Ll’urdemo craparo

di Maurizio Cuomo

Domenica, 24 luglio 2016, Giuseppe Di Martino, ha salutato per l’ultima volta l’amena collina di Madonna della Libera, in cui viveva. Nativo di Pimonte, ma cresciuto e vissuto da sempre a Castellammare di Stabia, “Peppe ‘o craparo” (questo l’appellativo con il quale veniva soprannominato), era dedito alla pastorizia caprina, una delle forme più antiche di allevamento praticata a gregge. Un lavoro duro, fatto di sacrifici, quello del pastore che aveva reso Peppe un vero e proprio personaggio del posto.

Peppe 'o Craparo (foto Maurizio Cuomo)

Peppe ‘o Craparo (foto Maurizio Cuomo)

La triste notizia della morte di Peppe, dataci dal naturalista Ferdinando Fontanella, suo caro amico, turba e non poco, i componenti del nostro gruppo escursionistico che si erano letteralmente abituati alla presenza di questo bravissimo uomo e del suo gregge di capre tra i monti stabiani. Sovente, infatti, lo incontravamo allo “Scurorillo”, alla Vena del Brigante, sul sentiero per Capo d’Acqua e ogni qualvolta, in punta di piedi, “invadevamo” il suo territorio per qualche nostra ricerca. Con lui eravamo soliti scambiare quattro chiacchiere… amavamo intavolare argomentazioni semplici sul quotidiano vivere. Se dovessi definire Peppe con un aggettivo, infatti, utilizzerei  proprio il termine “semplice” (come la sua persona). 

La sua giornata tipo si svolgeva tra le alture di Madonna della Libera, lui, sempre “armato” di un fedele bastone di sostegno (a suo dire ne conservava una intera collezione, di tutte le essenze arboree locali), che all’occorrenza utilizzava anche per far rientrare nel gregge qualche capretta smarrita, era solito portare in transumanza il suo gregge a pascolare, spostamenti della durata di un giorno alla ricerca di erba fresca e odorosa da far mangiare alle sue capre, che lo avrebbero ricambiato con del latte di ottima qualità.

Ricordo con sincero piacere, quando volendo approfondire la sua conoscenza, un giorno, gli chiesi quante capre avesse… lui da perfetto analfabeta, quale era, mi fissò rimanendo in silenzio; un po’ imbarazzato, ma intesa la situazione, allora gli girai la domanda in altra forma chiedendogli come potesse al rientro serale nell’ovile sapere se fossero rientrate tutte le sue capre, e lui con disarmante naturalezza rispose: “‘Se ne manca una me n’accorgo subito…”, vedendomi perplesso (ad occhio poteva avere circa una quarantina di capre), per confermare, ciò che aveva appena affermato, ebbe quindi a ribadire: “Si, me n’accorgo pecché ‘e saccio una per una!”. Questo era Peppe, un uomo amabilmente spontaneo, in simbiosi con il suo gregge, al punto di ritenerlo una famiglia!!!

Una volta, incrociandolo per caso nella fitta vegetazione, gli abbiamo chiesto indicazioni utili ad accorciare il cammino, e lui da perfetto uomo di montagna, come se i sentieri (per me apparentemente tutti uguali), fossero vere e proprie strade, utilizzando antichi toponimi, ci indicò la scorciatoia più agevole per il rientro.

Peppe in prossimità della Vena dei Briganti

Peppe in prossimità della Vena dei Briganti (foto Maurizio Cuomo)

Volendogli dare la giusta attenzione che meritava, abbiamo ritenuto opportuno ricordarlo in questo brevissimo scritto. Con la morte di Peppe ‘o craparo, purtroppo, termina anche la pastorizia caprina stabiese, con lui va via una preziosissima miniera di sapere antico, ma soprattutto una bella persona, che noi di liberoricercatore.it abbiamo avuto la fortuna ed il privilegio di conoscere.


Il ricordo fotografico di Gaspare Adinolfi

Grazie a Nando e a Maurizio, ho avuto il piacere di conoscere Peppe nel Vallone Scurorillo: quando noi del gruppo escursionistico ci salutammo, con lui proseguii via Scalandrone fino alla sella di Currione, dove poi ognuno andò per la sua strada, io con le mie fotocamere, lui con il suo gregge.
Di Peppe ho un ricordo un po’ confuso, forse a causa dell’entusiasmo (mio) di camminare con un uomo così vitale; ricordo illuminato solo dal suo grande e bonario sorriso. Chissà quante storie avrebbe potuto raccontare a noi giovani, spesso proiettati troppo in là o troppo in sé per cogliere e comprendere alcuni brani di vita vissuta che – ne sono certo – dalla bocca di Peppe avrebbero preso la forma ora romanzata ora enfatizzata ora veritiera di una ininterrotta esperienza in Natura.
La notizia della sua scomparsa mi rattrista, ma conservare di lui alcune fotografie mi risolleva un po’ e mi spinge a condividere con voi quei momenti fissati per sempre dal diabolico strumento fotografico.

Gaspare Adinolfi

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