La produzione di gallette (foto Enzo Cesarano)

Galletta stabiese, storia di un celebre prodotto da forno

La Galletta stabiese, storia di un celebre prodotto da forno

secondo gli antichi dettami preparatori dello storico panificio “Casa del Pane Maresca”

( articolo di Enzo Cesarano )

Galletta

Galletta stabiese (foto Ferdinando Fontanella)

Il territorio stabiano grazie alla favorevole posizione geografica ha da sempre assunto un ruolo fondamentale negli scambi commerciali mediterranei.

La prospera attività del trasporto marittimo ha contribuito in modo determinante allo sviluppo dell’arte panificatoria che notoriamente caratterizza, insieme alle tantissime acque sorgive, la città di Castellammare di Stabia. Non è un caso, dunque, che fin dal Medioevo i mulini posti lungo la costa tra Torre Annunziata e Stabia sono stati di grande importanza, rifornendo la Capitale con la loro produzione di farina1.

La galletta stabiese, tra i prodotti da forno più celebri, nacque proprio intorno al 1300, il suo nome deriva da termine francese galet, ciottolo2 come allusione alla particolare forma tonda, schiacciata e dalla superficie bucherellata (originariamente i buchi erano ventotto, oggi molto meno).

La ricetta di questo biscotto ha ingredienti assai limitati: farina e acqua, senza sale e senza lievito. La preparazione invece richiede una buona dose di cura e esperienza: una volta lavorato l’impasto e modellato nella tipica forma, è necessario farlo cuocere due volte. La doppia cottura rende la galletta assai dura e leggera in quanto perde tutta la sua umidità3, nel dialetto stabiese questo processo ha dato origine al termine “ngallettare” che va inteso perciò come sinonimo di biscottare.

Un biscotto così fatto, estremamente duro e privo di ogni traccia di umidità, che poteva essere conservato per lunghi periodi senza pericolo di ammuffimento, fu presto eletto a cibo di eccellenza dei marinai che per renderlo commestibile erano soliti ammollarlo nell’acqua solfurea o nell’acqua della Madonna o addirittura nell’acqua di mare. La galletta trovò grande favore anche negli eserciti di tutto il mondo che la usarono, fino alla II guerra mondiale4,  come cibo di riserva per le forze armate di terra e di mare.

La durezza delle gallette stabiesi divenne assai celebre nei paesi limitrofi dove ancora oggi resiste un popolare detto che recita: “‘A galletta ‘e Castiellammare è stata trentaseie anni pe’ mare e nun s’è spugnata ancora5; oppure semplicemente la dicitura “‘A galletta ‘e Castiellammare” è stata usata per definire in modo dispregiativo una persona assai avara.

Verso la fine del 1700, quando i Borbone potenziarono la Marina Mercantile del Regno delle Due Sicilie, incrementando così l’intera struttura economica e militare del regno e garantendo migliori condizioni di scambio tra regioni6, la produzione del biscotto stabiese crebbe considerevolmente e la sua fama si estese a tutto il paese.

Il cuore produttivo della galletta divenne il centro antico, nei quartieri di Santa Caterina,  Largo Pace, Largo Spirito Santo, via Bonito si producevano quintali di gallette e nel 1880 l’Amministrazione comunale concesse un premio ai produttori di queste zone.

La produzione di gallette (foto Enzo Cesarano)

La produzione di gallette (foto Enzo Cesarano)

Vista la grande produzione di gallette, nell’Ottocento questi manufatti erano soggetti a vari dazi che aumentavano o diminuivano a seconda delle diverse vicende politiche, per contrastare queste fluttuazioni nel 1886 i gallettari si unirono in un’associazione a carattere sindacale per tutelare la loro attività produttiva.

Ancora nel secondo dopoguerra del Novecento lo scrittore napoletano Giuseppe Marotta in un racconto7, in cui descriveva il soggiorno a Castellammare di Stabia,  si diceva meravigliato dalla grande quantità di biscottifici presenti in città. Il boom di produzione è durato fino alla fine degli anni ‘70 poi, con l’avvento delle nuove tecnologie alimentari, la galletta è quasi scomparsa. Oggi viene ancora prodotta da pochi eroici panifici e biscottifici di antica tradizione per non far perdere né la memoria né il gusto.


A seguire le fasi di lavorazione eseguite nello storico panificio “Casa del Pane Maresca”:


Note:

  1. N. Faraglia: “Storia dei prezzi in Napoli dal 1131 al 1860”. In atti del Regio Istituto di Incoraggiamento, Napoli 1878, pp. 82.
  2. Cortellazzo Zolli: “Dizionario etimologico” . Zanichelli, Bologna 1980.
  3. A. Salzano: “Vocabolario Napoletano Italiano – Italiano Napoletano”. Napoli 1979.
  4. Devoto – Oli: “Dizionario della Lingua Italiana”. Le Monnier, Firenze 1982.
  5. A. Cimmino rubrica “Spigolature stabiesi”: https://www.liberoricercatore.it/spigolature-stabiesi/.
  6. G. Alberti: “La vita economica a Napoli nella prima metà dell’Ottocento – Storia di Napoli” Vol. IX, 1972 pag. 600.
  7. Giuseppe Marotta: “San Gennaro non dice mai no”, 1948.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *