Acconciapiatti
a cura di Maurizio Cuomo
(articolo del 24 maggio 2025)
L’acconciapiatti (l’aggiustapiatti) era un artigiano prezioso. Un uomo del fare. Operava in un tempo in cui nulla si buttava via. Nella prima metà del Novecento, la parola d’ordine era conservare. Ogni oggetto rotto poteva avere una seconda possibilità. Anche un piatto scheggiato. Anche una zuppiera spaccata.
Quando qualcuno rompeva un oggetto in ceramica o terracotta, non lo gettava. Lo affidava all’acconciapiatti. Questo artigiano sapeva come intervenire. Prima osservava attentamente la frattura. Poi prendeva i cocci e li forava. Faceva due piccoli buchi, precisi. Uno per lato.
A quel punto usava un sottile filo di ferro. Con mani esperte lo piegava, lo inseriva nei fori, lo stringeva bene. I pezzi combaciavano di nuovo. Il piatto tornava intero, ma con una cicatrice. Tuttavia, il lavoro non finiva lì. L’acconciapiatti passava un po’ di colore bianco sulla riparazione. Così copriva il filo, mimetizzava il rattoppo.
Il risultato non era perfetto, ma era dignitoso. Il piatto poteva essere usato ancora. La zuppiera tornava sulla tavola. Anche con un piccolo segno, conservava la sua storia.
Questo mestiere richiedeva precisione, pazienza e rispetto per le cose. Era il simbolo di un’epoca in cui ogni oggetto aveva valore. Ogni crepa era una sfida da affrontare.
Oggi l’acconciapiatti non esiste più. Ma il suo lavoro resta nella memoria. Un gesto d’arte, di cura, di sostenibilità ante litteram. Un mestiere umile, ma ricco di significato.
Antichi mestieri stabiesi
Conoscere il micro-passato (il normale quotidiano soggettivo) può essere utile a capire la crescita economica e culturale di una intera popolazione. Questa modesta ricerca degli antichi mestieri (estinti e sopravvissuti), potrebbe aiutare a delineare con più chiarezza una parte dimenticata di vita stabiese vissuta.
Maurizio Cuomo