Il saggio ginnico

Gli anni ’30 a Castellammare

Il saggio ginnico

nei ricordi del compianto Gigi Nocera

Il saggio ginnico

Il saggio ginnico

Durante gli anni in cui il regime fascista era al potere era uso festeggiare le più importanti date storiche con varie manifestazioni. Il 24 maggio (data in cui ebbe fine la prima guerra mondiale) gli alunni di tutte le scuole di ogni ordine e grado effettuavano un saggio ginnico presso il vecchio campo sportivo San Marco.
Poichè detto regime si rifaceva ai fasti della antica Roma, tutti i giovani erano inquadrati in una organizzazione denominata GIL ,Gioventù italiana del littorio (ed ecco qui il primo richiamo alla romanità). I più piccoli erano inquadrati nei “Figli della lupa” (la famosa lupa che la leggenda vuole avesse allattato Romolo e Remo); i più grandicelli erano “Balilla” ( nome con cui era noto il giovane genovese Giovan Battista Perasso, che durante l’occupazione della città da parte degli austriaci, alla metà del 700, scagliò un sasso contro un ufficiale nemico dando l’avvio alla rivolta per la liberazione di Genova. Diciamo un po’ come “Le cinque giornate di Napoli” quando gli scugnizzi parteciparono alla lotta per la liberazione della città da parte dei tedeschi.) I più grandi invece erano “Avanguardisti”.
Dunque ogni anno si svolgeva questa manifestazione. Gli alunni, a piedi, inquadrati classe per classe, partendo dalla propria scuola e da ogni punto della città, disciplinatamente (disciplinatamente come lo possono essere dei giovincelli che tengono l’artéteca), si affondava la lunga camminata.
Quasi sempre quei giorni erano caldi se non caldissimi e quindi molti di noi, da veri discoli dispettosi, si portavano da casa dei limoni che succhiavano tutte le volte che il maestro o il professore ci passava accanto. Ciò allo scopo di fargli venire l’acquolina e quindi il desiderio di addentare questo agrume. Finita via Nocera iniziava la strada lunga e polverosa, senza un albero e quindi senza ombra alcuna e in pieno sole, che portava al campo San Marco. Il caldo era soffocante e le magliette bianche con la scritta sul petto ONB (opera nazionale balilla) si appiccicavano addosso per il sudore. La divisa era completata da pantaloncini neri calzini e scarpe di gomma da ginnastica bianche. Stanchi, accaldati e irrequieti, arrivati al campo ci si schierava davanti alle autorità, i più piccoli davanti ed i più grandicelli dietro. I ragazzi da una parte e le ragazze dall’altra. Si, perchè a quei tempi non c’erano le classi miste, quindi maschi con maschi e femmine con femmine- Gli esercizi ginnici venivano come venivano dopo una faticata del genere. Finalmente, finita la manifestazione e sciolte le briglia, i più grandicelli non rientravano subito alle proprie case, ma con tutti i panni addosso ci buttavamo a mare chi alla spiaggia di via Garibaldi , chi come me, alla banchina di zì Catiello, cercando o’ scuoglio liscio per fare i tuffi.
I giovani allora non avevano altro : la “calata” a mare e i giochi di strada. E cioè o’ strummolo, e fiurelle, mazza e pìveze. Ci si accontentava di poco anche perchè le famiglie, quasi tutte, poco avevano, se non la spensieratezza, l’allegria la solidarietà, l’amore per la propria casa e la famiglia, come ben descrivono questi pochi versi del nostro grande Raffaele Viviani:

“Popolo sempre allegro e disperato,

barcune cu cepolle e sovre appese,

na canzone, nu muro suppuntato,

na festa e nu miracolo ogni mese.

Dint’ a nu vascio sette figli’ e ‘a mamma

dormene nzieme – Napule si chiamma!”

 

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