Castellamare (1847) (Vue prise à Castellamare)

Per il piacere di riscoprire il fascino trasmesso da uno scritto antico (edito nel 1847) e per meglio apprezzare la storia che ha visto protagonista la nostra terra, pubblichiamo la traduzione di un articolo tratto dal celebre giornale francese “Magasin Pittoresque“, nel quale viene magistralmente descritta l’allora “Castellamare”. Il materiale di ricerca è stato gentilmente concesso dal collezionista stabiese Gaetano Fontana, la traduzione del testo è stata operata dalla dott.ssa Marianna Nasti.

Maurizio Cuomo


Castellamare: veduta da Pozzano

Castellamare: veduta da Pozzano

Castellamare (1847)

A quattro miglia da Pompei, dirigendosi verso la spiaggia di Castellamare, ci si ritrova sulle rovine dell’antica Stabia. Dapprima abitata dagli Oschi, poi dagli Etruschi, in seguito dai Sanniti, questa città fu occupata sotto al Consolato di Pompeo e di Catone, dai Romani che avevano poco a poco sterminato le prime popolazioni stabilitesi in questo posto. Sotto Silla, all’avvicinarsi delle guerre civili, diventa un mucchio di rovine, da cui emerge un piccolo paese, ben presto ricoperto dalle ceneri fuoriuscite dal Vesuvio durante la grande eruzione dell’anno 79. Mentre nel secolo scorso si diede inizio agli scavi per ritrovare le città inghiottite, si lavorò rapidamente il suolo di Stabia; ma man mano che si dissotterrava una parte, si colmava l’altra con la terra. I principali reperti rinvenuti furono qualche papiro, depositati, insieme a quelli di Pompei, nelle stanze del museo Borbone, a Napoli. Inoltre furono ritrovati alcuni resti di scheletri e di mobili preziosi, c’è chi suppone che gli abitanti avevano portato via le ricchezze durante la fuga. Questo reperto di distruzione segna l’entrata in uno dei più bei paesi del mondo. Lungo queste coste divenute celebri dopo la rovina delle tre città,  si arriva alla Penisola sorrentina,  paese piacevole

e fortunato al quale è stato dato il nome, qualche tempo fa, di paradiso dell’Europa. Da un campo di lutto, come per magia, ci si trova trasportati in una contrada dove tutto è bello, dove tutto respira la gioia e il piacere. Una brezza soave, una vegetazione fresca, i profumi di mille fiori, la vista di un paesaggio abbagliante, che riempie l’anima delle più dolci emozioni. In verità, si credeva che su un suolo dove un’intera popolazione aveva trovato la sua fine, le persone non avrebbero voluto piantare neanche le tende per trascorrerci una sola notte; tuttavia nello stesso posto dove Stabia godeva un tempo di un clima meraviglioso, allo stesso modo Castellamare fa risplendere quella sicurezza e allegria. Questa città sorge di fronte a Napoli, tra la spiaggia che circonda il cratere del Vesuvio e i pendii del monte Auro che la protegge dal vento d’Africa.

Si vedono le larghe e pulite strade, gli edifici raffinati. Le colline vicine sono ancora coperte da graziose casupole e numerose trattorie. Durante la stagione calda c’é una grande affluenza di persone che fuggono dalla città o che cercano il benessere. Per gli abitanti di Napoli è come un appartamento estivo, ad essi si aggiunge la folla di stranieri. A Castellammare e lungo la costa che porta a Sorrento, scorrono le numerose sorgenti di acqua minerale. Si distingue soprattutto l’acqua solfurea ferrata; le due acque ferrate, una antica e l’altra nuova; l’acqua acidula, e la nuova solfurea. Una folla di malati e convalescenti beve quest’acqua ottenendo ottimi risultati.  Tra i monumenti della città, principalmente si nota la cattedrale, dove si

possono ammirare i dipinti di Luca Giordano. Il porto è ampio, profondo e sicuro; dove spesso si vedevano i vascelli da guerra. Nei pressi si eleva un cantiere dal quale il re, tempo fa, faceva salpare le navi. In un altro cantiere, proprietà del commercio, si costruivano i brigantini e i battelli; ma la meraviglia di Castellamare è la casa reale che s’innalza dominante in cima. Salendo su c’è questo palazzo, un tempo chiamato Casa-Sana, e che il popolo ha soprannominato con l’espressione più viva “Qui-si-sana” (qui uno guarisce). Qui si trova la vegetazione più ricca, distribuita secondo un’arte intelligente, può produrre quanto di più fresco e piacevole: è come un parco inglese gettato su di una montagna svizzera tra gli orizzonti luminosi del cielo di Napoli.

Un pensiero su “Castellamare (1847) (Vue prise à Castellamare)

  1. Amelia

    Una meraviglia questo scritto. Io che sono natia di Castellammare , vissuta qui fino a 26 anni , non conoscevo questa storia , ma sono ben consapevole delle bellezze e ricchezze di questa cittadina, che mi manca molto…..e più trascorre il tempo , più sento il bisogno di tornarci almeno una volta ogni anno. Grazie mille a ” libero ricercatore ” per avermi dato ancora una volta la consapevolezza di aver lasciato una Terra stupenda.

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