Le bottiglie di pomodoro in cottura (foto Maurizio Cuomo)

Bottiglie di pomodoro

articolo di Maurizio Cuomo

Sempre più rara da vedersi, purtroppo, questa tradizione è destinata tra non molti anni a scomparire totalmente dai nostri costumi. La causa principale di tale situazione è da imputare soprattutto ai bassi costi delle conserve industriali di pomodoro in barattolo, raffrontati alla sempre minore disponibilità delle giovani famiglie ad affrontare il “faticoso impegno” della conserva artigianale. Prima che tale tradizione possa scomparire del tutto, tracciamo in linea di massima, ciò che fino a non molti anni fa era la conserva di pomodoro artigianale per lo stabiese, con la speranza possa essere di buon auspicio alla continuazione di questa tradizione.

Le bottiglie di pomodoro nella tradizione stabiese

Le bottiglie di pomodoro in cottura (foto Maurizio Cuomo)

Le bottiglie di pomodoro in cottura (foto Maurizio Cuomo)

La pianta di pomodoro importata in Europa nel lontano XVI secolo, per il gradevole sapore dei suoi frutti e per l’apprezzata versatilità culinaria, ebbe sin da subito i favori della popolazione italiana. Oggi il pomodoro, nelle sue molteplici varietà, è parte integrante di moltissimi piatti locali, per cui lo si può definire alimento principe della cucina napoletana. La conserva di questo frutto, raccolto in tarda estate, è quindi operazione essenziale per garantire anche in inverno la preparazione di alcune tipiche pietanze partenopee, quali ad esempio: pasta al ragù, carne alla pizzaiola, gnocchi alla sorrentina e la pizza. Il metodo di conserva artigianale in uso fino ad inizio anni ’80, che oggi rischia di scomparire totalmente dai nostri costumi, era quello dell’imbottigliamento casereccio del pomodoro; l’intera famiglia era mobilitata, ogni componente aveva un ruolo ben definito, era il momento in cui si riuniva la famiglia. Le operazioni da effettuare erano semplici, ma tutte di notevole importanza: alle donne spettava il lavaggio delle bottiglie (quasi sempre venivano riadoperate le bottiglie di birra accuratamente conservate dopo l’utilizzo); la raccolta o l’acquisto dei pomodori era effettuata da chi meglio conosceva il giusto grado di maturazione del frutto (quasi sempre un anziano); trasportato il prodotto a casa o in cortile lo si affidava ai più piccoli, delegati allo scarto per separare i pomodori dalle antere (‘e streppune); i frutti selezionati, venivano in seguito consegnati alle donne di casa che provvedevano al lavaggio e ad una pre-cottura dei pomodori (fatta in modo lieve per rendere più lavorabile i frutti), lasciati raffreddare e giunta ora di pranzo si passava a tavola ed era immancabile l’assaggio dei nuovi pomodori e le dovute prime considerazioni in merito; dopo la breve pausa la lavorazione proseguiva ed era la volta degli uomini occupati a passare i pomodori nell’apposita macchinetta in acciaio;

( immagini gentilmente concesse dal signor Antonio Tito )

il passato di pomodoro era poi imbottigliato dalle donne e dai giovani, con l’aggiunta di alcune foglie di basilico (elemento indispensabile per aromatizzare la conserva), non rara comunque, era la richiesta della cuoca di casa di risparmiare alla passatura qualche pomodoro da imbottigliare a fette (‘a pacchetelle), considerato più adatto ad essere cucinato per alcune tipiche pietanze; il compito di tappare le bottiglie era, infine, affidato al capo famiglia che si assumeva la responsabilità della tenuta del tappo in sughero, sostituito in tempi più recenti dal tappo in latta (‘o stagnariello).

La bollitura delle bottiglie (foto Domenico Cuomo)

La bollitura delle bottiglie (foto Domenico Cuomo)

Terminata la lavorazione, mentre le donne provvedevano alla pulizia, gli uomini allestivano l’area destinata alla cottura delle bottiglie di pomodoro (quasi sempre uno spazio all’aperto), sistemando i bidoni sui trespoli in ferro; sul fondo dei capienti bidoni veniva sistemata una grossa “pezza di sacco” (essenziale per dare una cottura meno aggressiva alle bottiglie, suscettibili delle vibrazioni in fase di bollitura), le bottiglie erano adagiate in modo sapiente con incastri naturali (per prevenire eventuali urti), terminata questa operazione i bidoni venivano riempiti di acqua e coperti con altre “pezze di sacco” (affinché venisse raggiunta più velocemente ed in modo duratura la temperatura di ebollizione); si passava poi ad accendere la legna (quasi sempre materiale di risulta di mobili vecchi, ante e di bussole smesse), il fuoco doveva mantenere la stessa temperatura per cui era indispensabile essere presente alla cottura mantenuta almeno mezz’ora in ebollizione, si attendeva infine, che la brace (lasciata a se stessa), finisse autonomamente la naturale cottura. Questi purtroppo oggi sono ricordi d’infanzia che difficilmente torneranno, ricordi di un bambino felice di partecipare alle attività di famiglia e di sentirsi utile, felice di giocare con le mani in acqua per lavare i pomodori e di assistere i genitori intenti a risparmiare qualche centesimo, ricordi di “patanielli e spighe abbrustoliti” nella cenere o di quattro carbonelle da riutilizzare il giorno dopo per la brace, il ricordo che le bottiglie si contano a fine cottura (mai prima), questi sono alcuni ricordi della mia infanzia.

Maurizio Cuomo

Un pensiero su “Bottiglie di pomodoro

  1. chianese francesco

    Bravo Maurizio, bell’articolo che mi fa ricordare l’infanzia e chi non c’è più, grande cultore della preparazione dei pomodori così come l’hai descritta. Vorrei solo aggiungere che sulla cenere si abbrustolivano anche i peperoni, da cui bisognava poi togliere la cenere… grande fatica anche questa…. per noi piccini.

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