un bimbo di undici mesi (Luigi ora fa l’avvocato), è stato subito soccorso dal compagno di pattuglia.

A bordo di una macchina di passaggio, il carabiniere e stato trasportato all’ospedale civile di Avellino, ma durante il tragitto è spirato.

Le indagini sul grave episodio sono state assunte dal Procuratore della Repubblica di Avellino; il comando di legione di Napoli ha disposto una vasta operazione per la cattura dell’omicida.”

Alle cronache verrà data poi la notizia che il suo assassino verrà arrestato alcuni anni dopo.

Per il suo Eroico sacrificio, fu decorato di Medaglia d’Argento al Valor Militare (alla memoria).

Questa la motivazione:

“Di servizio a stazione distaccata ed unico militare presente in caserma, visto transitare, a bordo di autovettura, pericoloso malvivente residente in altro comune, da tempo ricercato per espiazione di gravi condanne, al fine di riaffermare il prestigio e la forza della legge, lo affrontava da solo con generoso slancio e sprezzo del pericolo. Fatto da questi precipitare lungo una scala e ferito a morte, trovava la forza di reagire con la propria pistola, senza peraltro raggiungere l’aggressore per le sue ormai declinanti condizioni fisiche. Coronava così la sua giovane vita, dedicando al culto del dovere”

Il 24 aprile 2024, l’Arma dei Carabinieri lo ha ricordato con l’intitolazione a suo nome della Caserma sede della Stazione Carabinieri di Chiusano di San Domenico.

Voglio sottolineare che non sono uno storico. Sono una persona molto curiosa e che ama la sua città. Mi scuso se ho tralasciato qualcosa.

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