spigolature stabiesi

Spigolature stabiesi

“Spigolature stabiesi” ospita piccole curiosità e notizie spicciole riguardanti la città di Castellammare di Stabia. La rubrica è messa in essere allo scopo di far conoscere maggiormente Castellammare agli stabiesi (specie alle giovani generazioni). Le notizie sono “aperte” nel senso che possono essere chiarite, modificate e/o integrate. Se siete a conoscenza di curiosità interessanti utili ad arricchire la rubrica, siete pregati di contattarci.

spigolature stabiesi


    • Colazione operai del cantiere navale. A Largo Pace-Via Licerta c’era un grosso forno, detto di Cannone, che forniva anche la mensa della Navalmeccanica. Ogni mattina molti operai prima di recarsi a “marcare la cartella”, passavano da Cannone a prendere una pagnottella appena sfornata. Con loro avevano due piccoli cartocci di carta oleata, uno conteneva un cucchiaio di sugna (‘nzogna) ed un altro pizzichi di sale, pepe e formaggio di pecora; aperta la pagnottella spalmavano la sugna e la condivano con la miscela sale, pepe, formaggio. Lentamente la mangiavano mentre percorrevano Via Santa Caterina. Un profumo invitante si spargeva tutto intorno. Dopo scendeva da Scanzano Zì’ Michele un vecchietto con un carrettino trainato da un ciucciariello, caricava le ceste di pagnottelle e le portava nella mensa del cantiere.

    • Incagliato col piede nel saccone. Quando qualcuno della squadra degli operai del cantiere navale, mancava dal lavoro, i suoi compagni dicevano scherzando, che era “incagliato col piede nel saccone”. Il saccone era il materasso dell’epoca (fino a inizi anni ’60) che, in luogo della lana, conteneva foglie di pannocchie di grano (sgoglie). Le brave massaie, ogni mattina nel rifare il letto, ficcavano il braccio in una apertura del “materasso” e sistemavano il fogliame in modo uniforme.

     

    • Olio benedetto di ‘Onna Sciurella. Quando i fedeli salivano al terzo piano del palazzo di Via San Bartolomeo, nella chiesa privata di ‘Onna Sciurella per pregare e/o chiedere grazie al quadro di Sant’Antonio (ora si trova nella chiesa dello Spirito Santo detta di San Ciro), poteva richiedere l’olio benedetto. Questo era un piccolo batuffolo di “bambacia” impregnato di olio e sistemato in un pezzetto di carta oleata. Lo stesso talismano era richiesto dagli studenti prima degli esami.

     

    • Abitino da monaciello. Sempre da ‘Onna Sciurella, per sciogliere un voto si faceva indossare ai bambini un piccolo saio da monaco con il cordoncino annodato. I più grandicelli spesso si vergognavano di farsi notare così conciati dai loro coetanei più smaliziati.


    ARCHIVIO:

    • Uno stabiese nel terremoto di Messina del 1908. Il 28 dicembre 1908 si verificò un catastrofico sisma che provocò oltre 100.000 morti a Messina e Reggio Calabria. Tra gli elenchi delle vittime risulta anche uno stabiese.
      Casola Catello d’ignoti, d’anni 49, ex maresciallo della R. Marina, nato a Castellammare di Stabia, marito di Di Capua Carolina

    Fonte: Gazzetta Ufficiale del Regno d’Italia, Foglio delle Inserzioni al numero 218 – Venerdi, 17 settembre 1909. Il. ELENCO dei presunti morti nel disastro del 28 dicembre 1908.

    • Linino ‘o guappone. Quando si volevano assaporare sigarette americane, internamente al cantiere, ci si rivolgeva ad un operaio, corto e grasso, che nelle tasche interne della tuta aveva un assortimento di pacchetti di sigarette che forniva anche a debito. Manzillo era un altro fornitore anche di orologi da polso.
    • ‘O cetrullo pe’ cumpagno. Negli anni ’50 quando si andava al mare al lido “Mappatella” di Corso Garibaldi, oltre al panino al lievito di birra farcito con una sottilissima fetta di mortadella oppure con mezza frittata o una spolverata di tonno, per dissetarci compravano un cetriolo dal venditore che dava  questa voce: ”Che te puorti ‘o bagno? ‘O cetrullo pe’ cumpagno!”.
    • A paglia e ‘o tocco. Giocavamo “abbascio ‘a funtanella” (Scanzano) e quando passava un carretto con le balle di paglia per le stalle che stavano nel canciello ‘e Marc’Antonio, basta che uno di noi gridasse: ”Chi vede ‘a paglia e nunn’a tocca, le vene ‘o tocco!” E tutti ci precipitavamo a sfilare un filo di paglia dalla balla con gli accidenti del carrettiere. Ingenui intermezzi di giochi infantili!
    • ‘A prucessione ‘e San Michele. Anche noi ragazzi di Via Santa Caterina a Scanzano, zona Palazzo ‘e Pisacane / Canciello ‘e Marcantonio (nella pratica quotidiana, per meglio identificarle, le strade dell’antico terziere collinare, così come allora, ancora oggi, in taluni casi, vengono suddivise dai residenti in una sorta di microrioni), qualche settimana prima del 29 settembre, allestivamo, con carta velina colorata e bandierine, una piccola cappella con l’immagine di San Michele, sul muro proprio di fronte al palazzo di Pisacane. Dopo esserci procurate in chiesa le “fiurelle” dell’Arcangelo, chiedevamo l’offerta ai passanti per comprare i fuochi (tricchitracche, scalette e qualche mez’onza)… Giunto il giorno di San Michele, quando la processione in suo onore scendeva a Via Santa Caterina e, attraverso il cortile del suddetto cancello di Marcantonio raggiungeva la panoramica (da noi scanzanesi denominata ‘a autostrada), nel giardino di don Luigino Sammarco, accendevamo la nostra piccola batteria di fuochi artificiali.
    • Tore ‘o piattaro.  Era il segretario della sezione del P.S.I. di Via Santa Caterina a Scanzano. Il pomeriggio (alle 17,00 circa) apriva la sezione dove c’era uno dei primi televisori per farci assistere ai programmi della TV dei ragazzi. Il prezzo d’ingresso era di 5 lire. Alle 19,00 i programmi venivano sospesi per essere ripresi alle 20,00 circa con il telegiornale. Durante “Lascia o raddoppia” oppure “Il Musichiere” la sala era affollata all’inverosimile, il prezzo raggiungeva le 20 lire.
    • A Via Micheli. Oltre a Caccianella che vendeva muniglia e carbone per la vrasera, a via Micheli vi era pure ‘o castagnaro che d’estate, su uno scaffale inclinato, vendeva fette di angurie (‘o melone chine ‘e fuoco) a 10 lire, e fette di melone giallo a 20 lire l’una.
    • ‘A Masana. Nell’unica salumeria di Via Santa Caterina, andavamo a farci il panino con il tonno. Con 20 lire ‘A Masana ci “sfrunnicava” un pizzico di tonno preso da una grande scatola aggiungendo un poco d’olio e pepe. In alternativa c’era una specie di crema al cioccolato tipo Nutella che si spalmava “a velo”.
    • Il tunnel delle Nuove Terme. Durante la costruzione delle Nuove Terme del Solaro, fu sistemato un lungo tunnel, fatto con anelli prefabbricati cementizi, nel quale dovevano venir poste le tubazioni che portavano l’acqua minerale dalle Vecchie Terme. Una prova di coraggio per noi ragazzi era quella di calarci in questo tunnel con struttura a galleria in corrispondenza di Via Salita Ponte Scanzano e sbucare presso l’Istituto Salesiano, prima che il tunnel diventasse un pozzo verticale, sfuggendo alle ire e agli scappellotti di un guardiano chiamato “‘o caprariello”.
      Un altro tunnel, questa volta vero, è quello situato a metà strada di Via Salita Ponte Scanzano, costruito anch’esso per ampliare le Nuove Terme. La strada fu chiusa per molto tempo, spostando anche l’edicola con il crocifisso. Questa edicola si trovava circa tre metri più a valle in corrispondeza di Via Munaciello, tratto ormai scomparso perchè interrato. Noi per scendere a Castellammare dovevamo utilizzare la panoramica. C’era però una scorciatoia, in corrispondenza della salita per Villa Waiss un sentiero portava a Via Panoramica, così si risparmiava un lungo tratto da ‘o ‘Nfinfero al ponte di Scanzano. Anche l’uso di questo via era pericolosa per le bastonate del solito caprariello.Minatori idraulici. Si racconta che nelle zone periferiche si registrava un sistematico furto dell’acqua dalle tubazioni dell’acquedotto civico, specialmente per innaffiare i giardini. Un operaio specializzato “minatore”, scavava un tunnel dal limite della proprietà privata fino alla strada dove passava la condotta e eseguiva allacciamenti abusivi. Rischiava molto e si accontentava della mazzetta che doveva spartire con i complici.
    • Mariuccia l’incarmatrice. Quando i bambini avevano nella cacca gli “ossiuri”, dei piccoli vermi bianchi filiformi causati da una infezione intestinale, le mamme li portavano da Mariuccia, mamma di mastu Michele, per incarmare i vermi. Questa era una vecchina di Via Santa Caterina a Scanzano che, facendo il segno della croce sull’ombelico e biascicando preghiere e formule, li “liberava”. Ora si usa un semplice vermifugo.
    • ‘A loggia. E’ ancora in uso il detto: “Puozzo passà p”a ‘a loggia” per augurare la morte di una persona. La loggia fa parte di un fabbricato stile liberty di Via Raiola (ex Via Napoli) n. 14 davanti al quale passavano necessariamente (e passano) tutti i funerali diretti al cimitero.
      'A loggia (foto Antonio Cimmino)

      ‘A loggia (foto Antonio Cimmino)

       

      • Ponte di Margherita. Prima della costruzione della galleria bypassante Via Panoramica da Gragnano a Villa Cimmino, una mulattiera congiungeva Via Calcarella di Scanzano con Via Castellammare con un ponte in corrispondenza del vallone. Il ponte era denominato dai ragazzi “Ponte di Margherita” perché si diceva che lì, una certa Margherita si era suicidata gettandosi nel vuoto. Quando con un certo timore si percorreva la mulattiera, si diceva sottovoce: “Margarì vuttate ‘a coppa abbascio”.
      • ‘O vico de’ cambiali. Si racconta che, quando, negli anni ’60, furono assegnate le case popolari di Via Cicerone, molte persone che precedentemente abitavano in una sola stanza e con mobilio ridotto all’osso, per arredare la nuova casa provvista di più spazio, bagno e cucina, firmassero delle cambiali per comprare mobili ed accessori. La strada, quindi, agli inizi era chiamata “‘o vico de’ cambiali”.
      • Pomodori (a sbafo) della Cirio. Fino agli inzi degli anni ’70, alla fine dell’estate decine di camion pieni di pomodori stazionavano alla Traversa Mele in attesa di entrare alla Cirio. L’afflusso era così intenso che erano parcheggiati anche di notte. Delle persone di Via Raiola, e sempre le stesse, sistematicamente e giornaliermente prelevavano pomodori dai camion (spesso nell’indifferenza degli autisti). Al termine della campagna pomodori, queste persone si erano fatte una bella scorta e potevano fare le “bottiglie” gratis.
      • Mario ci fù. Un abituale frequentatore della Villa comunale fino agli anni ’70, era un tipo abbastanza alto e secco con un paio di baffetti. Era invalido alla gamba destra che muoveva lentamente alzando il ginocchio quasi fino alla vita, poi facendo leggermente roteare la gamba la lasciava cadere davanti, come nel sistema biella-manovella di una locomotiva a vapore. Era perciò chiamato Mario ci fù.
      • La via dei barbieri a Scanzano. Negli anni ’50 e anche inizio ’60 del secolo scorso, non essendoci acqua calda in casa, ci si radeva dai numerosi barbieri presenti in ogni angolo. Ogni due giorni la settimana si andava nel salone, luogo anche di socializzazione e di aggiornamento, visto che i barbieri, allora come adesso, conoscono ogni sorta di pettegolezzi della zona. A Scanzano, da “mmieza ‘a guardia” per tutta Via Micheli c’erano ben 5 saloni, incominciando da Matteo ‘barbiere e finendo a Pasquino in prossimità della chiesa di San Michele. Gli avventori, principalmente operai delle fabbriche, pagano a mese includendo anche il taglio dei capelli dei figli, eseguito rigorosamente con la macchinetta, in estate poi i genitori chiedevano il caruso. Per disciplinare il flusso dei clienti, ogni salone aveva un medagliere con dischetti di ottone numerati e, immancabilmente in un angolo, la sputacchiera. Dopo aver ben insaponato il viso del cliente, il barbiere iniziava a radere dopo aver affilato il rasoio su una cinghia di cuoio e il frutto delle “passate” era spalmato su vecchie schedine della Sisal. Dalle prime ore della domenica e fin quasi all’ora di pranzo, si registrava un numero enorme di clienti e, spesso, per iniziare il pranzo domenicale, si aspettava il capo di casa che si faceva bello nel salone. C’era poi un barbiere itinerante di nome Enzuccio, un piccoletto con voce un po’ effeminata che tagliava i capelli e la barba a casa dei clienti, specialmente di quelli allettati e, sovente, tosava anche i numerosi bambini presenti nei cortili ove si svolgeva la vita quotidiana.
      • Ossa umane a Fontana Grande. Agli inizi degli anni ’80 durante i lavori di consolidamento della sorgente di Fontana Grande, furono rinvenute diverse ossa umane. Si appurò successivamente che erano resti di appartenenti alla congrega dei bottai che avevano la loro cripta sotto l’adiacente chiesa dello Spirito Santo conosciuta come di San Ciro.
      • Film domenicale dai salesiani. Ogni domenica sera i ragazzi dell’oratorio che erano stati a messa la mattina, dopo la benedizione in chiesa, potevano accedere al locale sottostante per assistere al film esibendo all’ingresso un apposito biglietto lasciapassare. I film da 16 mm venivano fittati dalla San Paolo Film di Via Duomo a Napoli. Prima della proiezione e nell’intervallo, un ragazzo dell’oratorio con una cassetta appesa al collo, vendeva caramelle, lacci di liquirizia ed altre leccornie.
      Istituto Salesiani

      Istituto Salesiani

      • ‘O prusciutto. Quando noi bambini andavano a comprare il lardo (a Scanzano da Michele ‘e Idarella), il pezzo presentava spesso un filo di carne rossa tra le sue fibre e noi bambini facevamo a gara per estrapolare il filo di prosciutto.
      • Gattopardi e mariuoli. “Fuori gli infami” si gridava nel cantiere navale contro coloro che erano compromessi col regime borbonico dopo i risultati del plebiscito. Ma c’erano persone che soffiavano sul fuoco per prendere il loro posto o per motivi personali. Il sottodirettore Giuseppe De Luca, venuto a conoscenza che nel’officina fabbri si costruivano coltelli e altre armi da taglio, incaricò il capitano ingegnere Filippo Tommasuolo di calmare i facinorosi. Licenziati gli indesiderabili (contro il Regolamento di Marina), gli operai soddisfatti, allestirono un carro di trionfo trainato da due coppie di buoi e o portarono per le strade cittadine gridando: “Viva Vittorio Emanuele, via Garibaldi!”. Si appurò poi  che nel carro erano state nascoste lastre di rame che sparirono durante il percorso. Gli espulsi poi furono richiamati perché personale specializzato indispensabile per continuare i lavori sulle pirofregate ITALIA (ex FARNESE) e Gaeta.
      • Nanninella ‘e Nola. Una famosa meretrice degli anni ’50 che aveva anche  “lavorato” con  militari alleati  che stazionavano nel porto di  Castellammare nell’autunno-inverno del 1943 e oltre, ormai rottamata,  era solita affermare con orgoglio: ”Doppo quarant’anni ‘e mestiere, mi ritiro cu’ stima e onore!”.
      • Comando Regia Marina da Castellammare a Vico Equense. Dal luglio 1943 dopo il bombardamento navale da Salerno che colpì l’incrociatore Giulio Germanico i allestimento in cantiere, per ragioni di sicurezza il Comando Marina di Castellammare fu trasferito a Vico Equense e precisamente  nel palazzo di piazzetta S. Antonio a Marina d’Aequa.
      • E braciole. Si racconta che nella cantina di “Ciccio ‘a due soldi” posta a Calata Padiglione del Gesù (una  traversa tra Via Gesù e Via Bonito), questo celebre “ristoratore” stabiese era solito arrotolare le braciole con ferro filato invece che con spago.
      • ‘A carrozza d’‘o prevete. Quando i funerali si facevano con le carrozze con tiri a quattro, a sei o a otto a seconda delle possibilità economiche della famiglia del defunto, oltre al carro funebre vero e proprio, seguiva il corteo anche una carrozza più piccola in cui era seduto il prete della parrocchia di competenza, che accompagnava il defunto al cimitero. Non c’era ancora l’usanza di sciogliere il corteo dopo circa 500 metri e il corteo funebre, specie per i defunti della periferia o delle zone alte di Castellammare di Stabia, era lungo e faticoso. I chierichetti facevano a gara per accompagnare il prete ad andare così in “in carrozza”.
      • La spigolatrice del Centro antico. In estate una piccola signora vendeva le spighe di grano bollite, sistemandosi nei pressi di Fontana Grande. La sua “voce” per chiamare i clienti era:” ué, ué”. In Inverno riconvertiva la sua attività e, a Via Santa Caterina, vendeva le caldarroste.
      • Salesiani. Fino al 1960 – anno in cui l’istituto salesiano di Scanzano si riconvertì a Istituto teologico internazionale per preparare al sacerdozio giovani chierici di ogni parte del mondo – dai salesiani si poteva studiare fino al liceo, a partire dalla IV elementare (L’asilo e le prime classi erano gestite dalle vicine Suore Compassioniste). Gli allievi erano di due tipi: quelli in convitto, denominati “interni”, generalmente rampolli di famiglie abbienti del circondario (Scafati, Angri, Gragnano; Agerola, ecc.) e gli “esterni”, ragazzi di Scanzano e Castellammare. La retta mensile era abbastanza salata, ma i salesiani per salvarsi l’anima, facevano pagare una retta ridotta alle famiglie meno abbienti a condizione, però, che il ragazzo ottenesse e mantenesse una buona media di voti. Dopo le lezioni antimeridiane, gli esterni andavano a casa a pranzare e poi ritornavano per lo “studio”. In una grande sala, sorvegliati da un prete assiso su una cattedra, i ragazzi dovevano farsi ci compiti loro assegnati per il giorno dopo e… fino alle 19,00 circa. Ogni tanto un intervallo e tutti si riversavano nel campo di calcio asfaltato. Il pallone era formato dalle pietre del vicino giardino. Decine di ragazzi e diverse squadre di calcio si affrontavano nello stesso campo e… con pietre diverse per pallone.
      • Peppone e don Camillo a Scanzano. Sempre negli anni ‘60, la domenica mattina giravano per case per portare i giornali, Austino Chianese per Famiglia Cristiana e Gigino Martone per l’Unità. Accadeva spesso che le mogli, frequentatrici della chiesa, non condividevano le tendenze politiche dei mariti. Questi, prima delle elezioni facevano giurare alle moglie di votare per la falce e il martello, le spergiure, però, asserivano (dopo però) di non aver avuto il coraggio di tradire la “croce”.
      • Aniello ‘o picuozzo. Negli anni ‘60 quando c’era ancora la Circolare Destra, saliva sull’autobus, all’altezza di Pozzano, il picuozzo Aniello, personaggio singolare e strabico. Nell’autobus, pieno di operai del cantiere navale quando Aniello saliva e, facendo titillare la cassetta dell’elemosina, diceva: “San Francesco…”, tutti rispondevano in coro: “Ora Pro Nobis!”.
      • Biscotti e cioccolata. La gente del vicinato, una volta, partecipava attivamente alla vita di ogni famiglia. Il proverbio ricorrente era: “Cu’ ‘o vicino, ci si cucina”. Ad ogni onomastico, la famiglia del festeggiato offriva, di primo mattino, cioccolata calda e biscotti secchi. Così si faceva ad ogni funerale, oltre naturalmente al caffè per la veglia funebre.
      • Visita fiscale degli anni ’60. Negli anni ‘60 nel cantiere navale, i saldatori elettrici indissero un colossale sciopero per motivi economici (non avevano ancora acquisito coscienza per la difesa della loro salute, molti infatti successivamente morirono, e continuano a morire, per mesotelioma pleurico). I lavoratori ammalati ricevevano a casa la visita, su ordine della direzione aziendale, del capo dei guardiani, un ex ufficiale dei carabinieri, che doveva accertarsi se erano veramente malati (sic!). Lo Statuto dei diritti dei Lavoratori era ancora da venire, anche se ora si corre il rischio di ritornare indietro come allora.
      • Plebiscito a Castellammare. Il 28 ottobre 1860 anche a Castellammare fu indetto un plebiscito per aderire con un SI al nuovo Regno d’Italia. La richiesta di allestire un seggio elettorale nella cattedrale, fu inoltrata al vescovo Petagna, dal sindaco Raffaele Vollono e da Raffaele Troiano comandante della Guardia Nazionale. I votanti erano 4.328 e i Si vinsero con una maggioranza bulgara.
      • Le corna di De Gasperi e la coda dei comunisti. Il 6 gennaio 1948 fu inaugurata la tratta della Circumvesuviana Castellammare-Terme/Sorrento alla presenza de Presidente del Consiglio Alcide De Gasperi, democristiano.
        circumvesuviana

        circumvesuviana

        La sinistra organizzò delle manifestazioni contro il Presidente del Consiglio, molto vivaci come era costume dell’epoca. Un vecchio operaio del cantiere navale – persona molto a modo –  mi disse, convinto, che De Gasperi avesse risposto facendo le corna (gesto fatto in seguito da Giovanni Leone e Silvio Berlusconi, immortalato da fotografie). Sono certo che  lo spessore politico dello statista e la sua cultura non prevedevano gesti simili. Lo scontro frontale dei due schieramenti in quell’anno facevano sorgere e veicolare, da ambo le parti,  molte leggende metropolitane. Lo stesso operaio, sempre con serietà, mi raccontò che quando si fidanzò e confessò alla sua futura sposa di essere comunista, questa si meravigliò che non avesse la coda, accessorio che, a detta di molti, era comune a molte persone del partito di Togliatti.

      • Ruote di carretta a Fontana Grande. Fino agli anni ’60 del secolo scorso, nella vasca d’acqua antistante Fontana Grande, i costruttori di carrozzelle e carrette in genere, mettevano a bagno le ruote dopo aver sistemato a caldo i cerchioni di ferro esterni. L’acqua ingrossando il legname faceva ben aderire i cerchioni alla circonferenza delle ruote.
      • Alfredo Cottrau. Nel 1870-71 fu fondata a Castellammare l’Impresa Industriale Italiana di Costruzioni Metalliche (I.C.M.) legata allo sviluppo ferroviario del Paese. Primo direttore fu il napoletano ing. Alfredo Cottrau, esperto del ramo che porta lo stabilimento a specializzarsi nella trasformazione del ferro laminato per produrre ponti e sistemi di copertura in ferro che vengono installati in tutta Europa. All’ing. Cottrau, l’11 aprile del 1990, fu intitolata nella cosiddetta antica località Ogliastro, la già “I traversa strada Napoli”, di Castellammare.
      • Il 20 febbraio 1861, avvengono degli incidenti durante una manifestazione di protesta dei lavoratori del regio Arsenale. La polizia arresta più di 200 lavoratori accusati di aver complottato per far degenerare in rivolta politica filo borbonica un conflitto di natura sindacale.
      •  Pasquale Iervolino. Nel 1883 ad Assab in Eritrea, lo stabiese Pasquale Iervolino prestava servizio come carabiniere a cavallo.
      • Galeotti. I galeotti adibiti ai lavori pesanti nel real cantiere navale di Castellammare, oltre ad essere alloggiati nel bagno penale situato nell’odierna Corderia, erano sistemati anche su navi radiate dal naviglio militare. Nel 1850 a Castellammare c’erano ancora 484 galeotti alloggiati in prigioni galleggianti composte dalle navi: Isabella, Aurora, Tronto e Stromboli ormeggiate in porto.
      • ‘A mamma ‘e Gragnano. Fino agli anni ’50 del secolo scorso, specialmente a Scanzano, le mamme per minacciare i bambini discoli dicevano che li avrebbero dati alla “mamma di Gragnano” ovvero alla mamma vozzolosa. Forse perché a quei tempi c’erano ancora molte donne con il gozzo.
      • Sandulillo ‘e Vagne. San Sandolo della Madonna dei Bagni a Scafati. Ogni anno in ricorrenza della festività da diversi quartieri della città partivano, a piedi, gruppi di ragazzi facendo rotolare “ ‘o chirchio” cioè una ruota metallica o una ruota di bicicletta addobbata, all’interno, con fiorellini di carta e spinta da una specie di manovella formata da un pezzo di ferro sagomato. Partivano, inoltre, carrette zeppe di fedeli: ‘O carrettone ‘e Vagne anch’esso annoccato con con fiori di carta velina.
      • Aprile 1918: la nave carboniera “Sterope” nell’Atlantico vicino alle Azzorre (di ritorno da Pensacola dove aveva caricato nafta) viene affondata per siluramento, per mano di un sommergibile tedesco (il famoso Deutschland, poi ribattezzato U-155). Nella tragedia morì il marinaio stabiese VINCENZO PERSICO.
      • Stabiesi divorati dagli squali. Il 28 novembre 1942 nell’Oceano Indiano al largo del Mozambico, fu silurato ed affondato da un sommergibile tedesco, il piroscafo inglese Nova Scotia che trasportava prigionieri italiani dall’Eritrea ed Etiopia nei campi di concentramento di Durban in Sud Africa. Nella tragedia morirono (la maggior parte divorati dagli squali), 665 italiani tra cui due stabiesi: Catello ALTERIO e Gaetano GALLINARO.
      • Stabiese infoibato. Viene ucciso dagli slavi a Gimino, il 10 ottobre 1943, l’agente di P.S. Mario Della Sala di Carmine (di anni 30) in servizio a Pola.
      • Galletta di Castiellammare. (vedi “specialità stabiesi” nel sito). Nei paesi limitrofi resiste ancora un detto che recita: “‘A galletta ‘e Castiellammare è stata trentaseie anni pe’ mare e nun s’è spugnata ancora”, ricordando la durezza di questo tipo di biscotto usato a bordo delle navi a vela. A confermare che la memoria storica di questo tipico prodotto stabiese è ancora viva fuori Castellammare, ma è quasi del tutto scomparsa in città.
      • ‘O uacchio. Tipo di pesca ormai quasi scomparsa a Castellammare ma praticata in molte zone costiere meridionali. Veniva praticata con una rete circolare che aveva decine di piccoli pesi di piombo distribuiti su tutta la sua circonferenza. Il pescatore camminando sulla battigia (da non confondersi con il bagnasciuga che un’altra cosa) portava sull’avambraccio questa rete scrutando il mare. Appena vedeva qualche pesce o un piccolo branco, lanciava la rete che si apriva a cerchio; cadendo e appoggiandosi sul fondo, la rete, per caduta intrappolava i pesci.
      • Il Prefetto Sabato Malinconico è Sottosegretario alla Giustizia. Nato a Castellammare di Stabia, il 10 giugno 1943, fu nominato Prefetto nel 1989, ha svolto le funzioni di Direttore centrale del personale presso la Direzione generale per l’Amministrazione generale e per gli Affari del personale, nonché di Responsabile degli Affari parlamentari presso l’Ufficio Centrale per gli Affari legislativi e le Relazioni Internazionali. Dal febbraio 1990, quale consigliere a tempo parziale, ha svolto, presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri, le funzioni di componente della Commissione di inquadramento del personale. Dal 1991 è Prefetto di 1a classe con le funzioni di Ispettore Generale di Amministrazione. Ha ricoperto i seguenti incarichi: Direttore dell’Ufficio centrale per gli affari legislativi e le relazioni internazionali, Commissario del Governo per la Regione Lazio, Vice Direttore generale della Pubblica Sicurezza per l’attività di coordinamento e pianificazione, Capo del Dipartimento per gli affari interni e territoriali. Dal 2006 è Consigliere di Stato.
      • ‘A pisielli pavammo. Quando si contraeva un debito, le donne promettevano di onorarlo quando venivano chiamate per lavori stagionali nella fabbrica di conserve Cirio, proprio nel periodo di lavorazione dei piselli.
      • ‘E ciente casarelle. Al Corso De Gasperi, nel rione “spiaggia”, il fabbricato lato dx prima dell’ex distributore presso il Bar Caravella, era così denominato perché in ogni singola stanza, anche nei locali adibiti attualmente a depositi o negozi, abitava un nucleo familiare. Il fabbricato era una specie di alveare con centinaia di persone.
      • Scaurachiuve. Termine usato nel cantiere navale per indicare un operaio (manovale) senza qualifica. Al tempo delle navi chiodate, prima dell’introduzione della s.e., le lamiere erano unite tra loro da chiodi sistemati a caldo negli appositi fori. Un addetto, all’esterno dello scafo, con delle lunghe pinze, prendeva i chiodi arroventati e li sistemava nei fori, dall’altra parte un altro operaio, il ribaditore, con il martello pneumatico provvedeva, prima del raffreddamento, a schiacciare la parte di chiodo che fuoriusciva, creando così una stabile unione strutturale. Lo scaurachiuve dunque si limitava solo ad operazioni semplicissime senza nessuna professionalità.
      • Medaglie d’argento. Nel 1836 nei “De’ Saggi della manifatture napolitane esposte nella solenne mostra” a Napoli, furono insigniti di medaglia d’argento per essersi distinti nel lavoro, due “artieri” delle fabbriche di cuoio del Sig. Lemair e due del Sig. Bonnet in Castellamare.
      • Tabacco, tabacchi e muzzunari. Nel dopoguerra il tabacco era una merce pregiata e le sigarette costavano troppo. I poveri ripresero a praticare il mestiere del muzzunaro. Questi soggetti raccoglievano le cicche da terra e, dopo aver asciugato e pulito il tabacco ricavato, lo davano ai tabaccai che lo rivendevano sfuso. Il principale metodo per raccogliere le cicche era quello di sistemare uno spillo all’estremità di un bastone. Ma il piccolo U.F., uno scugnizzo di Largo Fontana Grande, si era specializzato nel raccoglierle con i piedi, naturalmente scalzi.
      • Spogliamaronna. L’ultimo scanzanese ad avere questo soprannome, fu Aitano De Gregorio ex operaio del cantiere navale. Si dice che un suo parente, una sera di buio e cattivo tempo, per andare a casa sua (a Via Partorio), per illuminare la strada, tolse una lampada da una immagine della Madonna posta in una edicola. Da qui il soprannome.
      • Uno stabiese massacrato dai titini. ACANFORA Giovanni Battista di Luigi, n. il 7-2-1911 a Castellammare di Stabia, Capitano della Finanza; arrestato a Trieste il 2-5-1945 nella caserma di Via Campo Marzio e deportato “per ignota destinazione”. Il Capitano Acanfora fu massacrato assieme a d altri 97 finanzieri ed i loro corpi gettati in una delle foibe tra Basovizia e Monrufino. La II compagnia G.d.F. comandata dall’Acanfora aveva scacciato con le armi i repubblichini delle caserme dell’artiglieria e della milizia portuale, nonché la caserma tedesca di Villa Micher. I finanzieri, inoltre, avevano occupato la zona portuale del molo Fratelli Bandiera, ove un raggruppamento tedesco stava per far esplodere gli impianti; i tedeschi vennero disarmati e catturati. La caserma di Campo Marzio fu fortificata e predisposta a difesa contro i tedeschi. Ciò nonostante i partigiani jugoslavi perpetrarono l’eccidio senza una motivazione. A ricordo di quest’altra pagina tragica della storia nazionale, vi è il film “FOIBE” in cui la parte del Capitano Giovanni Acanfora è recitata dall’attore Gianni Bruschetta. “FOIBE” ha un cast internazionale e quattro Direzioni Casting, in USA, Italia, Slovenia e Russia. Il film parla di odio, razzismo e follia umana, aiuta le nuove generazioni, di tutte le razze, colore o religione, a crescere.
      • Acquaioli. Oltre agli acquaioli itineranti, a Castellammare fino a qualche decennio fa, c’erano diverse postazioni di acquafrescai:- Via Principessa Mafalda (v. articolo);
        – Via Quattro novembre (c’è ancora il bancone di marmo);
        – Sotto l’arco di San Catello ove attualmente c’è la targa di bronzo;
        – Chiosco Caporivo, ancora presente ma non funzionante;
        – Corso Garibaldi, vecchio fabbricato prima dell’attuale ove c’è il Bar Cristal (il bancone stava sul marciapiedi);
        – Corso Vittorio Emanuele di fronte Casa del fascio, attualmente c’è un tabaccaio);
        – Piazza Matteotti a sinistra del cd. Palazzo Arienzo. Il gestore era la signorina Carmelina che, sebbene di grossa taglia, era molto curata nel trucco.
      • Proiezioni all’aperto. In estate si poteva assistere ad un film, stando al fresco, sia nel dopolavoro della Corderia, anche nell’Arena-Giardino un cinema all’aperto posto a Via Alvino ove attualmente c’è una specie di parco giochi. La pellicola veniva proiettata sul muro laterale del fabbricato adiacente ed il grosso proiettore era allocato in un’apposita cabina insonorizzata.
      • Cantiere navale. Nel 1824 fu completato antiscivolo in muratura per agevolare il varo dei vascelli all’intero del porto. Progettista e Direttore dei lavori fu il Capitano del Genio Idraulico Giuseppe Mugnai.
      • Dizionario geografico-storio-statistico de’ Comuni del Regno delle Due Sicilie – 1858.  Descrizione della città: “…la popolazione ascende in oggi a 22.960 abitanti un tronco di strada a rotaia di ferro unisce la città a Napoli vi si celebra annualmente una fiera al 25 agosto detta di S. Bartolomeo ed un mercato di animali e cereali nel lunedì, nel mercoledì e nel venerdì, di ciascuna settimana”.
      • Specchio statistico de’ Comuni delle province meridionali d’Italia – 1861. Nel Circondario di Castellammare vi sono i seguenti mandamenti: Vico Eq., Piano, Sorrento, Massa, Capri, Gragnano (Lettere, Casola, Pimonte), Torre Annunziata (Bosco Reale; Boscotrecase (Poggiomarino), Ottaiano, Agerola.
        Castellammare porta 25.840 abitanti, l’intero Circondario ne ha 161.877.
      •  Repubblica Napoletana –1799. 1-15 aprile: un contingente anglo-napoletano sbarca in città e si impadronisce del forte e del cantiere.
        28-30 aprile: Le truppe francesi scacciano dal forte del cantiere e dal porto le truppe anglo-napoletane che se ne erano impadroniti e le costringono a reimbarcarsi per la Sicilia.
      • Decreto del 18 gennaio 1838 – logo fabbrica di cuoio e pelli. Accorda il bollo a secco da apporsi alle manifatture di cuoio e pelli stabilite nella spiaggia di Castellammare già di proprietà di Luigi Protasio Lemaire e stata ceduta a Luigi Maria d’Amato. Il bollo ha nel mezzo l’emblema di un cavallo sfrenato e all’interno nel primo giro, la legenda “Regia dogana di Castellammare, e nel secondo, “Fabbrica di cuja e pelli di Luigi Maria d’Amato”.
      • La salita del Mulino. La strada Salita Ponte Scanzano fino agli anni ’50, non era pavimentata con i sampietrini, ma in terra battuta; quando pioveva un fiume di acqua e fango scendeva verso ‘o ‘Nfinfero. Per i numerosi pedoni c’era una specie di marciapiedi a destra che era la copertura della sottostante fognatura. Naturalmente non c’era il tunnel, che fu costruito contestualmente al complesso delle Nuove Terme Stabiane. Nei primi anni i ragazzi con le pietre rompevano le lampadine poste sotto la volta ed era problematico camminare di sera se non si era provvisti di torcia, accendino o cerini. Dopo molti anni e proteste, il Comune sistemò l’illuminazione con adeguata protezione antisassaiola.
      • Filumena ‘a pezzara.  All’inizio di via Santa Caterina a Scanzano, ora via Carmine Apuzzo, in un vano sottoposto alla strada, fino agli anni ’50, abitava una vecchietta chiamata “Filumena ‘a pezzara”, questo soprannome le fu dato perché comprava: stracci, alluminio e ottone. I particolare, i metalli che non di rado era anche dai ragazzi che li raccoglievano nei giardini, venivano a lei portati e pesati in cambio di qualche lira. Sapendo ciò, spesso gli scugnizzi mettevano un sasso nella ferraglia e l’ammaccavano per imbrogliare sulla pesata. “Filumena”, poi aveva una piccola bancarella piena di leccornie (frafellicche, caramelle, lacci di liquirizia, gomme americane, ecc) che sistemava sulla strada; quasi sempre i soldi guadagnati dai ragazzi con la vendita dei rottami, ritornavano alla base.
      • Pascalino ‘a lacerta. Molti a Scanzano avevano questo soprannome. Uno di questi era un vecchio che viveva presso i salesiani, in una piccola costruzione, forse adibita a deposito di attrezzi agricoli, situata nel giardino del vecchio istituto, in corrispondenza della ringhiera che si affacciava sulla Circumvesuviana. I salesiani chiamavano “famigli” questi laici che lavoravano per loro e vivevano nello stesso istituto.
      • Fontana Grande. Fino agli anni ’60 del secolo scorso, nella vasca d’acqua antistante Fontana Grande, i costruttori di carrozzelle e carrette in genere, mettevano a bagno le ruote dopo aver sistemato a caldo i cerchioni di ferro esterni. L’acqua ingrossando il legname faceva ben aderire i cerchioni alla circonferenza delle ruote.
      • Via Santa Caterina a Scanzano. La strada che va da “’mmiez’‘a guardia” al cancello di Marcantonio, ora chiamata via Carmine Apuzzo, era denominata, fino al 1986, via Santa Caterina a Scanzano in ossequio ad una antica chiesa dedicata a S. Caterina d’Alessandria ivi ubicata nel 1400 e poi spostata nella sede attuale a Castellammare. Numerosi disguidi postali si verificavano tra i cittadini omonimi che abitavano a via S. Caterina a Scanzano e quelli di via Santa Caterina del centro antico. L’ufficio postale negli anni ’50, si trovava proprio a Via Santa Caterina a Scanzano di fronte alla “funtanella”. Ogni giorni il conducente dell’autobus Circolare Destra, prolungava la sosta all’ingresso di Scanzano per permetter al bigliettaio di portare/ritirare il sacco postale.
      • Lupo mannaro a Scanzano. Agli inizi degli anni ’60 si diceva che a Scanzano e precisamente abbascio ‘a funtanella, ci fosse un lupo mannaro. Si credeva che i nati il 25 dicembre al sorgere della luna piena, si trasformassero nel viso e andassero girando di notte ululando come lupi. Volendo aiutare questi poveracci e far passare il “mal di luna” li si doveva pungere con l’ago “saccularo” cioè un ago molto lungo che serviva a mettere “le fettuccelle” ai materassi. Per evitare che il “lupo mannaro” facesse del male al suo soccorritore, era necessario legare l’ago saccularo ad una lunga pertica, utile per pungere a distanza quando il licantropo passava sotto al balcone.
      • Apparecchi americani. Ancora agli inizi degli anni ’50, quando i bambini vedevano passare un aereo, guardando il cielo con il naso all’insù, recitavano la seguente filastrocca: “Apparecchio americano, votta ‘e bombe e se ne và”. Il palese ricordo del bellicoso evento chiusosi qualche decennio prima che interessò in particolare la vicina Napoli (che fu pesantemente bombardata centinaia di volte dagli aerei americani), sopravviveva ancora nella memoria collettiva in una ingenua filastrocca dei ragazzini stabiesi.
      • Festival della canzone napoletana. Negli anni ’50 al termine del Festival della canzone napoletana (il primo nel 1952 ed il secondo a Castellammare nel 1953), le nuove melodie giravano per i paesi portate da cantanti di strada. A Scanzano a Via Santa Caterina, ora via Carmine Apuzzo, un complessino si sistemava vicino ‘a funtanella, si faceva prestare la corrente da qualcuno del vicinato (es. da ‘a Masana) e suonava e cantava le nuove canzoni chiedendo, poi, un obolo ai curiosi che si affollavano intorno.
      • Un ministro stabiese sconosciuto. L’avv. Giovanni ACANFORA nacque il 7 aprile 1884 a Castellammare di Stabia. Già Direttore Generale della Banca d’Italia dal 1940 al 1944, fu nominato Ministro per gli Scambi e le Valute nel primo.
      • Governo “Badoglio” ( 25.7.1943 – 17.04.1944), una coalizione militare formata dopo la caduta del fascismo e l’arresto di Mussolini. Il ministero ricoperto dallo stabiese Acanfora, fu soppresso con regio decreto 2 giugno 1944, n. 150; le relative attribuzioni furono ripartite fra i Ministeri delle Finanze e dell’Industria, e del Commercio e del Lavoro.
      • Il vespasiano. Negli anni ’60 fu sistemato un vespasiano all’ingresso di Scanzano (lato sinistro entrando a Via Scanzano). Era un manufatto di cemento ed era predisposto alla doppia funzione. Fu oggetto di molta ilarità, spesso serviva da pensilina quando pioveva e si aspettava il pullman (circolare rossa) che scendeva a Castellammare ovvero il n. 3 della linea Castello-CMI.
      • ‘E purcelli ‘e San Giuvanne. Nel mese di giugno specialmente in corrispondenza delle festività di San Giovanni Battista, compaiono dei coleotteri di color marrone comunemente chiamati “vaccarielli o purcielli”. Ai miei tempi i ragazzi cercavano di acchiapparli cantando la seguente canzoncina: “Scinne purciello ‘e San Giuvanne, è arrivato ‘o cusutore t’ha purtato ‘nu cazone, ‘nu cazune e ‘na vunnella scenni purciello mio bello”. Quando (molto facilmente) si prendevano questi animaletti, si legava un filo di cotone al corno che stava sulla testa del maschio e lo si liberava. Si otteneva, così, un aquilone animato.
      • Polvere da sparo casereccia. Da ragazzi si comprava nella farmacia del dott. Scaramuzza di Via Micheli delle pastiglie di clorato di potassio che servivano per il mal di gola e, dopo averle frantumate, si mescolavano con zolfo e polvere di carbone per ottenere una primitiva polvere da sparo. Con un pizzico di zucchero, questa polvere messa a terra sui basoli, veniva coperta da una pietra viva o un pezzo di “riggiola” tenuto fermo con il tacco della scarpa, con l’altro si dava un colpo secco e si produceva lo scoppio. Se la miscela non era ben dosata, lo scoppio era più potente e la gamba più indolenzita.
      • 'O ponte de' figliuole

        ‘O ponte de’ figliuole

        ‘O Ponte de’ figliòle. Era ed è il ponte che attraversa il fiume Sarno situato al termine di Via Ponte della Persica e dopo l’incrocio con Via Ripuaria. Il vecchio ponte borbonico, a  travate di ferro e tavolato di legno, era ornato alle estremità di quattro figure femminili raffiguranti delle sirene; una coppia per testata con il dorso nudo e volti gentili e sereni. Il ponte era stato costruito a ricordo della bonifica del Sarno e del passaggio della prima ferrovia tra Napoli e Castellammare. Fu distrutto dai tedeschi in ritirata e ricostruito nel dopo guerra (Ponte Nuovo). Conserva ancora tutta la struttura in mattoni, ma senza le “figliòle”.

      • Le “pimmuntesi”. Da Pimonte (attraverso: via Canti, la omonima via Pimonte e poi per via Privati) scendevano a Scanzano le “pimmuntesi” con una cesta in bilico sulla testa appoggiata ad un rotolo di panno. Vendevano uova fresche ed altri prodotti genuini della terra. La frequentazione delle venditrici ambulanti divenne talmente importante che ogni famiglia stabiese, aveva la sua “pimmuntesa” di fiducia.
      • I zampognari. Un tempo gli zampognari che giravano per le case di Castellammare per suonare la novena di Natale (ormai sempre più rari da incontrare), mettevano in un unico fiasco: il vermouth, l’anice e il rosolio di diversi gusti, che venivano loro offerti. L’intruglio così ottenuto, che evidentemente doveva risultare piacevole da bere, veniva poi consumato per scaldarsi nelle giornate fredde delle montagne di Avellino.
      • Fino a pochi anni fa, dal cancello d’ingresso del viale che da salita Quisisana porta alla chiesa di San Francesco, c’erano affisse al muro 14 stazioni della Via Crucis tutte maiolicate, fatte sistemare nel 1844. Oggi, di queste maioliche, non ne è rimasta neppure una!
      • Alla via Santa Caterina a Scanzano, ora via Carmine Apuzzo (nel tratto alto di salita Ponte Scanzano), nel cosiddetto cancello di Marcantonio, c’era una specie di garage per carrette e cavalli di molti carrettieri di Scanzano. La sera dopo il lavoro i suddetti ambulanti, portavano le bestie in piccole stalle per governarle e l’indomani preparavano i carri per andare al mercato. I più bravi conducevano il carro in piedi, in equilibrio tenendo in mano le redini.
      • A Scanzano la festa di san Michele del 29 settembre termina con una gara di fuochi artificiali. Al vincitore un’apposita giuria consegnava il premio stabilito dalla Commissione della festa. Spesso vinceva la ditta cd. Giarrone di Castellammare; tra i ragazzi era invalso l’uso di riferisi alla “batteria Giarrone” per indicare un’azione scoppiettante. I successivi botti di Natale si dividevano in tric trac, scalette, mezz’onza (mezza oncia) e via di seguito oltre ai fischi (con e senza botta finale).
      • A via Acton prima di Salita Pozzano e di fronte all’ingresso principale di Maricorderia ci sono ancora due grossi serbatoi in muratura e dipinti di bianco che contenevano acqua distillata per le caldaie delle navi da guerra (l’ultima nave da guerra costruita a Castellammare e con caldaie fu il Cacciatorpediniere Ardito. Ora le navi sono dotate di motore diesel).
      • All’inizio di via Duilio c’era la cantina di “Peppe de lavatore” così chiamata perché suoi nei pressi, ove c’è adesso il Circolo Pescatori, c’erano dei lavatoi pubblici che sfruttavano l’abbondante acqua che fuoriusciva dalle molte sorgenti della zona. La cantina era frequentata da molti operai del cantiere specie nella pausa pranzo del mezzogiorno. Si racconta che coloro che nella serata prima avevano alzato il gomito, si recavano a bere l’acqua ferrata nell’attigua mescita (ora scomparsa ) di questa frizzante acqua minerale (attualmente la sorgente si trova sotto la sacrestia della chiesa dello Spirito Santo).
      • A via Supportico fino agli anni ’50, c’era una caserma dei Carabinieri; l’ultimo comandante fu il Maresciallo Magg. Giuseppe Rossi. A quei tempi la caserma madre si trovava a via Coppola nella ex sede del consolato dell’Impero Russo.
      • Il convento dei Cappuccini a salita Quisisana fu fondato il 21 settembre del 1583 quando era vescovo di Castellammare monsignor Lodovico Maiorano. Si racconta che tale convento (di San Francesco) fosse collegato al Rivo della Caperrina a mezzo di un tunnel che serviva come rifugio ai frati durante le incursioni piratesche. Ora sono andati via anche i Cappuccini!
      • Prima della municipalizzazione del trasporto pubblico, le corse degli autobus erano gestite dalla Ditta Giordano che aveva garage e deposito a via Regina Margherita (altezza incrocio via Surripa).
      • La farmacia di Scanzano situata negli anni ’50 alla via Micheli (di fronte a via Santo) dell’allora dott. Scaramuzza, oltre ai preparati galenici era deputata a suturare le ferite della testa che i ragazzi si procuravano sovente con le “surriate” (sassaiole).
      • Il Palazzo reale di Quisisana nel secondo dopo guerra fu adibito a clinica.
      • Al Corso Alcide De Gasperi, all’altezza del distributore Q-Bar “Caravella”, c’era una postazione del Dazio per riscuotere il pedaggio delle merci che dalla campagna venivano in città; ancora oggi, molti anziani denominano quel luogo “abbascia ‘a gabella”.
      • A via Salita Santa Croce presso l’Istituto delle suore Alcatarine, dall’800 e fino alla II Guerra Mondiale c’era un ospedale militare.
      • Via Benedetto Brin è dedicata ad un famoso progettista navale, già direttore del Regio Cantiere, artefice della costruzione di molte corazzate. Strade dedicate ad altri famosi costruttori navali nonché direttori del Regio Cantiere, come il Cuniberti, si trovano all’interno di Maricorderia.
      • Vecchio istituto Salesiani di Castellammare

        Vecchio istituto Salesiani di Castellammare

        I Salesiani vennero a Castellammare nel 1895. Alla fine degli anni ’50 e fino agli anni ’70, la struttura divenne la sede dell’Istituto Teologico Internazionale, ove i giovani chierici compivano gli ultimi anni di studi per essere ordinati sacerdoti. Il giovedì pomeriggio: giovani preti irlandesi, sudamericani, spagnoli, cinesi, di colore, australiani sciamavano per la città per la lor mezza giornata libera. In quel periodo i ragazzi dell’Oratorio conobbero questa nuova realtà che li spinse ad imparare i rudimenti dell’inglese. Chi collezionava francobolli imparò a dire “have you stamps?” Ora purtroppo da Castellammare, sono andati via anche loro!

      • Ad ogni varo gli operai del cantiere navale, oltre alla bottiglietta di birra Peroni ricevano a mensa, un dolce fatto di due biscotti con in mezzo la crema. I figli aspettavano con impazienza il ritorno a casa dei loro padri, per gustarsi questa leccornia.
      • Un tempo per proteggere dal malocchio e dalla cattiva sorte i loro bambini, le mamme stabiesi confezionavano una “burzella”, una borsetta di pezza da appendere al collo che conteneva: – La medaglietta di San Ciro e S. Anastasio (santi medici) – Qualche chicco di sale – Una ciocca di capelli di nati nel mese di gennaio perché, per tali nati “nun ce pote né fatture e né janare”.
      • In estate a Castellammare i venditori ambulanti offrivano, porzioni di telline cotte nelle caratteristiche “vazzee” (recipienti di creta con l’interno smaltato di colore verde). Pagando le 20 lire, si otteneva un bicchiere di telline con relativo brodo.
      • Fino agli inizi degli anni ’80, talune famiglie erano solite affittare delle camere del proprio appartamento, ai forestieri che venivano in città per le cure termali (vedi Quaderno di Gigi Nocera). In particolare a piazza San Ciro, nel periodo estivo, quasi ogni giorni arrivava e ripartiva un pulmino da Foggia.
      • Le ferie degli operai del cantiere navale e di altri stabilimenti locali, erano caratterizzate da due avvenimenti ciclici: – “fare le bottiglie” cioè preparare le provviste di pomodori per l’inverno. – aiutare le mogli a “fare i materassi” cioè allargare la lana ed “il vegetale”. Quest’ultimo era una fibra di colore verde che imbottiva il secondo materasso che veniva sistemato sopra nel periodo estivo perché “più fresco”. I più poveri, al posto della lana, nei propri materassi avevano invece un riempimento di “sguogli” (in dialetto le foglie delle pannocchie di grano). Il materasso che accoglieva gli sguogli, aveva un feritoia laterale nella quale si potevano infilare le mani per rivoltarne l’interno per renderlo più soffice… un sistema pratico che però si prestava facilmente ad allevamenti di pulci!
      • Il vaporetto. Fino agli inizi degli anni ‘60, dalla banchina di zì Catiello salpava un vaporetto che portava ai bagni di Pozzano, prima tappa il bagno Conte che aveva approntato un pontile su palafitte per lo sbarco dei bagnanti.
      • ‘A ghiacciera. A via Denza, nei locali dell’attuale Supermercato SISA c’era una fabbrica del ghiaccio, da ciò ancora oggi il posto viene chiamato “‘ncopp’‘a ghiacciera”.
      • Istituto polivalente. Fino alla riforma della scuola, l’edificio delle Scuole Medie ospitava: il Ginnasio ed il Liceo, le Scuole Medie, le Scuole Industriali e le Scuole Commerciali (queste ultime erano per sole donne).
      • Le terme e l’Italcantieri. Non tanti anni or sono, a mezzogiorno, dopo la mensa e fino alle ore 12,45 gli operai del cantiere erano soliti sedersi sugli scalini delle vecchie Terme intralciando spesso il passaggio dei turisti. La Direzione delle Terme si lamentò con quella dell’Italcantieri ed addivenirono che, nell’intervallo del pranzo, gli operai potevano accedere liberamente nello stabilimento termale, così da lasciare libero l’ingresso.
      • Il forte borbonico. Fino alla sua demolizione avvenuta nel secondo dopoguerra, sulla facciata del forte borbonico, posto all’interno del cantiere navale, campeggiava in lettere cubitali la frase di Mussolini: “Noi siamo mediterranei, la nostra vita è stata e sempre sarà sul mare”.